Come e perché anche Ravenna diventò fascista: un libro da consigliare a tutti

Il volume di Alessandro Luparini che racconta – in modo laico – un pezzo di storia della città

Ravenna FascistaNon poteva esserci forse momento più propizio per mandare in libreria, da parte dell’editore cesenate Il Ponte Vecchio, questo Ravenna Fascista 1921-1925 la conquista del potere di Alessandro Luparini, storico nonché direttore della Fondazione Casa di Oriani e della Biblioteca di storia contemporanea di Ravenna.

Già autore di un’apprezzabilissima Storia di Ravenna, firmata a quattro mani in quel caso con Paola Novara, ora torna con un libro che racconta come Ravenna sia capitolata al fascismo mentre in città si dibatte sull’opportunità di revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini e di vietare l’utilizzo di spazi pubblici comunali ai movimenti neofascisti, mentre movimenti di estrema destra sembrano occupare sempre più spazio politico un po’ in tutta Europa, Italia compresa.

Il libro racconta un processo, quello della conquista del potere da parte del fascismo in questo territorio, che fu più complicato che altrove dato il radicamento di un tessuto fatto di sindacato e cooperative, dove a occupare lo spazio di contrapposizione ai movimenti socialisti c’erano già i Repubblicani. Non a caso, fu proprio su di loro che i fascisti agirono con la forza (occuparono la casa del Popolo di via Paolo Costa) e la trattativa (la liberarono senza aver spostato nulla, mentre avevano messo a ferro e fuoco la Camera del lavoro), repubblicani che in parte sottovalutarono il rischio “fascismo” in qui primi anni. Episodi singoli narrati dalle cronache dei (timidi) giornali del tempo e dalla prosopopea dei protagonisti del fascio, tra cui spiccano però anche pagine di grande lucidità. È così quella del capo riconosciuto del fascismo locale Giuseppe Frignani che, nello spiegare il ritardo e la fatica con cui il movimento di Mussolini riuscì a insediarsi in città, fa un ritratto che forse oggi varrebbe la pena far leggere a tanti, a destra e a sinistra. Anche perché, come sempre, Luparini scrive da vero laico, con il distacco e il rigore dello studioso e insieme la semplicità del divulgatore, lontano da tentazioni retoriche. In fondo, almeno in questo pezzo di storia, bastano i fatti a dividere buoni e cattivi, torti e ragioni.

Una sessantina le pagine di testo, altrettante quelle con il corredo fotografico di Ulderico David, documenti d’epoca che mostrano con la forza delle immagini ciò che fu la città in quegli anni. Un libro da regalare e consigliare a tutti in vista di una stagione dove sarà bene ricordare cosa è stato davvero il fascismo.

 

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