Antimafia, bancario arrestato: la Cassa lo trasferì per condotte non in linea

La direzione della Carira dispose accertamenti sulle operazioni di Sangiorgi «ma non emerse nulla di grave». Il 59enne è nel gruppo dal 2011, ora sospeso. Il direttore generale Sbrizzi illustra gli strumenti antiriciclaggio interni

Foto 1«A un certo punto abbiamo notato che teneva comportamenti non in linea con quelli del nostro gruppo e abbiamo subito provveduto al suo trasferimento in altri uffici per fare accertamenti sulle operazioni compiute sotto la sua supervisione ma non sono emersi elementi tali da giustificare provvedimenti più pesanti». Il direttore generale della Cassa di Risparmio di Ravenna, Nicola Sbrizzi, ricorda le perplessità sorte sulla condotta professionale di Domenico Sangiorgi, il 59enne arrestato con l’accusa di aver agevolato gli affari di alcuni clan camorristici attraverso il suo ruolo di bancario.

Sbrizzi assicura sull’estraneità dell’istituto di credito ravennate alla vicenda, circostanza che al momento trova conferma anche nella ricostruzione degli inquirenti: «Forse operazioni fatte fuori dal contesto lavorativo», dice il dg. Nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare però non si fa cenno agli accertamenti disposti internamente, cosa invece riportata a proposito di un’altra banca per cui lavorava un’altra indagata con un profilo simile a quello di Sangiorgi.

Oggi il ragioniere faentino sotto inchiesta è sospeso cautelativamente dal servizio. In Carira arrivò nel 2011 con una lunga carriera da bancario alle spalle: quasi trent’anni all’Unicredit e poi al Credito di Romagna. Sei anni fa venne messo a dirigere una filiale di Bologna della Cassa. Poi nel 2013 sono iniziati i trasferimenti: prima Faenza poi Ancona e infine Rimini.

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La palazzina in via Garibaldi a Russi sequestrata in un’inchiesta dell’Antimafia di Napoli perché di proprietà di una società sospettata di riciclaggio

Il caso di cronaca offre lo spunto per ragionare sui sistemi di controllo e contrasto al riciclaggio, quelli messi in campo in autonomia dalle banche e quelli imposti per legge. «La normativa diventa sempre più stringente e impone investimenti importanti nel settore per faticose e laboriose attività sia nelle sedi periferiche che centrali. La criminalità aggiorna i suoi metodi, cerca nuove vie per delinquere e noi dobbiamo stare al passo. È una gara continua per contrastare l’illegalità». Le ultime disposizioni hanno inasprito le sanzioni per chi non segnala le operazioni sospette: «E ci tengo a sottolineare che è sufficiente siano sospette. È stato ampliato l’elenco dei soggetti tenuti a fare segnalazioni: non solo banche e poste ma anche notai e commercialisti».

Il sistema di controllo funziona su due binari. Il primo è quello delle segnalazioni spontanee da inviare all’ufficio di informazione finanziaria (Uif) di Bankitalia: «Può farle qualunque dipendente e viene garantito il completo anonimato. Il sistema centrale le raccoglie e poi valuta quali approfondire trasmettendole all’autorità giudiziaria». Il secondo è invece quello che viene dall’alto da un ufficio di controllo incardinato in ogni gruppo bancario: «Sulla base di statistiche che valutano variabili definite dell’Uif si fanno accertamenti. Ad esempio il numero di bonifici fatti o ricevuti o la consistenza di versamenti in contanti».

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