Costruiva radio con i Lego, ora fa lo speaker: «Bisogna capire quando stare zitti»

Il faentino Daniele Tigli è uno dei sei conduttori di Studio Delta a Cesena, davanti al microfono da trent’anni: «Il lavoro è cambiato, una buona dizione non è più richiesta e il passaggio da una canzone all’altra può farlo anche un computer…»

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Daniele Tigli, conduttore di Radio Studio Delta

«Se ci pensi bene, sei in una stanza insonorizzata e parli da solo. È normale preoccuparsi per la salute mentale di uno speaker in radio». Daniele Tigli scherza sul lavoro che fa da oltre trent’anni, ma al tempo stesso riconosce che non poteva andare diversamente: «Da bambino costruivo studi tv e radio con i Lego. Forse sono nato già tarato». Il faentino di 45 anni lavora a Radio Studio Delta dal 2005, uno dei sei conduttori che coprono le trasmissioni da Cesena dalle 6 alle 23.

Sua è la voce che in questo periodo sentite dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 19: «Prima facevo la fascia 20-23 con le richieste degli ascoltatori. Un po’ mi manca». E non solo perché magari ci si sente meno soli: «Ogni volta la playlist è una sorpresa da scoprire. Noi teniamo tre-quattro canzoni pronte solo per le serate in cui c’è una partita di calcio importante o la finale di un qualche talent in tv e quindi possono arrivare meno richieste». Oppure ne arrivano ma non si possono accettare: «Capita di tutto, ad esempio quello che ti gira il link Youtube del pezzo inciso dal cugino».

La fascia preferita da Tigli però è quella dell’alba. Vuol dire sveglia poco prima delle 5. Ma le soddisfazioni arrivano: «È la fascia più ascoltata con tutta la gente che sta andando al lavoro, dai il buongiorno alle persone da una radio in cui non c’è praticamente nessuno. E poi alle 9 hai finito il turno, fai un po’ di redazione e ti ritrovi una giornata ancora intera per te».

autoradioMa chi è l’ascoltatore nel 2021? Calano i giovani, resiste l’autoradio: «È da parecchio che fanno il funerale alla radio ma siamo ancora vivi. Anzi, il consumo di contenuti attraverso l’ascolto sta trovando nuovi spazi come dimostrato dai podcast o dal nuovo social Clubhouse. Però le opportunità sono talmente tante che anche per questo le radio stanno perdendo i giovani. Siamo ascoltati soprattutto nella fascia d’età 15-65, meno in casa, tanto in auto e restiamo ancora una scelta per molti negozi». Se si stanno allontanando dall’ascolto, non mancano invece i giovani attratti dal fascino del microfono come sbocco professionale. Ma la scuola di radio non esiste: «Io ho imparato sul campo, come tutti i miei colleghi. La condizione necessaria direi che è la passione per il mezzo e magari la conoscenza dell’inglese aiuta per le pronunce. Nel mio caso il teatro mi ha aiutato a essere meno timido. Poi un po’ di parlantina è ovvio che serve. Ma ancora di più serve capire quando stare zitti».

radio consoleL’inizio di Tigli è stato «nella gloriosa Radio Base di Faenza, la mia città». Davanti al microfono a 13 anni, dopo essere rimasto ammaliato dallo stand dell’emittente a una fiera: «Accompagnavo mio padre che vendeva trattori e passavo il tempo appoggiato al vetro a guardare i conduttori. Cercavano nuove leve e nei weekend andavo lì, invece che andare al campetto a giocare a calcio». Poi c’è stato il passaggio a Rcb e infine a Studio Delta. Il colloquio di lavoro con quest’ultima andò bene con un pizzico di fortuna: «Il classico provino: mi fecero lanciare un pezzo per vedere come lo introducevo e se beccavo il momento in cui smettere di parlare perché finiva lo strumentale e partivano le parole della canzone. Uno dei soci della radio mi sfodera un pezzo di Laura Pausini. Quella mattina per caso avevo letto qualcosa su di lei e il lancio venne particolarmente bene. Era un venerdì, mentre tornavo a casa in autostrada mi chiamarono per dirmi che cominciavo il lunedì».

microfonoMa come si centra il momento in cui smettere di parlare e lasciar spazio al cantante? «Ogni radio ha un suo software che aiuta il conduttore, da noi c’è una barra colorata sullo schermo. Ma se parliamo di musica pop, uno speaker con esperienza capisce il momento giusto anche con un pezzo al primo ascolto, il cliché è abbastanza ripetitivo». Anche la playlist si fa, manco a dirlo, con uno software: «È una ricetta. Una percentuale di musica italiana contemporanea, una percentuale di straniere e così via fino a comporre l’elenco. Lo speaker se lo trova sul monitor quando si siede». Quella barra colorata di cui parla Tigli è un indizio di come sia cambiato il lavoro dello speaker. Oggi si fa davanti a un monitor a colpi di click: «Quando ho iniziato dovevi gestire due vinili, quello in onda e quello con la canzone successiva, cercando di sincronizzare bene outro e intro. Poi avevi delle cassettine con i jingle e gli spot che mandavi in onda e riavvolgevi per il passaggio successivo. E in mezzo a tutto questo magari rispondevi pure alle telefonate degli ascoltatori…». (qui la nostra intervista a una doppiatrice di spot pubblicitari e audiolibri).

smartwatch shazamTra le caratteristiche per gli aspiranti speaker, Tigli non ha fatto riferimenti alla qualità della voce. Non è stata una dimenticanza. Tra i cambiamenti va messo anche quello che meno ti aspetteresti: «Alla voce ora si dà un’importanza diversa. Una volta c’erano voci davvero belle, con un timbro che le ha rese storiche (qui la nostra intervista al celebre foniatra Franco Fussi, ndr). Cito Fernando Proce per dirne uno. Era impensabile arrivare ai livelli più alti di questo lavoro se non avevi corsi di dizione e il tuo accento lasciava capire da dove venivi. Ora ci sono accenti come il milanese o il romano che invece sono quasi cercati». E poi è cambiata la competenza: «Oggi ci sono radio che danno il microfono agli influencer. Di sicuro aiutano la visibilità ma è chiaro che non c’è lo stesso approccio. Una volta dovevi conoscere gli artisti, adesso hai Wikipedia e qualcosa puoi rimediare sempre».

cassette nastri musicaA Studio Delta ogni conduttore prepara gli argomenti di cui parlerà: «Siamo una radio di flusso, da noi il parlato è molto ridotto. Non ci sono autori che preparano testi, ogni speaker lo fa per sé. A me piace prendere spunto dalle canzoni che passiamo per dare aneddoti, curiosità». Facendo attenzione alle gaffe: «Capitano a tutti. Con una certezza: se ti capita ci sarà sempre qualcuno che l’ha sentita e scriverà alla radio per farlo notare. Non passa mai inosservata».

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