Giovanni Truppi tra libertà e politica, Moresco e De André

Giovanni Truppi

Il suo album omonimo dell’anno scorso – passato troppo sotto silenzio – è stato senza dubbio uno dei migliori dischi italiani del 2015. Un disco a tratti geniale, sarcastico, politicamente scorretto, ispirato – come ha dichiarato in fase di realizzazione – dagli scritti di Moresco, Pasolini e perfino dal Libro Rosso di Jung, ma che nella sua anarchia, nella sua verbosità, nella sua “stranezza”, non è stato in grado di far uscire Giovanni Truppi dalla nicchia della scena rock italiana in cui è purtroppo nascosto già da alcuni anni (il suo album d’esordio è del 2010).

Nel Ravennate grazie ai concerti organizzati in particolare dal collettivo Antartide, Truppi è già in qualche modo noto da alcuni anni e domenica 6 marzo (all’aperitivo dalle 18.30) tornerà da quelle parti per un concerto allo spazio Acrylico di Bagnacavallo, reso ancor più imperdibile dalla presenza sul palco anche di un altro originale cantautore, il romagnolo Giacomo Toni.
Giovanni, la prima cosa che balza agli occhi (e alle orecchie) ascoltando il tuo ultimo disco in particolare è la totale libertà, compositiva ed espressiva. Si tratta di una scelta mirata o di semplice spontaneità?
«Questa relativa libertà che sono riuscito a conquistarmi segue un lungo periodo nel quale mi sono dedicato molto alle regole della canzone, che tuttora devo dire che mi appassionano».
Pur non essendolo apertamente, il tuo lavoro è secondo me anche molto politico, a partire dalla Lettera a Papa Francesco. Quale deve essere il ruolo di un artista in questo senso?
«La ritengo una questione personale, l’importante è aggiungere qualcosa che valga la pena a tutto quello che già esiste. Per quello che mi riguarda riesco meglio a fare canzoni parlando di cose che mi stanno a cuore e la politica – in senso ampio – mi sta a cuore».
Ti senti come una scheggia impazzita nella scena musicale italiana?
«No, non mi sento una scheggia impazzita, nel bene e nel male. Forse perché per me non c’è niente di pazzo in quello che scrivo».
Quali sono gli artisti che più ti hanno formato?
«Tutto il cantautorato “classico” italiano, con De André e Conte in primis, Gianfranco Marziano (cantante e scrittore salernitano di culto, ndr), George e Ira Gershwin, Bach e Mozart…».

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