Mozione Giachetti: «Ci riconosciamo in questo Pd ma se lo statuto cambiasse…»

Antonio Lazzari e Manuela Fantinelli sono capilista del candidato più renziano e “radicale”

Roberto Giachetti

Roberto Giachetti

Roberto Giachetti è al momento terzo (11,13 % i voti presi nei circoli a livello nazionale e 13,99 a livello provinciale) ma può contare su molti renziani della prima ora e (si dice) anche su Renzi stesso. Il suo slogan è #SempreAvanti e da subito si è candidato in ticket con Anna Ascani. I capolista locali e animatori del comitato sono Antonio Lazzari e Manuela Fantinelli, che hanno risposto alle nostre domande.

La candidatura di Giachetti-Ascani è nata all’ultimo minuto. Ce n’era davvero bisogno? Non si contribuisce così a creare un’ulteriore frattura in un partito già lacerato al suo interno?
«La candidatura Giachetti-Ascani nasce a seguito del ritiro di Minniti, quando la quasi totalità dei parlamentari renziani decide di confluire su Martina. Roberto e Anna non condividono l’idea di aderire ad una mozione che non ha una posizione chiara e netta a difesa del riformismo che il Pd rappresenta in maniera strutturale. Un altro punto che li ha spinti a farsi avanti è stata la mancanza di chiarezza sulle eventuali alleanze future con i 5 stelle e i fuoriusciti, che non possono essere nemmeno prese in considerazione a nostro avviso. La candidatura si rifà realmente ai valori costitutivi del Pd, al suo statuto, al suo progetto».

Manuela Fantinelli Anna Ascani

Manuela Fantinelli con Anna Ascani

Cosa vi convince di meno di Martina e cosa di Zingaretti?
«Martina ha fatto una scelta di mediazione e di difesa, senza proposte chiare e nette. Anche durante il Congresso non si è mai sbilanciato, ma l’unità si crea con il coraggio del confronto, testando la validità delle idee. Invece a Zingaretti manca il coraggio. La sua mozione parla e propone chiaramente un Pd minoritario e subalterno ai 5S, guardando a Leu ed Mdp come possibili interlocutori. Coloro che più di tutti hanno massacrato il Pd in questi anni. E propone di stravolgere lo statuto del Pd per preparare il terreno al rientro dei vecchi transfughi e al M5S».

Ma perché insistere con la “ricetta renziana” che rivendicate quando l’elettorato vi ha così pesantemente puniti?
«Insistiamo sull’essere orgogliosi del lavoro fatto dal governo riformista del Pd. Quel governo che ha dato all’Italia il Rei, la legge sul Dopo di Noi, ha fatto crollare gli sbarchi dell’80%, la disoccupazione è calata del 10%… un Paese che aveva il segno meno nel Pil è stato portato al segno più. Certo non è stato abbastanza, sono stati fatti errori, alcune macroscopici, ma chi fa sbaglia e noi vogliamo ripartire per fare di più e di meglio».

Ma senza cambiare, come può il Pd sperare di tornare a vincere?
«Il Pd torna a vincere solo col riformismo e cambiando le modalità di amministrazione dei territori. Lo abbiamo visto in Abruzzo. Inutile giocare con le cifre. Il Pd ha fatto il 31%, ma ha avuto meno consiglieri dei 5S con poco più del 20%. Le ammucchiate non funzionano e non servono. Il Pd deve uscire dagli schemi del partito ditta, che oramai perde ovunque. I cittadini sono stanchi di questa modalità “a filiera” che va avanti da decenni e penalizza sempre più i territori . Lo vedremo, temo, nelle prossime tornate elettorali anche qui in Emilia-Romagna. Spero di sbagliarmi, ma le alchimie senza idee e con persone di apparato non funzionano più».

Antonio Lazzari

Antonio Lazzari

Cosa farete se perderete il congresso e Renzi dovesse fondare un nuovo partito? Il Pd sarà ancora casa vostra?
«Renzi dice costantemente che il Pd è il suo partito, lo dice anche Giachetti. lo diciamo tutti noi. Il Pd descritto nello statuto: un partito che vuole unire i progressisti di tutte le aree, un partito con vocazione maggioritaria, con primarie aperte, che guarda oltre agli iscritti, con un’unica figura come segretario e candidato alla guida del governo, un segretario con il mandato forte di essere rappresentantivo della sua gente. Ecco se venisse meno uno di questi punti il Pd sarebbe un’altra cosa. Quindi bisogna chiederlo a Zingaretti se questo è ancora il suo partito. Se dovesse diventare segretario e volesse trasformare il Pd nell’Ulivo o nei Ds andando contro la storia e contro il tempo, allora noi non attaccheremmo il Pd, non avremmo il comportamento di altri, ma con il coraggio della coerenza toglieremo il disturbo».

Con la recente uscita del suo nuovo libro, Renzi sta dando una mano in vista del congresso o lo sta di fatto boicottando?
«Renzi sta promuovendo il suo libro. Punto. In parlamento sta lottando contro questo governo come senatore PD. Ha detto che non si sarebbe occupato del congresso e non si sta occupando del congresso. Però vedo che rimane un’ossessione per tante persone… Il problema del Pd non è Renzi, ma la mancanza di ricette alternative a quelle di questo governo. Se Renzi mette sul piatto le sue idee è un problema, se non le mette è un problema».

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