lunedì
21 Luglio 2025

Con l’asta del cavalletto si spezza il lucchetto: ecco come ti rubo la bici

Denunce di furti in calo per sfiducia. La polizia municipale invita a mettere la targa: «Aiuta a restituire quelle ritrovate»

Si schianta il cavalletto con un calcio e poi si usa l’asta spezzata per arrotolare la catena fino a farla saltare. Così si ruba una bici. È una delle tecniche che la polizia municipale di Ravenna, attraverso le telecamere di videosorveglianza in città, ha potuto vedere messa in atto. Eppure calano le denunce di furti. Perché cala la fiducia nel ritrovamento. Nel 2012 furono 247 quelle presentate alla polizia municipale di Ravenna, nel 2015 sono state finora 68.

Ritrovare il velocipede rubato non è facile ma dai vigili urbani il consiglio è quello di denunciare e di utilizzare tutti gli strumenti possibili per ostacolare l’attività di ladri e ricettatori: «Il servizio di targatura è molto utile», spiega il commissario Antonio Pozzo. In città sono seimila le due ruote a pedali con una targa: si tratta di un kit che il Comune ha distribuito nel corso di due campagne promozionali nel 2012 per assegnare un numero seriale alla bici e registrarla sul registro italiano bici realizzato dalla società Easytag che fornisce il servizio. Mantenere l’iscrizione costa un paio di euro ogni due anni. «Speravamo che fossero i rivenditori a promuovere la cosa tra i clienti invece ci risulta che in città solamente uno lo faccia con costanza. Chi fosse interessato può rivolgersi al comando della Municipale».

Negli ultimi anni sono state 19 le persone denunciate per ricettazione o furto con il recupero e la riconsegna ai legittimi proprietari di 40 biciclette. Di queste erano 5 quelle targate. Ma che vie prendono le bici rubate? Non c’è una risposta unica: «In alcuni casi vengono caricate su furgoni e spedite all’estero per essere rivendute come faceva quella famiglia romena che è stata denunciata nel 2012. Ma c’è anche un furto per rivenderle direttamente sul posto, soprattutto in zona stazione, a piccole cifre». E per gli acquirenti si rischia la denuncia per incauto acquisto o addirittura ricettazione.

Per arginare i furti non resta che mettere in pratica tutti gli accorgimenti possibili: «È fondamentale chiuderla sempre anche se si pensa di lasciarla solo cinque minuti, serve un buon lucchetto e possibilmente legarla a un palo per evitare che possano spostarla in punti appartati per agire liberamente».

La Provincia vuole sfrattare il bar Ramiro «Affitto e acqua, 52mila euro di debiti»

L’ente chiede un anno di canoni (3mila euro al mese) e 15 anni di fornitura idrica. Il titolare: «C’è un contenzioso, mi difenderò»

La Provincia di Ravenna vuole sfrattare il Caffè Ramiro dai suoi locali al piano terra del palazzo in piazza Caduti dove Ramiro Recine avviò l’attività 32 anni fa. Secondo la ricostruzione dell’amministrazione provinciale il bar ha un debito di 52mila euro, costituito da un anno di affitto (38mila) e quindici anni di fornitura idrica (14mila). Recine riconosce il ritardo nei canoni ma contesta il presunto debito dell’utenza e promette battaglia: «Non me ne vado».

L’amministrazione provinciale è bisognosa di risorse e la giunta Casadio ha scelto di passare alle maniere forti: nella riunione del 25 novembre scoso ha deliberato «di agire in tribunale per intimare lo sfratto per morosità e ottenere ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti». Nella delibera si legge inoltre che la Provincia ha richiesto e sollecitato più volte il pagamento sia verbalmente e sia per iscritto con raccomandate «ottenendo solo adempimenti parziali». L’11 marzo scorso è stato notificato un atto di ingiunzione di pagamento, «tentativo risultato privo di effetti». Recine nelle more ha effettuato parziali versamenti «imputati al credito complessivo vantato dalla Provincia». Che ha affidato l’incarico per l’assistenza legale all’avvocato Livia Molducci dell’ufficio legale interno all’ente e attualmente presidente del consiglio comunale a Ravenna.

L’avvocato Lucia Adinolfi che tutela l’attività commerciale parla di mossa inattesa arrivata senza preavviso. Non scende nei dettagli ma assicura che ci sarà opposizione al provvedimento con l’apertura di un contenzioso. Sul ritardo di dodici mesi di affitto Recine si limita a dire che sono subentrate delle problematiche mentre respinge l’addebito dei 14mila euro che la Provincia attribuisce al bar per fornitura idrica da settembre 1998 a dicembre 2014: «Non si è mai parlato di spese per l’acqua – dice Recine – perché un contatore non c’è e si è sempre detto che le spese erano comprese nel canone mensile. A un certo punto la Provincia è saltata fuori con le richieste per l’acqua ma era in corso una discussione». Più che una trattativa, l’avvocato Adinolfi parla di braccio di ferro. A partire dal 2010, quando è scaduto il contratto di affitto in corso e per il rinnovo la Provincia avrebbe imposto un raddoppio del canone mensile portandolo a tremila euro: «Hanno imposto la cifra – dice il legale –. Stavamo cercando di chiedere un ritocco al ribasso alla luce di prezzi più bassi praticati dalla Provincia in altri spazi di sua proprietà».

Lancia una gallina contro le forze dell’ordine per evitare la perquisizione

Il maldestro tentativo di un 38enne trovato in auto con un coltello a serramanico e in casa dosi di droga pronte per lo spaccio: arrestato

Cercando in tutti i modi di distrarre l’attenzione delle forze dell’ordine che stavano perquisendo la sua abitazione a San Lorenzo è arrivato anche a lanciare una gallina contro le divise. Il tentativo inedito non è bastato a un 38enne lughese per evitare l’arresto per porto abusivo di armi e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti: l’uomo infatti era stato trovato al volante della sua autovettura, fermata per un controllo di routine in strada, con un coltello serramanico fuorilegge.

E in seguito nell’abitazione le forze dell’ordine hanno trovato alcune dosi di sostanza stupefacente pronte per essere cedute oltre a materiale occorrente per il confezionamento delle dosi. Durante le operazioni di investigazione domiciliar, l’uomo opponeva una netta resistenza arrivata al lancio della gallina.

«Trovo casa ai cani del sud Italia, non è legale ma così li salvo»

Ogni settimana ritira 3-4 animali arrivati dal Meridione con le staffette «Al nord c’è richiesta di taglie piccole ma qua non ci sono»

Ogni sabato va a Bologna, ritira in media 3-4 esemplari e poi li affida a persone in cerca di un cane soprattutto in Romagna (ma anche un po’ in tutto il nord Italia). Lei è una ravennate che ci chiede di restare anonima, «che altrimenti mi arrivano i vigili a casa due volte al giorno come è successo ad altre persone con cui collaboro. Sembra che siamo noi che maltrattiamo i cani…». La sua attività, d’altronde, non è legale, a partire dai pagamenti in nero fino ad arrivare ai documenti che sarebbero necessari per fare arrivare cani da altre regioni.

Per portare le bestie al nord collabora con le cosiddette staffette, un vero business nel Meridione: per incassare il più possibile c’è chi stipa furgoni o camion di cani (randagi o dai canili) e intraprende viaggi molto lunghi senza soste e senza badare alla salute degli animali. «Io ho a che fare con persone fidate e per i cuccioli accetto solo chi usa auto o treno, che in camion soffrono troppo», ci assicura la ravennate. Che prima di affidare il cane fa una serie di colloqui con i futuri padroni e poi anche visite successive per essere sicura che l’animale stia bene. «Salvo più cani io da sola che intere associazioni ravennati», continua la donna, che non ci sta a prendere lezioni da chi, anche tra gli animalisti, stigmatizza la sua attività. «Al sud ci sono canili da duemila animali, io ho preso la mia cagna in uno di quelli. Là sono più i cani che muoiono di quelli che vivono, si sbranano tra di loro, si accoppiano, nessun volontario che controlla, un delirio, con cani che qui troverebbero casa in due minuti. Secondo molti animalisti bisogna però lasciarli lì e qui continuare a farli comprare alla gente, alimentando un mercato vergognoso».

Ma come è possibile che ci sia una richiesta così alta di cani al nord? «A Ravenna e in Romagna, ma in generale in tutto il nord, ci sono molte richieste per cuccioli di taglia piccola che però qui non si trovano. Al sud ce ne sono a migliaia. E così volontari di tutto il sud li prendono e li fanno arrivare qui, dalla Sicilia anche in aereo. Ci sono staffette che hanno un’associazione alle spalle e non fanno pagare nulla, altre, in realtà quasi la totalità, che chiedono fino a 80-100 euro per cane. A Ravenna ci sono almeno una decina di volontarie come me, io non ci guadagno assolutamente nulla. Anzi, siamo sempre in perdita. Solitamente chiedo a chi li prenderà in affido 50 euro per i cuccioli e 80 per i cani già sterilizzati, da girare alle staffette volontarie. I cani arrivano spulciati, sverminati, chippati e vaccinati. Se sono adulti li testiamo anche per le malattie più frequenti».

«Spesso – continua la volontaria anonima – facciamo arrivare i cani anche senza che ci sia ancora l’interesse di qualcuno. Poi stanno a casa di una volontaria che li tiene in stallo fino ad adozione. Ma qui c’è molta richiesta e in una due settimane vanno via tutti. Ormai poi ho una rete di contatti per cui mi chiedono cani da tutta Italia. Ne ho fatta arrivare da poco una ad Udine, sempre con staffette, volontarie che però lo fanno solo per un rimborso spese, tipo 20 euro da Bologna a Udine. D’altronde per tutti noi è una questione morale: i cani non si comprano; soprattutto quando ce ne sono a migliaia che muoiono nei canili».

«La biblioteca dedicata a Liverani sarà all’ospedale con libri donati»

Sul palco del Premio Guidarello il sindaco ricorda l’assessore
scomparso a 39 anni e fa il punto sul luogo che sarà a lui dedicato

Sarà l’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna ad ospitare la biblioteca dedicata a Enrico Liverani, l’assessore comunale ai Lavori pubblici e candidato sindaco del Pd improvvisamente scomparso il 20 novembre a 39 anni. L’annuncio è stato dato dal sindaco Fabrizio Matteucci al teatro Alighieri in occasione della cerimonia di consegna dei premi Guidarello per il giornalismo d’autore quando Bruno Vesca, presidente di giuria e conduttore della serata, ha invitato il primo cittadino sul palco per il saluto di rito e un ricordo dell’amministratore.

«Sarà una biblioteca che non dovrà costare nemmeno un euro per le casse del Comune – ha spiegato Matteucci –. È una iniziativa che nasce fra gli amici di Enrico, e abbiamo valutato che sarà composta da libri donati da chiunque voglia fare una donazione. Cominceremo con i testi a cui era più legato Liverani ma ci sarà spazio per qualunque altro volume. Ho già parlato con il direttore dell’Ausl che è d’accordo e sarà il primo ospedale in regione con una biblioteca».

L’annuncio di una biblioteca in ricordo di Liverani era arrivato dall’orazione pronunciata da Matteucci in piazza del Popolo ai funerali dell’assessore.

«La biblioteca dedicata a Liverani sarà all’ospedale con libri donati»

Sul palco del Premio Guidarello il sindaco ricorda l’assessore scomparso a 39 anni e fa il punto sul luogo che sarà a lui dedicato

Sarà l’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna ad ospitare la biblioteca dedicata a Enrico Liverani, l’assessore comunale ai Lavori pubblici e candidato sindaco del Pd improvvisamente scomparso il 20 novembre a 39 anni. L’annuncio è stato dato dal sindaco Fabrizio Matteucci al teatro Alighieri in occasione della cerimonia di consegna dei premi Guidarello per il giornalismo d’autore quando Bruno Vesca, presidente di giuria e conduttore della serata, ha invitato il primo cittadino sul palco per il saluto di rito e un ricordo dell’amministratore.

«Sarà una biblioteca che non dovrà costare nemmeno un euro per le casse del Comune – ha spiegato Matteucci –. È una iniziativa che nasce fra gli amici di Enrico, e abbiamo valutato che sarà composta da libri donati da chiunque voglia fare una donazione. Cominceremo con i testi a cui era più legato Liverani ma ci sarà spazio per qualunque altro volume. Ho già parlato con il direttore dell’Ausl che è d’accordo e sarà il primo ospedale in regione con una biblioteca».

L’annuncio di una biblioteca in ricordo di Liverani era arrivato dall’orazione pronunciata da Matteucci in piazza del Popolo ai funerali dell’assessore.

Le ronde leghiste diventano i passeggiatori della notte

Una dozzina di volontari guidati da Rolando (Lega Nord) battono le strade del lido: «Troppi furti, sono anche gli zingari ma non solo»

Gianfilippo Nicola Rolando, è responsabile organizzativo della Lega Nord e consigliere della pro loco a Marina Romea. Ha 36 anni e porta una lunga barba arruffata. Rolando è l’inventore dei “gruppi di passeggio” una specie di ronda padana in salsa romagnola che il leghista compie assieme a una dozzina di volontari dalla fine della stagione balneare per le strade di uno dei nove lidi ravennati.

Come sono nate le passeggiate?
«Dal gruppo “Sei di Marina Romea se” che ho creato su Facebook. Da lì è partito anche un esposto al prefetto sulla sicurezza che ha raccolto 2.300 firme».

Più dei residenti di Marina Romea che sono 1.500?
«Esatto, un grande successo».

Come vedono le forze dell’ordine le vostre passeggiate?
«Abbiamo un ottimo rapporto con i ragazzi della caserma di Marina Romea. Mi scrivono cosa succede e io mi attivo. Mi hanno dato loro il permesso di farle».

In che senso?
«Abbiamo parlato del fatto che ci sono stati molti furti a fine stagione, raid nei bagni al mare e nelle case. Succede ogni anno quando arrivano gli zingari dalle parti del Veneto».

Come fa a dire che sono gli zingari?
«Ho i miei informatori. Sono anche gli zingari, ma non solamente loro».

Ma quanti siete in queste ronde?
«Siamo 30 volontari che fanno i turni con noi e battono la zona. Non tutti attivi. Metà sono attivi».

Quindi secondo lei le forze dell’ordine non sono sufficienti per monitorare Marina Romea?
«Assolutamente no, sono sufficienti, ma occhi in più possono essere utili».

Come funziona un “gruppo di passeggio”?
«Andiamo in giro in coppie di due. Indossiamo la pettorina gialla per farci riconoscere dai cittadini e dalle forze dell’ordine. Abbiamo in mano telefonino e torcia. Giriamo per le strade buie a piedi, in bici o in macchina».

E se vedete qualche infrazione?
«Non interveniamo, ci allontaniamo e chiamiamo le forze dell’ordine. Non siamo dei Rambo o i giustizieri della notte».

Ha ripreso l’idea delle vecchie ronde padane, che il partito aveva abbandonato?
«Non mi ricordo cosa erano di preciso le ronde padane, è passato molto tempo. Noi siamo residenti che facciamo un giro. È anche un modo per tenere unito il paese. Abbiamo creato anche un gruppo Whatsapp su cui ci sentiamo».

C’è ogni sera una passeggiata?
«A seconda della disponibilità, però quasi tutte le sere».

Quanto dura?
«Giriamo 3 o 4 ore».

C’è una selezione dei passeggiatori?
«Assolutamente no. È solo una passeggiata. Non c’è selezione nemmeno tra i vigili urbani, si immagini se selezioniamo noi…».

Vi è capitato di intervenire?
«Sì, abbiamo segnalato porte aperte e finestre aperte in un bagno al mare e abbiamo segnalato anche persone losche…».

Cosa è successo dopo la chiamata?
«Non so, noi per sicurezza ci siamo allontanati».

Cosa intende per “persone losche”?
«Per esempio c’era un ragazzo fermo sotto una casa. Era in macchina e guardava il cellulare. Dopo un’ora che era lì abbiamo avvisato i ragazzi dell’Arma e sono andati a chiedergli i documenti».

E chi era? Avete sventato un pericolo?
«Non lo so. Non possono dare informazioni. Mi hanno solo detto che era tutto a posto».

Anche decine di profughi tra i volontari che hanno ripulito i giardini Speyer

Il 19 dicembre toccherà alla zona dello stadio e del mercato

Mattinata di lavoro ai giardini Speyer per una pulizia della zona da cartacce, mozziconi, rifiuti abbandonati in giro. Insieme, all’opera, alcune associazioni, volontari e anche una quarantina di profughi ospitati in strutture del ravennate. Ecco la dichiarazione delle assessore Martina Monti, con delega all’Immigrazione, e Giovanna Piaia, con delega al volontariato: «Questa mattina decine di volontari, fra cui una quarantina di profughi, si sono ritrovati a giardini Speyer. Ringraziamo moltissimo gli  organizzatori di questa giornata: Legambiente, diverse associazioni del volontariato ravennate, la Cooperativa Persone in Movimento. La giornata si è conclusa “alla romagnola” con un ristoro presso la sede di CittÀttiva. Una mattinata con un servizio simile a quello di oggi è calendariata il 19 dicembre nella zona del mercato e dello stadio, dopo quella di fine ottobre al quartiere Darsena. Il Comune di Ravenna, in costante e positiva collaborazione con la Prefettura, è attivo sui progetti per generalizzare l’esperienza del lavoro socialmente utile a tutti i profughi ospitati a Ravenna.”

Investigatori fai da te su Facebook

Auto e movimenti sospetti segnalati sul gruppo “Ravenna Sicura” con 5mila iscritti. Il fondatore: «Idea nata per esasperazione»

La media è di due o tre segnalazioni al giorno: tentativi di scasso in abitazioni e negozi, auto sospette per le vie del paese, ignoti nei cortili a cercare un varco, venditori porta a porta poco affidabili, tentativi di truffe e raggiri. Ci si passa la parola con la speranza di non farsi trovare impreparati e lo si fa con le nuove tecnologie: sono più di cinquemila le persone iscritte al gruppo Facebook “Ravenna Sicura”, amministrato dal 31enne Andrea Barboni. Che lo creò di sua iniziativa nell’agosto del 2014: «Una sera in cui ero particolarmente stanco delle continue notizie di furti e truffe e reati simili ho pensato alle possibilità di comunicazione offerte dai social network per il passaparola».

Barboni conosce bene il fenomeno vivendo a Sant’Alberto, nel cosiddetto forese che alletta i ladri. Con tutte le scaramanzie del caso può dirsi fortunato: «Nelle case vicine sono già passati diverse volte ma da noi ancora no. Anche se una notte mi sono svegliato con i carabinieri attorno a casa perché il mio vicino tornando dal turno di notte ha visto delle persone attorno alla mia abitazione e ha chiamato il 112. Non è stato un bel risveglio ma sempre migliore di quello con i ladri».

Una piccola community di cinquemila persone – tra loro anche l’assessore comunale alla Sicurezza Martina Monti che ogni tanto interviene dialogando con i cittadini e raccogliendo segnalazioni – ha bisogno di qualche regola di convivenza civile che Barboni ha messo in chiaro e cerca di far rispettare. Vengono accettati nel gruppo solo profili personali credibili e residenti in provincia di Ravenna: niente pubblicità per antifurti ma sono ben accetti tutti i consigli per la prevenzione, sono banditi ogni tipo di incitazione alla violenza o insulti a sfondo razziale e soprattutto il costante invito a pensare bene prima di postare qualcosa. «Ogni tanto arriva qualcuno che mette la foto di un’arma e propone di farsi giustizia da solo. Rimuovo la foto, spiego il motivo a chi l’ha messa e se ricapita cancello la persona dal gruppo».

Questione più delicata quando viene diffusa la targa di un veicolo perché ritenuto potenzialmente sospetto e magari utilizzato da malviventi: «Ricordo a tutti che sono responsabili di quello che scrivono su Fb». In qualche caso il gruppo ha ottenuto risultati dando una mano al ritrovamento di veicoli rubati. Ma anche un aiuto dietro le quinte: «So per certo che anche le forze dell’ordine leggono perché ho avuto conferma da un carabiniere che conosco. Se il servizio è utile mi fa piacere».

Ora il passo successivo potrebbe essere l’utilizzo di un’applicazione. Ci sono già contatti con una società del Trentino: «È un’idea che avevo già avuto e pare esista quacosa del genere. Ognuno scarica l’applicazione sul cellulare e pubblica la sua segnalazione che arriva sul telefonini di chi vive entro un raggio di un tot di chilometri. Vedremo se ne verrà fuori qualcosa».

Basta centrali a biogas La posizione di Ravenna in Comune

La lista che candida Raffaella Sutter a sindaco prende posizione rispetto alle situazioni di San Pietro in Campiano e Bastia

 No al proliferare di centrali a biogas nel comune di Ravenna. La posizione è quella di Ravenna in Comune, soggetto politico che si presenta alle elezioni 2016 candidando a sindaco Raffaella Sutter. “Queste centrali – scrivono dalla lista – oltre a rubare ingenti quantità di ettari agricoli alla produzione di cibo, si approvvigionano di materiale alimentare da parecchi Km di distanza, perché spesso le colture dedicate nei paraggi non bastano ad approvvigionare le centrali esistenti. Questo crea un immenso traffico di mezzi pesanti, con relativo inquinamento e deterioramento del manto stradale, vi sono realtà, nel nostro comune, dove alcune strade sono pressoché impraticabili per questo motivo.” Ravenna in Comune sposa dunque la causa dei comitati cittadini e non che soprattutto nel forese, tra San Pietro in Campiano, Bastia e Caserma, che denunciano situazioni invivibili per via dei cattivi odori, oltre a continui rovesciamenti  negli scoli.

In particolare, Nicola Staloni capogruppo di Sel in Provincia (Sel è tra le forze che hanno aderito al progetto Ravenna in Comune) ha presentato un’interpellanza proprio a proposito delle indagini svolte in particolare da Arpa e Consorzio di Bonifica rispetto in particolare alla società Casalgrande Energy (come si vede nell’allegato) e allo scolo Spadaloro.

 

Primo Gran Galà dello Ior raccolti 21mila euro

Serviranno per ricerche sui tumori tramite nanotecnologie

Venerdì 27 novembre, nelle Sale della Prefettura di Ravenna, si è tenuta la Prima Edizione del Gàla Ior di Ravenna con quasi 180 partecipanti. Il ricavato totale della serata, di quasi 21.000 euro, contribuirà a sostenere un importante progetto di Ricerca internazionale che si svolgerà presso i laboratori dell’IRST IRCCS. Questo progetto sviluppato dal Centro di Osteoncologia e Tumori Rari dell’IRST di Meldola avrà l’obiettivo  di sviluppare un tumore artificiale, grazie alle nanotecnologie, per studiare come interrompere il dialogo tra le cellule buone e quelle cattive. Un altro passo verso la sconfitta del cancro.
 Protagoniste della serata sono state le numerose aziende sostenitrici dell’evento: Cna Ravenna, Ascom Ravenna, Confesercenti Ravenna, Confartigianato Ravenna, Se.T.Am snc, CMC Ravenna, Consar Soc. Coop., Cosmi Spa, Setramar Spa, Sva, Rosetti Marino Spa, Bambini Ravenna, Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna, Bcc Credito Cooperativo Ravennate e Imolese, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Confindustria di Ravenna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Azimut Ravenna, Cam. Impianti e Abr Impianti.
Alla prima edizione del Gran Gala IOR hanno partecipato anche autorità locali: Francesco Russo, Prefetto di Ravenna, il sindaco Fabrizio Matteucci, Livia Molducci, Presidente Consiglio Comunale di Ravenna, Claudio Casadio Presidente Provincia di Ravenna, Gianni Bessi Consigliere Regionale, Fabrizio Miserocchi Direttore IOR, dott. Daniele Turci Direttore facente funzione Oncologia di Ravenna, Ignazio Stanganelli Responsabile Centro Oncologia Dermatologica – Skin Cancer Unit IRCCS IRST e Professore Associato Clinica Dermatologica Università Parma, Giorgio Martelli Direttore Generale IRST IRCCS, Toni Ibrahim Responsabile Centro di Osteoncologia e Tumori Rari IRST IRCCS, Elsa Signorino Presidente Ravenna Antica, Giovanni Naccarato Comandante Corpo Forestale Provinciale di Ravenna, Stefano Busetti Coordinatore Reti Dipartimenti Ospedalieri e Reti Cliniche Aziendali AUSL Romagna e Elio Bagnari Vice Presidente Confindustria Ravenna. Dino Amadori Presidente Ior e Direttore Scientifico IRST IRCCS ha spiegato ai presenti come la ricerca sia un traino per lo sviluppo del territorio romagnolo e la principale arma per sconfiggere il cancro. Mario Pretolani e Gianluigi Bambini, Consiglieri IOR di Ravenna e promotori dell’iniziativa hanno ringraziato tutta la Cittadinanza, le Aziende e le Istituzioni del territorio che hanno partecipato a questa serata rendendola un’occasione unica in cui si è fatta la differenza nella lotta contro il cancro

Fabrizio Gatti e il giornalismo d’inchiesta «Nixon non si sarebbe dimesso in Italia»

L’inviato de L’Espresso si è finto profugo a Lampedusa e bracciante in Puglia: «Metodo infiltrato, viene dall’antropologia»

Un tuffo nelle acque di Lampedusa un venerdì sera e diventò Bilal Ibrahim el Habib del villaggio immaginario di Assalah, distretto di Aqrah, Kurdistan iracheno. Fingendosi un profugo naufragato rimase in acqua quattro ore e mezza prima che qualcuno lo ripescasse e lo spedisse al centro per immigrati della piccola isola siciliana: rimase dentro otto giorni scrivendo poi una straordinaria inchiesta giornalistica pubblicata da L’Espresso nel 2005 e poi finita anche in un libro. Ci sarà anche un po’ di Bilal il 29 novembre sul palco del teatro Alighieri di Ravenna quando il 49enne Fabrizio Gatti riceverà il Guidarello, premio per il giornalismo d’autore targato Confindustria. Di sicuro con Gatti ci sarà la sua carriera cominciata nel 1991 e fatta di storie e approfondimenti arrivando a infiltrarsi anche tra gli schiavi del lavoro nero nelle campagne della Puglia o tra la malasanità romana.

Assegnare il Guidarello a Fabrizio Gatti significa premiare il giornalismo d’inchiesta fatto sul campo. Insomma da qualche parte in Italia c’è chi lo fa…
«Il premio è inaspettato e mi onora: i riconoscimenti sono come delle puntine fissate sulla lavagna che permettono di far conoscere il proprio lavoro. In Italia ci sono molti che fanno inchiesta, non solo io, e lo fanno nonostante le minacce e le pressioni che ricevono».

All’estero il reportage d’inchiesta sta meglio?
«La differenza in Italia è la reazione del potere e dei lettori, il primo se ne infischia e i secondi non sono così volenterosi nell’informarsi da renderlo qualcosa che conta. Non è che come giornalista d’inchiesta mi ponga l’ambizione di cambiare la società, altrimenti sarei un attivista, il mio obiettivo è informare. Però, se vogliamo dirla con una battuta, diciamo che in Italia non ci sarebbero state le dimissioni di Nixon per la questione Watergate».

Di cosa ha bisogno il giornalismo d’inchiesta?
«Serve l’estrema libertà di chi lo esercita e dell’editore che lo finanzia. Più è stretto il legame tra editoria e altri settori dell’economia e più vincolanti sono i binari mentre invece non dovrebbero essercene perché quando cominci un lavoro non sai dove andrai a finire e cosa potrà venire fuori. Forse se le inchieste riscuotessero maggiore interesse tra il pubblico in modo da diventare qualcosa di economicamente importante allora aumenterebbe anche l’interesse degli editori…».

Come comincia un’inchiesta?
«C’è un giornalista che decide di concentrarsi su un tema non necessariamente legato all’attualità stringente, partendo da un aspetto particolare. A volte l’imbeccata giusta può arrivare anche per un colpo di fortuna, non è così raro. Poi si propone l’idea a qualcuno perché venga pubblicata e in quella fase può migliorare. Ci vuole un direttore che abbia fiducia nel suo giornalista, nella sua serietà, professionalità, onestà. E poi si procede con un metodo scientifico applicando le cosiddette 5W (chi, dove, quando, cosa, perché). Rispetto alla ricerca scientifica il giornalista non ha bisogno di attendere la ripetizione del fenomeno ma può bastare dimostrarlo una volta con i documenti. Il giornalismo è l’applicazione sul campo dell’antropologia, descriviamo il comportamento di persone».

Anche quando ci si butta in mare per farsi ripescare a Lampedusa e fingersi profugo?
«È il metodo infiltrato che corrisponde all’osservazione partecipante dell’antropologia».

E alla fine va presentato il lavoro al lettore…
«Non trattandosi di una relazione scientifica c’è bisogno di un po’ di estetica per facilitare la lettura e attirare il pubblico. Credo che il lavoro venga bene quando il giornalista riesce a scomparire nella narrazione ma sia capace di prendere per mano il lettore e fargli vivere cosa ha vissuto».

Il presidente della giuria del Guidarello è Bruno Vespa. A guardare Porta a Porta con i plastici e le veline viene difficile pensare che Vespa e Gatti stiano nella stessa categoria di giornalista.
«E invece è proprio la spiegazione della libertà di informazione sancita dall’articolo 21 della Costituzione. Vespa è un maestro e non posso permettermi di commentare nulla: io mi sarò buttato nel mare di Lampedusa ma lui continua a buttarsi nel mare della politica e non sono sicuro sia meno pericoloso. Abbiamo percorsi personali diversi anche per motivi anagrafici. E poi la sua attività ha grande seguito, questo dimostra che fa bene il lavoro».

Facendo il proprio lavoro in Vaticano può capitare che vadano a processo i giornalisti, come sta accadendo a Fittipaldi e Nuzzi…
«Di fronte a un libro che mostra alcuni episodi, il potere dovrebbe rispondere se è vero o non è vero e qui finisce ciò che riguarda il lavoro del giornalista. Tutto il resto sono tentativi di condizionare la libertà dei cittadini. Il Vaticano è una monarchia teocratica che dimostra di non gradire la libertà di informazione. Ai colleghi indagati va la mia solidarietà ma se questa è la reazione ottenuta credo che allora abbiano fatto il loro mestiere nel migliore dei modi. Forse di fronte a questi libri dovrebbe arrivare la reazione del mondo credente per chiedere più trasparenza».

La Chiesa, soprattutto le parrocchie, sono rimaste fredde alle richieste di un redivivo Bilal…
«Per tre settimane ho bussato a diverse parrocchie europee fingendomi profugo bisognoso di aiuto. Non esprimo giudizi morali su chi mi ha chiuso la porta in faccia, ma credo che il lavoro abbia messo in mostra l’aspetto umano del nostro tempo, con la sottomissione totale di alcuni parroci al concetto di sicurezza. Molti dicevano di aver bisogno della autorizzazione di polizia per ospitarmi e non è vero. Ma è emersa anche la mancata applicazione di un appello del Papa. Nella parabola del Vangelo il buon samaritano non porta il povero in commissariato, ma lo ospita in albergo. O si aggiorna il Vangelo, e non credo sia il caso, oppure tutti noi dobbiamo fare una riflessione sui tempi attuali».

Se parliamo di profughi, di richiedenti asilo significa parlare di immigrazione. Un tema molto presente nelle tue inchieste.
«Abbiamo saputo chiudere la prima guerra mondiale e la seconda, abbiamo saputo affrontare le crisi economica ma non abbiamo ancora fatto i conti con il tema del colonialismo europeo verso i Paesi africani, i fatti di oggi partono da quel passato di sfruttamento nell’Ottocento. Dovremmo cominciare da lì ma vorrebbe dire mettere in gioco la politica energetica e la politica estera. Negli ultimi vent’anni abbiamo affrontato la quetione dell’immigrazione dalla coda, dall’aspetto dell’arrivo: non è un caso se si sono mobilitati i ministeri degli Interni e poco quelli degli Esteri. Potremo anche risolvere lo questione dello Stato islamico ma tra dieci anni potremmo trovare stesso problema sotto altri ombrelli come è accaduto con Alqaeda in passato».

Il terrorismo in questi giorni significa Parigi. Quei fatti distano un paio di settimane. Si può già guardarli con mente più fredda?
«Dei criminali hanno ucciso degli innocenti. Le risposte dei governi possono essere di tipo mediatico come il bombardamento in Siria o di tipo radicale andando alla radice del problema rendendosi conto che sono stati francesi a sparare contro francesi. La soluzione a queste situazioni richiede tempo e mette tutti di fronte al problema dello sviluppo recente dell’Europa, un tema già affrontato dagli Stati Uniti. Si aprono scenari di estrema instabilità: il mondo prosegue quando c’è equilibrio a meno che non siamo azionisti dei produttori di armi. Negli ultimi vent’anni abbiamo visti una serie di squilibri ignorati o compressi e ora stanno esplodendo».

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