Libera: «Black Monkey, sentenza storica, mafia a Ravenna senza se e senza ma»

Il coordinamento provinciale dell’associazione di don Ciotti commenta le 23 condanne tra cui la famiglia Femia residente nella Bassa

«La sentenza di Bologna nel processo Black Monkey è solo un tassello che dimostra l’esistenza della mafia sul territorio provinciale di Ravenna». Il coordinamento ravennate di Libera, l’associazione fondata nel 1995 da don Luigi Ciotti che si occupa di sensibilizzazione e contrasto al fenomeno delle mafie, commenta l’esito di primo grado del lavoro svolto dalla Dda e dalla guardia di finanza nel corso degli ultimi anni. «La giornata di mercoledì è stata uno spartiacque per la nostra Regione. Per la prima volta il tribunale di Bologna ha condannato in primo grado per associazione mafiosa e concorso esterno una serie di individui che risiedevano nella provincia di Ravenna».

Il riferimento è infatti alla famiglia Femia, ritenuti i vertici dell’associazione e domiciliati nella Bassa Romagna, tra Sant’Agata e Conselice da diverso tempo: «È arrivata la condanna di tutti e 23 gli imputati, infliggendo la pena più alta, 26 anni e 10 mesi, a Nicola Femia, ritenuto il vertice di un gruppo legato alla ‘Ndrangheta che faceva profitti con le slot illegali per foraggiare le casse dei clan. Pene considerevoli anche per i suoi figli, Nicholas (15 anni, contro i 19 e sei mesi chiesti dall’accusa), e Guendalina (10 anni e tre mesi, la Procura ne chiedeva 14), e per il genero Giannalberto Campagna (12 anni e due mesi, a fronte di una richiesta di 15 anni). Ha quindi retto l’impianto accusatorio del pm della Dda Francesco Caleca, visto che per i 14 imputati di associazione mafiosa o concorso esterno è arrivata la condanna proprio per quei reati, a differenza di quanto accaduto nel processo con rito abbreviato, in cui la Cassazione non aveva riconosciuto l’associazione di stampo mafioso».

Libera si è costituita parte civile e ha sostenuto il giornalista dell’Espresso Giovanni Tizian, che per queste vicende trattate quando era alla Gazzetta di Modena è sotto scorta, e tutte le associazioni del territorio che hanno denunciato: «Continueremo ad essere al loro fianco continuando a lavorare per far emergere il più possibile le ramificazioni della criminalità organizzata e, nei nostri prossimi incontri nelle scuole, potremo raccontare agli studenti questa storia che ci tocca così da vicino, senza più quei se e quei ma che ci avevano accompagnato in questi anni».

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