Cittadinanza attiva contro una nuova scuola materna. Ma davvero?

Tristezza e mestizia. Cos’altro provare di fronte a un gruppo di cittadini che finalmente si mobilita, si organizza per far valere un proprio presunto diritto, quando quel (presunto) diritto è quello di poter vivere in pace senza l’enorme seccatura di una scuola materna nel proprio quartiere?

Dopo anni in cui i dati mostravano chiaro il trend, la pandemia forse ha messo nero su bianco il dato: in Italia c’è un colossale problema demografico. Non si fanno più abbastanza figli. Ora, la domanda potrebbe essere: abbastanza per cosa? La cosa più semplice da capire è il welfare state, ovviamente. Come potremo sopravvivere quando saremo tutti o quasi tutti vecchi, vecchissimi, bisognosi di cure e di servizi che non si capisce bene da chi dovranno essere pagati se i lavoratori intanto saranno sempre meno (e peraltro pagati molto meno) di quelli che dovranno essere assistiti?

Ma questo, se vogliamo, è un problema reale, numerabile, facile da capire. Quello più profondo e sottile è invece questo: una scuola materna potrebbe deprezzare il valore delle case di un quartiere. Quello che potrebbe essere un valore aggiunto per chi deve comprarsi casa, nell’idea di mettere su famiglia, è diventato un problema. Un albero nato in un pezzo di prato usato al massimo per portarci a passeggio il cane è diventato un bene da salvaguardare se rischia di essere abbattuto per costruire una scuola.

È successo a Ravenna, sta succedendo a Lugo. Mentre nessuno o quasi alza un sopracciglio su nuove urbanizzazioni, supermercati come se dovessero sfamarsi popolazioni in crescita esponenziale, ci spaventiamo di una scuola materna. E il traffico. I genitori. Il rumore. Insomma, un po’ di vita nel dormitorio del caso. Che orrore.

Roba che in confronto quelli che hanno protestato per i locali frequentati da giovani e aperti fino a dopo mezzanotte sembrano ora pionieri di una battaglia di civilità. La nuova frontiera sono i bambini, anche piccoli. Del resto abbiamo già inventato i locali in cui non sono graditi e passiamo più tempo a parlare del (sacrosanto) diritto di non fare figli più delle difficoltà di chi ne ha e ne vuole fare e ne vorrebbe ancora. E che avrà bisogno di scuole e asili e servizi. Scuole, asili e servizi in cui e per cui peraltro lavora tanta gente.

La famosa sindrome Nimby almeno una volta riguardava discariche e impianti industriali ad alto rischio. Qui siamo oltre, siamo nel mondo in cui il rigassificatore al largo di Punta Marina porta meno proteste di una scuola materna.

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