Non si può che essere felici di vedere che, nonostante tutto, siano quasi tutti soddisfatti dei risultati di questa tornata elettorale. Si dice contento l’ultimo arrivato, si dicono contenti del percorso fatto i sostenitori della candidata sindaca Iannucci che in quattro liste insieme non sono arrivati al tre percento, si dice contento Jacopo Morrone della Lega per aver contribuito a far eleggere due consiglieri di Lista per Ravenna, ma nessuno dei suoi. Come si dice in questi casi, contenti loro.
Intanto, il consiglio comunale che esce da questa tornata elettorale ha molte caratteristiche in comune con il precedente: la maggioranza assoluta in mano al Pd, un’opposizione divisa in diversi gruppi con molti nomi confermati rispetto al passato. Qualche novità semmai si vede nella compagine degli alleati del Pd (in particolare Progetto Ravenna e Avs). Dunque, è legittimo aspettarsi che non ci saranno grandi novità né nel breve, né nel medio periodo. Se la storia politica cittadina ci insegna qualcosa è che, salvo fattori esterni come una candidatura a Presidente della Regione, qui i sindaci Pd governano dieci anni e ora è iniziata quindi l’epoca Barattoni, che segue quella De Pascale, che seguiva quella Matteucci, che seguiva quella Mercatali…
Qui storicamente sono arrivati attutiti anche gli effetti dei grandi partiti di massa che hanno invece sconvolto e travolto altre città, anche vicine, e i governi nazionali. E adesso, a guardare in prospettiva all’indietro, si può forse dire che l’unica vera “sliding door” degli ultimi vent’anni (o forse anche trenta) è stata quella dell’elezione del 2016 per il post Matteucci. Michele de Pascale allora era un candidato né particolarmente noto (essendo cervese) né particolarmente amato (dentro il Pd c’erano state divisioni importanti all’epoca della sua elezione a segretario provinciale), ma soprattutto allora c’era un’opposizione di ben altro livello. Il centrodestra era unito a sostenere Alberghini, con l’unica eccezione della Pigna di Bucci, mentre da sinistra c’era due realtà di peso. Una fu sicuramente Ravenna in Comune con la candidata Raffaella Sutter, stimata e apprezzata per il lungo operato come dirigente comunale, simbolo che metteva insieme tutte le liste a sinistra del Pd allora guidato da Renzi, ma soprattutto c’era la lista civica Cambierà che raccoglieva una parte degli attivisti che per primi avevano dato vita al Movimento 5 Stelle a Ravenna ma che non poterono correre con il simbolo per faide interne rivelatesi elettoralmente un disastro. Perché se allora i 5 Stelle avessero potuto usare quel simbolo, davvero chissà come sarebbe finito il ballottaggio. Nove anni dopo, il Pd non ha più motivi di preoccupazione, il Pd guidato da Schlein ha riattirato un po’ di elettori di sinistra, il Movimento 5 Stelle è alleato e il centrodestra litigioso e frammentato non riesce ad attrarre più voti ma solo a travasarli al primo interno. Ad avanzare davvero c’è solo l’astensione…