Una mappa per orientarsi tra la criminalità

Online “Mafie sotto casa”: un archivio delle infiltrazioni in regione

Il primo strumento per orientarsi in un territorio nuovo è una mappa. Anche se ci si deve orientare nei nuovi territori di conquista della criminalità organizzata. Con questo spirito è nato “Mafie sotto casa”, progetto portato avanti da un gruppo di volontari e associazioni dell’Emilia Romagna per tenere un archivio memoria di tutti gli avvenimenti collegabili a fatti di mafia. Una vera e propria mappa online della regione (www.mafiesottocasa.com) con un’icona specifica per ogni delitto: beni confiscati, roghi dolosi, minacce a giornalisti e amministratori, processi solo per citare alcune delle categorie.

Tra i volontari del progetto andato online a metà novembre c’è il ravennate Massimo Manzoli, da tempo tra le anime dell’associazione Gruppo dello Zuccherificio, ma l’idea viene dalla 25enne Rebecca Righi di Carpi: «Nasce tutto con l’intenzione di essere uno strumento piuttosto che un fine: un mezzo per tenere traccia di quei fatti che servono a dare il resoconto della presenza mafiosa, un mezzo a disposizione della società civile». E in tre mesi si sta già realizzando l’auspicio dei promotori: «Arrivano segnalazioni e proposte e ci fa piacere. Da questi nasce ad esempio la decisioni di introdurre la categoria dei reati ambientali e la volontà di tradurre il sito in inglese puntando a essere accessibile agli immigrati, che vivono il nostro territorio e spesso sono le fasce più deboli esposte alle mosse della criminalità».

Il sito ha levato il velo ufficialmente nel corso di una serata a Bagnacavallo, nella Bassa Romagna che ha visto proliferare il clan Femia: «Per la mia esperienza ho notato che quando si parla di infiltrazione mafiosa in luoghi così piccoli come Conselice si fa fatica ad accettare l’idea che l’avevi nel cortile di casa. Quando la dimensione del luogo coinvolto è più grande viene più spontaneo. I territori sperimentano la fatica di riconoscere al proprio interno la presenza radicata. Se il contesto è piccolo è più difficile accettare con senso critico».

Anche Righi, come i tanti impegnati da volontari in questi progetti, ha accolto con un sollievo la sentenza Black Monkey: «Una condanna non scontata perché nei processi in abbreviato non era passata l’associazione mafiosa. Sappiamo che parliamo di primo grado e tutto può essere ribaltato però restare sempre la traccia di un tribunale che ha affermato quello che noi dicevamo da tempo a dimostrazione che non erano solo nostre convinzioni».

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