La guerra, la crisi climatica e noi qui e ora, da una tragedia all’altra

«La catastrofe nucleare è una eventualià, ma è insensato ignorare che quella ambientale è sempre più probabile»

Riceviamo e pubblichiamo questo intervento di Pippo Tadolini, responsabile del Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” che rimarca come il conflitto nell’est europeo, di portata globale, stia ridefinendo tragicamente le “priorità”… Mentre servono politiche di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili, anche con l’iniziativa degli enti locali.

Ambientalista Protesta Clima Guerra

Il dolore e l’amarezza per la catastrofe che sta avvenendo nel cuore dell’ Europa, e che ci sta paurosamente avvicinando all’olocausto nucleare, da considerare un rischio sempre più reale, non devono farci perdere di vista che un pericolo ancora più presente e attuale è quello dell’ olocausto climatico, e quella soglia di irrecuperabilità che gli scienziati dell’Onu (l’Ipcc) hanno fissato di qui ad appena otto anni potrebbe essere in realtà ancora più prossima.

La tragedia nucleare è una possibilità concreta, ma sarebbe insensato ignorare che quella climatica è ancora più probabile, a meno di mettere in atto provvedimenti urgenti, seri, estesi, massicci, rapidi. Provvedimenti che devono indubbiamente essere coordinati, ma nei quali ognuno, dal singolo individuo alle Istituzioni di qualsiasi livello, deve fare la sua parte senza nascondersi nella comoda convinzione che c’è sempre qualcun altro che deve muoversi per primo.
A tutt’oggi, quanti sono disponibili ad accettare questa realtà ed agire di conseguenza?
In guerra, com’è intuitivo, la CO2 – emessa da bombardamenti, lancio di missili, trasporti militari, mezzi pesanti – aumenta spaventosamente, ma a ciò si deve aggiungere che in guerra si desertifica il ben più sano conflitto sociale ed ecologico, e si ridefiniscono tragicamente le “priorità”. E così tutti coloro che la lotta contro la crisi climatica l’hanno sempre osteggiata e che oggi dettano legge nei governi, nella finanza, nelle imprese, nei media, la fanno ancor più da padroni.

Metano Gasdotto RussiaÈ indubbio che uno dei temi principali sul tappeto sia quello del gas, che forse (ma non è detto) smetteremo di comprare dalla Russia, cercando altri fornitori, la maggior parte dei quali però è più o meno altrettanto affidabile di Putin, e non già – come invece si dovrebbe – ripensando da cima a fondo il modello energetico. Pensare altresi di sostituire il gas con carbone e petrolio, vuol dire accettare tutte le loro emissioni aggiuntive. Per altro, la crisi climatica collegata alla guerra riguarda anche altri aspetti, primo fra tutti quello delle importazioni alimentari dall’Ucraina e dalla Russia. Fare largo senza limiti agli Ogm, ai fitofarmaci e ai fertilizzanti sintetici, all’avvelenamento del suolo e delle acque non sarà certo la soluzione, ma contribuirà ad aggravare il problema, essendo moltiplicatore delle emissioni di gas serra, di un’infinità di prodotti venefici e di danni irreparabili.

Se poi concentriamo l’attenzione sullo specifico ma enorme tema della produzione e del commercio di armamenti, non possiamo che prendere atto di come si tratti di prodotti che consumano risorse ed energia, che producono enormi quantità di gas di serra, e che sono concepiti per essere utilizzati nelle guerre con tutte le conseguenze che sappiamo, o smaltiti in depositi, generalmente inquinanti. E che dire delle mine anti-uomo o delle armi chimiche e biologiche, pensate appositamente per rovinare la vita perennemente a popoli e territori, in cui le operazioni “di bonifica”, ammesso che siano possibili, costeranno a loro volta ingenti consumi di risorse e produrranno nuovi danni ambientali. E si potrebbero fare infiniti esempi, settore per settore.
Insomma, la guerra in Ucraina ha nascosto completamente il tema della crisi climatica e ambientale, pur essendone un terrificante acceleratore.
È proprio per questo che è imprescindibile iniziare subito a studiare e mettere in atto tutto quello che si può per costruire la possibile alternativa.

Agnes rendering parco eolico

Quello che si può fare subito, iniziando anche da un giorno all’altro, è partire con l’organizzazione del risparmio energetico. È un tema che non può essere banalizzato, come talvolta è stato fatto in questi giorni, dandone in qualche caso delle interpretazioni addirittura macchiettistiche. Tuttavia, abbassare di un grado o due la temperatura dei nostri appartamenti, dei nostri uffici, delle nostre scuole, vorrebbe già dire dover comprare miliardi di metri cubi di gas in meno.
Questa è una scelta alla portata di tutte e tutti, ma per essere davvero efficace deve essere specificamente organizzata e promossa, e in ciò un ruolo di grande valore possono avere gli enti locali e le istituzioni periferiche. E poi si deve favorire e accelerare, con gli incentivi possibili, ma anche al di là di essi, l’efficientamento energetico; passare alla fase operativa della maggior parte di progetti basati sulle fonti rinnovabili, non solo avviando, ove necessaria, la realizzazione dei grandi impianti eolico-fotovoltaici, ma anche e soprattutto promuovendo la produzione diffusa e l’autosufficienza di comunità.
Alti dirigenti di Enel, e non quindi un qualsiasi collettivo ambientalista, hanno di recente affermato, anche sui mezzi d’informazione di massa, che nel giro di tre anni, l’utilizzo delle fonti fossili potrebbe diventare sostanzialmente marginale. Contestualmente, il riassetto del territorio mirato a (ri)costruire un patrimonio naturale importante, deve diventare una priorità assoluta, da non sacrificare ad altri interessi.

Per tutto ciò, le scelte che anche la nostra politica locale sta compiendo, di rendere Ravenna sempre di più la “città del metano”, moltiplicando le strutture orientate in questa direzione, auspicandone il consistente potenziamento, senza peraltro disegnare i tempi, il percorso e le caratteristiche della riconversione indispensabile, sono scelte profondamente sbagliate.
Scelte delle quali quasi tutto il mondo politico, economico e civile (ben poche sono le voci dissonanti), dovrà in qualche maniera rendere conto. Vedremo peggiorare , forse rapidamente, le condizioni del nostro territorio, dall’aria che respiriamo, all’acqua che beviamo, il probabile innalzamento significativo del livello del nostro mare, l’impossibilità di dare un nostro contributo concreto al contrasto del forsennato riscaldamento del pianeta. Saranno clamorosamente mancati gli obiettivi di sostanziale riduzione delle emissioni entro il duemilatrenta, indicati non solo dalle istituzioni internazionali, ma anche dal Consiglio Comunale di Ravenna con voto unanime.

Le colpe della guerra (di tutte le guerre) andranno ad aggiungersi a quelle dell’incapacità di staccarsi dal prepotere del modello estrattivista e di chi ne difende gli interessi, peggiorandone le conseguenze.
A meno che un guizzo sempre possibile di saggezza, di lungimiranza, e anche di considerazione per il diritto all’esistenza delle prossime generazioni, non facciano imboccare con decisione la strada giusta.

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