L’avvocato ex pallavolista che fa sposare calciatori e club

Il ravennate Fabrizio Ferrari procuratore da 16 anni: «Viviamo nel glamour del calcio ma rischiamo anche di non essere pagati»

«Da piccoli decidono i papà, poi crescono un po’ e decidono le mamme, poi crescono ancora e decidono le fidanzate». In una battuta c’è il riepilogo di chi veramente comanda nei passaggi di mercato di un calciatore: a fidarsi di Fabrizio Ferrari, 45enne ravennate da 16 anni procuratore di calciatori, parrebbe sfatata la leggenda dell’agente che decide fantasione cessioni solo per incassare provvigioni.

Allora non è vero che siete il male del calcio come dicono…
«Lo dice che non conosce questo mondo, non abbiamo tutto questo potere che ci attribuiscono. Io non ho mai visto un procuratore che convince un calciatore ad accettare un trasferimento in una squadra in cui non vuole andare».

Per chi non vi conosce, cosa fa un procuratore?
«Crea opportunità per un calciatore. Se è conosciuto da nove società cerca di fare in modo che lo conoscano in venti, se riceve un’offerta fa in modo che ne arrivini altre cinque. Per aiutare il club cedente a vendere e il giocatore ad avere uno stipendio maggiore».

E a voi spetta una commissione…
«Con un tetto del 5 percento. Ma non dimentichiamoci che siamo al lordo, anche noi paghiamo le tasse. E visto che spesso spetta alla società il versamento dobbiamo fare i conti con le difficoltà dell’economia. Ci ritroviamo con ritardi di pagamenti anche di un anno o ad esempio tra chi ci rimetterà dal fallimento del Parma ci sono anche gli agenti».

È una figura necessaria?
«Nel calcio globale di adesso incide per il 50 percento. In un calcio più provinciale e locale forse il dieci. Ho fatto il pallavolista senza procuratore e credo di aver avuto meno porte aperte di quelle che avrei avuto con un agente».

Da pallavolista a agente Fifa il salto è lungo…
«L’ultimo anno della mia carriera l’ho giocato nel Messaggero mentre studiavo giurisprudenza e quando ho smesso alcuni ex compagni mi hanno chiesto di aiutarli per le mie conoscenze. All’inizio l’ho fatto più per hobby. Poi è diventato un mestiere».

Come si è sviluppata poi la carriera?
«Sono diventato avvocato e sono tuttora iscritto all’ordine di Ravenna. Ho iniziato nello studio di Simone Bassi in città poi sono passato a Milano nello studio Vigorelli dove mi sono ritrovato a lavorare con il figlio di Capello. Con il tempo ho migliorato come manager di calciatori e club e nove anni fa mi sono messo in proprio con la mia agenzia. Oggi vivo tra Ravenna, Milano e Parigi ma ho ancora la residenza a Ravenna».

Quanti giocatori segue?
«Finora ho lavorato soprattutto per conto dei club perché in Italia è vietato il doppio mandato nelle trattative. Se la nuova riforma degli agenti dovesse consentirlo credo che avrò una ventina di calciatori».

Quanti siete a fare questo lavoro in Italia?
«Troppi. Non c’è lavoro per tutti a livello professionale».

Eppure è un lavoro che affascina…
«Mi rendo conto che il mio mestiere significa vivere nella parte più glamour del calcio. Magari per una trattativa vado a prendere un caffè al Principe di Savoia dove costa 10 euro ma la gente non pensa che quei soldi sono a fondo perduto perché non ho mai la certezza che la trattativa poi vada a buon fine».

Quali sono gli affari più importanti conclusi recentemente?
«M’Vila all’Inter, Essien al Milan, Anelka alla Juve, Reveillere al Sunderland, Mangala al Manchester City, Ghoulam al Napoli, Marquez al Verona. È anche per questo che so parlare cinque lingue».

Per concludere una trattativa quanto conta la stampa?
«Contate ancora moltissimo, purtroppo. In particolare i media online perché sono più veloci e vanno più incontro all’approccio di chi poi è coinvolto nelle trattative».

Il calciomercato è come si vede nel film L’allenatore nel pallone?
«Così magari no, ma non mancano situazioni di tutti i tipi che sono capitate anche a me. Da quella volta in cui il presidente della Lazio Lotito non si ricordava il nome di Talamonti alla conferenza stampa dopo averlo appena comprato, alle trattative fatte alle 5 del mattino per questioni di fuso orario oppure ritrovarsi con un aereo privato messo a disposizione da una società per una trattativa da milioni di euro. Ma anche andare a Marina di Ravenna per un pomeriggio di mare e poi nemmeno arrivare sulla sabbia e passare tutto il tempo nel parcheggio al telefono per un affare».

A buon fine?
«Sì, Reveillere al Sunderland».

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