«L’ultima goccia è stata una sua telefonata alla mia ragazza». Il giovane si è detto pentito ma non ha convinto del tutto il giudice
Il comandante Marella col cutter sequestrato
Sono stati disposti i domiciliari per il 19enne che a Castel Bolognese aveva sfregiato al volto con il cutter un ragazzo di due anni più piccolo a causa di motivi amorosi. Il gip nella sua ordinanza sottolinea il pericolo di reiterazione dovuto ad una «carica di violenza che avrebbe potuto avere conseguenze addirittura tragiche per la vittima». Il giovane ha subito un taglio che gli è costato 12 punti di sutura alla guancia. L’accusa è di lesioni personali aggravate. L’arrestato ha risposto al gip confermando quanto detto al momento dell’arresto al comandante dei carabinieri di Faenza, Cristiano Marella.
In particolare il ragazzo sostiene di aver portato il cutter solo per minacciare l’altro e lo avrebbe usato soltanto come reazione agli schiaffi subiti dalla vittima dell’aggressione. La ricostruzione non convince il giudice che ritiene comunque sporporzionata all’offesa subita la reazione con il cutter. Per il resto il 19enne si è detto pentito e ha spiegato di aver «perso la testa» a causa dei continui sfottò del suo compagno di scuola che negli ultimi mesi lo avrebbe preso di mira accusandoli di avergli “rubato” la fidanzata, 15enne. Secondo la sua versione dei fatti la «goccia che ha fatto traboccare il vaso» è stata la telefonata fatta dal 17enne alla ragazzina pochi minuti prima del fatto di sangue.
Si è concluso l’evento organizzato in tre giorni dal Runners Club. Tra le bellezza della città e della natura è stato unito turismo e sport
Il podio del Ravenna Running Tour
E’ il 51enne ravennate Davide Tirelli il vincitore della Ravenna Running Tour, gara podistica a tre tappe organizzata dal Ravenna Runners Club. Con il quarto posto nella terza tappa, una dieci chilometri a Marina Romea con lo sfondo della Baiona, Tirelli ha conquistato il gradino più alto del podio.
Ha chiuso la Mare Pineta e Valli Run con 35’30”, che gli permette di vincere la Ravenna Running Tour con il miglior tempo complessivo di 1:10:13 seguito da Vincenzo Esposito (1979 Run Athletic Team A.S.D. ), secondo con 1:11:16, mentre Lorenzo Ferruzzi è terzo (1972 Atl. Avis Castel S.Pietro) con il tempo 1:12:14. Infine è Paola Lazzini (1971 G.P. Parco Alpi Apuane) a registrare il miglior tempo femminile nelle tre tappe con 1:26:50. Tirelli corre per l’Atl. Avis Castel San Pietro.
Sul podio della Mare Pineta e Valli Run: Saturnino Palombo (Categoria A – Atl. Avis Castel S.Pietro) con 34’27”, al secondo posto Flavio Monteruccioli (Categoria B – Atl. Avis Castel S.Pietro) con 35’24” e al terzo posto Matteo Ferroni (Categoria A – Cus Pro Patria Milano) con 35’26”. La classifica femminile della Mare Pineta e Valli Run: Elisa Zannoni (Categoria E – A.S.D. Tosco-Romagnola) arriva al traguardo con 40’25” seguita da Manuela Baldi (Categoria E – ASD Pol Porto Fuori Aldino Salbar) con 43’14” e Paola Lazzini (Categoria F – G.P. PARCO ALPI APUANE) con 43’40”.
Ancora una volta ha corso la tappa l’assessore allo sport Roberto Fagnani, presente nella veste di atleta e come ufficiale che ha premiato i vincitori. «Siamo partiti con il piede giusto – ha affermato Stefano Righini, presidente di Ravenna Runners Club – e dobbiamo continuare a lavorare sodo per i prossimi anni. Questa prima edizione della Ravenna Running Tour ha ricevuto i complimenti da tutti gli sportivi che hanno partecipato e ha incassato il consenso del pubblico e degli appassionati. Le gare sono state tutte molto belle. La più vicina alla città è la Night Run che si corre in centro storico mentre la gara sulla diga foranea è sicuramente unica per l’originalità del contesto. Ma devo constatare che ieri i partecipanti alla “Mare Pineta e Valli Run” erano entusiasti e incantati dal paesaggio. Anche questo percorso, in mezzo alla natura incontaminata, ha un fascino notevole. Nessuno ha mai realizzato tre giorni di gare a Ravenna e siamo fieri di essere i primi anche se l’organizzazione è veramente molto complessa. Ringraziamo le forze dell’ordine, l’Amministrazione comunale e i volontari che ci hanno aiutato».
Palazzo Merlato ha esaurito la graduatoria in vigore: il 10 ottobre il primo test scritto. Iscrizioni entro il 31 luglio, può partecipare chi ha meno di 35 anni
L’ultimo concorso risale al 2009. Dalla graduatoria che ne derivò il Comune ha continuato ad attingere fino ad un paio di mesi fa, quando è stato chiamato – con esito infruttuoso – l’ultimo della lista per coprire un posto da vigile urbano. Palazzo Merlato ha così deciso di bandire un concorso per sette posti da agente di polizia municipale a tempo indeterminato. Un’iniziativa che con ogni probabilità attirerà come minimo centinaia di persone in cerca del tango agognato posto fisso nel pubblico impiego o, quanto meno, dell’inserimento in una graduatoria che valga prima o poi la chiamata. Il termine per iscriversi è il 31 luglio, la prima prova scritta è prevista per il 10 ottobre alle 15.30.
I requisiti iniziali non sono molto severi: basta avere il diploma di maturità e non aver compiuto, al 31 luglio 2017, 35 anni d’età. Inoltre serve la patenta A o A2, in aggiunta a quella dell’auto. Si tratta del cosiddetto “patentino” per la guida dei motocicli. Ci si può iscrivere anche se non si è in possesso di questo documento, tuttavia dovrà essere conseguito entro il 10 ottobre.
Il Comune prevede un grande afflusso di iscritti, tanto da aver deciso di opzionare altre due sedi per la prova scritta, oltre a quella principale che è l’Itis di via Marconi. Nel caso non dovesse bastare, l’amministrazione può contare anche sui due istituti vicini: il Morigia (l’istituto tecnico per geometri) e la scuola Randi.
Nel 2007 l’inaugurazione: da allora alti e bassi tra scelte avventate e gestioni poco trasparenti. Ora spetta a una coop agricola il decollo definitivo
C’erano le miss sorridenti in abito nero che reggevano il nastro in mezzo alla piazza, c’era la soddisfazione delle autorità non solo locali e c’era una grande torta di frutta colorata in cui affondare la lama del coltello per spartirsi le fette. Il 22 giugno del 2007 a Marina di Ravenna si inaugurava il primo lotto a terra del porto turistico Marinara: 18 appartamenti, 18 negozi, il prolungamento di piazza Dora Markus e mille posti auto. In precedenza erano già stati realizzati i pontili sull’acqua per un migliaio di posti barca. Stava prendendo forma un progetto ambizioso: l’approdo più grande dell’Adriatico nella patria dell’happy hour e del turismo low cost mordi e fuggi.
Attorno all’area inaugurata c’erano ancora le gru e le transenne di un cantiere in corso: complessivamente l’avanzamento dei lavori a quell’epoca era arrivato al 66 percento. Dieci anni dopo manca ancora un 2-3 percento per raggiungere il completamento. Dalla società titolare della concessione demaniale (Seaser) su cui poggia tutto il porto fanno sapere che «la procedura sta seguendo il suo iter amministrativo, la variante è stata presentata circa un anno e mezzo fa e sta procedendo in modo consono per la peculiarità dell’opera e per la sua importanza in materia demaniale». Proprio quest’ultimo è un aspetto non secondario di tutto l’intervento: la parte a terra e a maggior ragione lo specchio d’acqua sono di proprietà dello Stato che ha rilasciato un diritto di superficie per cinquantanni.
Il decennio trascorso è stato segnato per la maggior parte del tempo più da polemiche e scivoloni che da successi. I sogni di una nuova Porto Cervo con piadina e squacquerone sono rimasti sogni. Complice anche un tempismo sconvolgente: il taglio del nastro è arrivato al momento giusto per prendersi in faccia, proprio nella delicata fase di decollo, tutto il vento contrario di una delle crisi più dure di sempre, in senso generale per l’economia e in senso più particolare per il diportismo. Poi alcune scelte gestionali, non solo valutate a posteriori, sono sembrate avventate e hanno fatto il resto.
Va tenuto a mente che cioè che ora si vede a Marina di Ravenna è il risultato di una visione immaginata addirittura trent’anni fa quando il Comune cominciò a pensare a un approdo turistico come volano della località. Per promuovere l’iter nella prima metà degli anni Ottanta nacque quindi il consorzio Marinara, un soggetto privato con una regia pubblica: il 50 percento delle quote era di Palazzo Merlato, che mise anche le garanzie per una fideiussione, e il resto era diviso fra cinque società sportive titolari di concessioni demaniali per le rispettivi attività in mare. Alla presidenza del consorzio un assessore comunale. Venne affidata la progettazione a uno studio di architettura per un costo di 1,2 miliardi di vecchie lire. La rotta era impostata. Ma la strada si dimostrò in salita da subito. Contrasti, rivalità personali e appetiti economici sfociarono in cause legali, ricorsi in tribunale e rallentamenti. In un clima avvelenato la ricerca di finanziatori per l’avvio del cantiere si rivelò sterile. Gli scontri più aspri si ebbero ancora prima di mettere in moto le ruspe.
A svolgere i lavori, dopo aver ottenuto la concessione demaniale cinquantennale, è stata la società Seaser, realtà privata comparsa sulla scena accanto al consorzio e subentrata al suo posto un passo alla volta (nel 2001 lo scioglimento del consorzio). Seaser significava Cmr, la Cooperativa muratori riuniti di Filo di Argenta aveva la maggioranza delle quote della concessionaria e ha svolto i lavori: porti e morti furono per anni il core business della coop che in varie parti d’Italia si lanciò nella costruzione di approdi costieri e cimiteri. A reggere le redini dal momento in cui partirono i lavori una coppia che fino a quel momento non aveva conosciuto particolari esperienze nella gestione di strutture pensate per il diportismo: l’ingegnere Pier Bruno Caravita e la moglie Patrizia Odessa. Il primo compariva sia in Seaser come presidente che in Cmr come direttore generale. Il fallimento della coop controllante, dichiarato dal tribunale nel 2011 e per cui si sta celebrando il processo per bancaratto a Ferrara, non ha facilitato le cose.
C’è stata anche una parentesi in cui la gestione è passata per le mani di Italia Navigando, braccio operativo sotto il controllo del ministero del Tesoro, ma è finito tutto con un flop. Oggi l’intero pacchetto di azioni di Seaser – esposta nei confronti di due banche per alcune decine di milioni di euro e protagonista di un piano di rientro che scade nel 2023, è in mano a Sorgeva, cooperativa agricola di Argenta. L’amministratore unico nella cittadella è Davide Sinigaglia. A lui e alla società di marketing Vendere 2.0 il compito di riuscire dove tanti hanno fallito negli ultimi dieci anni.
Almeno una decina di persone ha preso parte all’episodio. L’imprenditore, estraneo alla vicenda, colpito da un pugno. Ora denuncia: «Scene sempre più frequenti in viale Romagna, ci siamo barricati dentro il locale»
Un momento della rissa in un frame video ripreso con un telefono
Pugni, calci, tavolini e vasi che si rovesciano: questo è quanto accaduto nella notte di ieri a Milano Marittima, attorno alle due. Una maxirissa che ha coinvolto almeno dieci persone e che stanno tentando di ricostruire i carabinieri, anche con l’ausilio di alcune immagini. Si vedono due gruppi di giovani che si fronteggiano – secondo una prima ricostruzione un gruppo campano e l’altro marchigiano – in una rissa che è degenerata da futili motivi. Mentre attorno passa la movida i giovani se le danno di santa ragione per almeno tre minuti. A farne le spese anche il proprietario del Pepita, Ettore Cabrini, fratello di Antonio. L’imprenditore era totalmente estraneo alla vicenda ed è stato colpito con un violento pugno.
Cabrini, che era del tutto estraneo all’alterco, ha riportato un trauma facciale regolarmente refertato al pronto soccorso di Ravenna. E’ proprio lui a raccontare quanto successo: “Erano circa le 2 – racconta Cabrini – quando, per cause che ignoro, si è scatenata una violenta rissa davanti al mio locale. Ho subito notato un gruppo di giovani che, in evidente stato di alterazione alcolica, stava ribaltando i tavolini e strappando le piante dai vasi. Il nostro cuoco ha provato ad intervenire per limitare i danni, ma è stato subito accerchiato e spintonato”.
“A quel punto – prosegue – la rissa si è spostata davanti al Pineta, dove i buttafuori del locale hanno in parte sedato il litigio, ma dopo pochi minuti, due gruppi distinti di persone ha ricominciato a bisticciare, di fatto demolendo sedie e tavolini davanti al Pepita. Quando la situazione sembrava più calma, sono uscito per cercare di rimettere a posto gli arredi ed un giovane, sui 25 anni, mi ha aggredito colpendomi con un violento pugno al volto”.
“Abbiamo subito chiamato i carabinieri, che sono arrivati sul posto, con una prima pattuglia, dopo cinque minuti. Ma anche loro hanno avuto un bel daffare per sedare gli animi perché, al fermo di un paio di loro, tutti gli altri hanno reagito con violenza. La situazione è stata risolta solo quando, di lì a poco, sono arrivate sul posto altre pattuglie dell’Arma, che hanno identificato i protagonisti della rissa, portando via, mi pare, almeno sette persone”.
“Purtroppo, durante i fine settimana, le risse sono diventate una spiacevole costante nei pressi di viale Romagna. Già lo scorso weekend, le forze dell’ordine erano dovute intervenire per sedare una rissa gigantesca. Ma anche in passato le liti non sono mai mancate. Noi, nel nostro locale, non abbiamo buttafuori e dunque, in casi come questi, possiamo solo barricarci dentro il locale, come abbiamo fatto ieri sera, mentre quei teppisti sbattevano i pugni contro le vetrate per cercare in tutti i modi di entrare. E’ evidente, a questo punto, che esiste un problema di sicurezza a Milano Marittima e dunque sarebbe auspicabile, soprattutto nei fine settimana, che le forze dell’ordine presidiassero in maniera più intensa le zone della movida”. Ettore Cabrini ha sporto denuncia contro il giovane, che è stato identificato dai carabinieri.
Un artigiano di 48 anni, insospettabile, è stato sorpreso dai carabinieri. Vendeva sostanze stupefacenti: da due anni guadagnava dai mille ai 1.500 euro al mese
Coltivare marijuana era il lavoro di un 48enne faentino, classico insospettabile. Lo ha confessato lui stesso al giudice davante al quale è finito questa mattina, sabato 1 luglio, dopo che i carabinieri hanno scoperto la sua piantagione di marijuana “indoor”. «Coltivo e vendo la droga per ricavarmi uno stipendio, lo facccio per autosostenermi».
In casa aveva l’impianto di illuminazione e riscaldamento adatta per un buon raccolto. Lui, artigiano ma disoccupato, si è visto bussare alla porta i carabinieri di Faenza. Secondo quanto scrive l’Arma in una nota sarebbe stato l’odore di “erba” proveniente da una finestra semi aperta ad attirare i militari. In camera da letto aveva due serre domestiche con 15 piante adulte alte fino a 70 centimentri e 28 “talee” che il 48enne aveva ritagliato dairami di una pianta madre.
I carabinieri hanno sequestrato fertilizzanti e altri prodotti, oltre al necessario per la pesatura e 1.300 euro in contanti, ritenuti provento dello spaccio. C’erano anche appunti che rappresentavano una sorta di contabilità. L’uomo ha tenuto una certa “professionalità” verso i clienti: nemmeno davanti al giudice ha voluto redere nessuna spiegazione a riguardo. Secondo quanto ha spiegato da quell’attività guadagnava dai mille ai 1.500 euro al mese e la portava avanti da due anni. Uno stipendio fisso. E’ stato rimesso in liberta con la “condizionale” dopo aver patteggiato cinque mesi e dieci giorni. Pagherà una multa di 1.200 euro. Un mese di coltivazione.
Coltello, droga e manganello: tutto sequestrato dalla Finanza
Sono arrivati a Ravenna con oltre un etto di droga, un manganello e un coltello. Per questo sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza. I due, ventenni, provenivano da fuori provincia e sono stati controllati in stazione, appena scesi dal treno. I cani hanno fiutato la droga ed è emerso che la coppia si era portata 115 grammi di marijuana, un manganello di metallo e un coltello di circa 24 centimetri.
Erano venuti per trascorrere il riviera ma sono finiti in arresto, denunciati per detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio e per possesso illegale di armi e posti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria di Ravenna. Dopo la notte in camera di sicurezza, il giudice ha convalidato l’arresto, rinviando al 13 lulgio il processo. E’ stato disposto il divieto di dimora in provincia.
Nel corso della settimana sono stati molteplici gli interventi svolti dai cani antidroga della Guardia di Finanza di Ravenna. In distinte operazioni di servizio, infatti, sono stati individuate e sequestrate varie dosi di droga, in particolare hashish e di marijuana, e segnalate alle competenti autorità prefettizie ulteriori 5 soggetti.
Davide Tirelli arriva terzo e si porta in testa alla classifica di Ravenna Running. Oggi la terza tappa tra valli e pinete
Run in the sea
Si è corsa venerdì 30 giugno lungo la diga foranea di Porto Corsini la gara podistica a chilometro Run in the Sea. Il vento ha reso la corsa più suggestiva e i cento partecipanti hanno letteralmente corso in mezzo alle onde del mare sfidando il forte vento, sovrastati da un cielo plumbeo di grande suggestione e percorrendo i 2,5 km della diga che si protende in mezzo al mare. Una gara originale che si conferma una formula vincente visto l’entusiamo dei runner che hanno apprezzato anche la partenza a cronometro, una alla volta, distanziati di qualche minuto, una modalità d’altri tempi che non si usa nel podismo.
L’ordine d’arrivo generale vede sul podio Saturnino Palombo (Categoria A – Atl. Avis Castel S.Pietro) con 17’01”, al secondo posto Flavio Monteruccioli (Categoria B – Atl. Avis Castel S.Pietro) con 17’10” e al terzo posto Davide Tirelli primo della sua categoria, C, (Atl. Avis Castel S.Pietro) con il tempo di 17’25”. Per la classifica femminile Silvia Laghi (Atl. Avis Castel S.Pietro) ha percorso i 5 km in 19’33”, seconda Paola Lazzini (G.P. Parco Alpi Apuane) con 21’40” seguita da Nicoletta Pasello (Atletica 85 Faenza) con 21’46”. Tirelli domina anche la classifica generale delle due tappe, Ravenna Night Run e Run in the sea, con 34’43. Oggi si corre la terza tappa di quella che è la Ravenna Running: protagonisti le valli e le pinete tra Parco del Delta e Pialassa.
La Corte d’Appello ha affidato l’incarico a tre medici che mettono in dubbio la morte per somministrazione di potassio. E ora la difesa spera
Daniela Poggiali in aula con il suo avvocato, Stefano Dalla Valle
L’esito dell’appello del processo a carico di Daniela Poggiali, l’ex infermiera condannata lo scorso anno per la morte di Rosa Maria Calderoni, non sarà scontato. Secondo quanto riportano i quotidiani locali oggi in edicola, la perizia disposta dalla corte d’assise d’appello di Bologna e depositata nei giorni scorsi lascia spazio a vari dubbi che potrebbero aprire varchi interessanti per la difesa. In particolare i periti incaricati non individuano con certezza le cause della morte con certezza. Non è cioè sicuro al cento per cento che la 78enne di Russi l’8 aprile di tre anni fa sia morta per cause naturali o per la somministrazione di potassio che, secondo la tesi dell’accusa accolta in primo grado dai giudici, le avrebbe somministrato l’infermiera condannata.
Il quadro clinico sarebbe infatti solo in parte compatibile con una somministrazione letale di potassio a livelli letali. La corte ha disposto questa perizia su richiesta della difesa. Il documento è firmato da tre medici secondo i quali una somministrazione rapida di potassio sarebbe potuta avvenire solo tramite l’ago collegato alla giugulare ma ciò avrebbe portato alla morte in pochi minuti, mentre la paziente morì a distanza di circa un’ora.
Altro punto importante per il dibattito riguarda il sangue utilizzato per l’ultima analisi della Calderoni. Sangue che conteneva valori normali di potassio e che per l’accusa fu sostituito dalla Poggiali col sangue di un’altra paziente. Per i medici quel campione era invece compatibile con quello della vittima.
Tutti i dati analizzati per risalire alla causa della morte – scrivono i medici nella perizia – non hanno consentito di identificare una singola causa di morte . Non è detto in sostanza che sia il potassio ad averla uccisa perché secondo la perizia riportata dai quotidiani i segni riscontrati sono «solo in parte compatibili» con un’assunzione di potassio in eccesso.
I medici infine sostengono che non ci sono applicazioni analoghe a quelle usate dal consulente della procura per calcolare l’ora della morte. Il dottor Franco Tagliaro, in sintesi, ha calcolato l’orario della morte partendo dalla concentrazione di potassio nel bulbo oculare. Ma questa impostazione «non trova analoghe applicazioni in letteratura». Una considerazione che con tutta evidenza sarà un’arma in più nelle mani della difesa che quella perizia ha sempre contestato. La prossima settimana potrebbe arrivare la sentenza.
Ci sono 12 squadre al lavoro che, sulla base delle priorità riscontrate, stanno tagliando e rimuovendo alberi e rami ancora presenti
Sono state completate le attività di verifica e messa in sicurezza necessarie dopo la tempesta che ha colpito il territorio comunale nella giornata di mercoledì 28 giugno, dalle 12 di oggi, sabato 1 luglio, tutti i parchi dei lidi ravennati sono aperti e fruibili da cittadini e turisti.
Nel frattempo stanno proseguendo tutti i controlli e le attività necessari a ripristinare ogni situazione. Al momento ci sono 12 squadre al lavoro che, sulla base delle priorità riscontrate, stanno tagliando e rimuovendo alberi e rami ancora presenti ai lati delle sedi stradali e lungo le piste ciclabili. I lavori proseguiranno per alcune settimane.
Il parco di divertimenti sarà aperto per un mese nei weekend e nei festivi. Confermate anche le aperture di Halloween, che hanno avuto un ottimo successo.
Per la prima volta nella sua storia Mirabilandia resterà aperto anche in inverno. Il parco di divertimenti aprirà i cancelli a Natale, con attrazioni a tema dedicate alle famiglie. Dall’8 dicembre, per un mese, il parco di divertimenti – che rappresenta un asset fondamentale per il turismo ravennate – lancerà dunque questa nuova sperimentazione. Le aperture saranno soltanto nei week end e nei giorni festivi. Confermate anche le aperture di Halloween, che hanno avuto un ottimo successo.
E’ probabile quindi che l’amministrazione locale, come già accade ad Halloween, prepari pacchetti di intrattenimento insieme a Mirabilandia, sfruttando l’effetto traino tra città d’arte e parco.
Quattro ingeneri stanno studiando l’introduzione del tessuto nei materiali con cui vengono realizzati i componenti delle barche: «E’ leggero e resistente, assorbe bene la resina»
E se la svolta per il diportismo fosse una barca fatta di lino? Sì, proprio la fibra utilizzata per i tessuti. È uno dei progetti a cui sta lavorando il team del Tecnopolo della Nautica di Ravenna guidato dal professore Alfredo Liverani dell’Università di Bologna. Per essere più precisi diciamo che i quattro ingegneri dei laboratori di via Sant’Alberto, dove si sono trasferiti nel 2014 traslocando da Marina di Ravenna, stanno studiando l’introduzione di fibre di lino nei materiali compositi con cui vengono abitualmente realizzati i componenti delle barche: «È leggero, assorbe bene la resina creando un compatto e dai primi studi abbiamo visto che migliora le caratteristiche di fragilità del carbonio. Abbiamo creato diversi pezzi sostituendo il vetro della vetroresina con il lino e abbiamo riscontrato un 15 percento in meno di peso a parità di caratteristiche meccaniche e non va sottovalutato un interessante effetto estetico che mostra la tramatura».
La mission con cui nasce il Tecnopolo è proprio quella di fare ricerca applicata: l’impresa che non può permettersi strumenti e professionalità di eccellenza può contare sulle competenze del mondo universitario sviluppando così progetti che poi possono trovare una ricaduta sul mercato. In passato il team collaborò anche con il Luna Rossa per la realizzazione di alcuni calcoli finalizzati alla costruzione dei foil, le appendici immerse in acqua che sollevano i catamarani della Coppa America. Una recente novità che ha dato uno slancio al Tecnopolo è l’installazione di una maxi stampante 3d da cinque metri per tre per due: «Risolve un problema cruciale e cioè la creazione degli stampi per la produzione dei pezzi che in molti casi è più costosa del pezzo stesso se non viene fatta la produzione di serie e quindi l’azienda non poteva farsene carico. Diventava un ostacolo allo sviluppo. Ora invece la stampante ci permette di superare il limite».