Uno su quattro degli 833 candidati a Ravenna non ha votato per se stesso

Nel 2016 fu uno su venti, negli altri capoluoghi in regione, in questa tornata elettorale, la percentuale delle zero preferenze è più bassa

Nessuno AnonimoNon si sono votati nemmeno da soli. Ci sono 210 candidati al consiglio comunale di Ravenna – il 25 percento degli 833 nomi suddivisi in trenta liste – che il 3-4 ottobre nelle urne per le amministrative non hanno conquistato nemmeno una preferenza. Esattamente un candidato su quattro. Potremmo chiamarli gli zeristi.

Alcuni possiamo immaginare non siano andati a votare – ci risulta più difficile pensare che ci siano andati e abbiano premiato qualcun altro – e altri non potevano proprio perché qui erano candidati ma non residenti e quindi non parte dei 125mila elettori.
In entrambi i casi il dato parla e dice che molte liste sono state riempite di ignari peones rastrellati alla buona per una moltiplicazione di liste che ha dato risultati anche imbarazzanti. In qualche caso è stata una strategia voluta: persone inserite in lista per fare numero – per arrivare al minimo necessario di 21 per mettere in campo la lista – che facevano campagna a favore di qualcun altro. Ma anche in questa lettura la sostanza non cambia: è in quel “fare numero” che forse qualcuno si è fatto prendere la mano. Tutto preventivabile se c’era un candidato ogni 150 elettori.

La percentuale degli zeristi negli altri due capoluoghi al voto in Emilia-Romagna è stata il 16 percento a Rimini (in totale c’erano 586 candidati in 21 liste) e il 9 percento a Bologna (641 candidati in 19 liste). A Ravenna nel 2016 furono un decimo rispetto a quest’anno: 21 su 428, il 4,9 percento, cioè uno ogni venti.
Dietro a quali simboli troviamo questi “turisti della democrazia”? Almeno uno in 23 delle 30 liste. Il record ai Pensionati: 19 su 30 candidati. In buona compagnia nella coalizione attorno ad Alvaro Ancisi:17 in Rinascimento, 16 in Amici Animali, 12 nella Lista del Mare, 10 nel Pdf e 3 in Lpr. In altri termini il 40 percento dei 171 candidati del polo civico di centrodestra allestito dall’81enne decano dell’opposizione non ha ottenuto preferenze. Le cinque liste riunite da Veronica Verlicchi vantano 46 zeristi su 139. I compagni di Potere al Popolo e i berlu­sco­niani light di Primavera condivi­dono la stessa percentuale: la metà dei concorrenti non ha incassato voti.

Se si ribalta il punto di vista, si vede che sei delle sette liste in cui non c’è stato nemmeno uno zerista stavano tra le otto sotto al nome di Michele de Pascale (Voci Protagoniste e Ambiente Territorio ne hanno 7 senza preferenze). Un dato per inquadrare lo strapotere Pd: su 32 candidati solo due sono rimasti sotto alle cento preferenze.
L’unica lista di opposizione in cui tutti i candidati hanno preso almeno una preferenza è la Lega.

Ma se si parla di zeri, allora è doveroso un viaggio tra gli zero virgola, tra le liste con risultati da prefisso telefonico. Più della metà delle liste sulla scheda elettorale (16 su 30) passerà alla storia senza aver raggiunto l’uno percento che in termini assoluti equivaleva a circa seicento voti. La prestazione più insipida è quella di Rinascimento con Sgarbi: 0,22 percento (137 voti). I sovranisti di Riconquistare l’Italia hanno evitato la maglia nera di un soffio: 146 voti valgono lo 0,23.

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