«Omicron spinge verso l’endemia ma il Covid non è come un’influenza»

Bilanci e previsioni sulla nuova ondata estiva del Covid di Giacomo Farneti, ricercatore ravennate dell’Istituto Superiore della Sanità

Tamponi Coronavirus 1280x720

Abbiamo fatto il punto sulla situazione pandemica con il ricercatore ravennate Giacomo Farneti, già membro della task force governativa sul Covid-19, autore di studi e ricerche per l’Istituto superiore della sanità (Iss).

Farneti, che bilancio possiamo trarre da questa ondata estiva?
«Il problema principale nasce dall’intelligenza e dall’adattabilità del virus: come il nostro organismo si adatta continuamente ai cambiamenti interni ed esterni, anche l’agente patogeno del virus Sars-Cov-2 si è ormai abituato a vivere e sopravvivere in un ospite come l’uomo. Le ondate epidemiche e i relativi “picchi” che rileviamo sono provocati dalle famose varianti: questi fenomeni dipendono sostanzialmente dalla conformazione molecolare del virus, dalla conformazione delle nostre cellule e degli anticorpi che il nostro organismo produce. Ci sono varianti come ad esempio l’attuale e predominante BA.5 di Omicron (che mostra una carica virale doppia rispetto a Delta e un tasso di reinfezione quadruplicato) che modificano profondamente la struttura della proteina Spike del virus stesso e gli anticorpi del nostro organismo prodotti dai linfociti B e T non riescono a riconoscerlo e a inattivarlo».

Ma la pandemia sta diventando, come si dice, un’endemia? E il Covid “poco più di un’influenza”?
«Il virus Sars-Cov-2 non diventerà mai “poco più di un’influenza” perché il termine endemico non indica una riduzione dei casi o dei decessi ma significa che l’incidenza diverrà più o meno costante nel tempo. In altre parole, un virus può essere al tempo stesso endemico, diffuso e mortale. La parola “endemica” è diventata una tra le più abusate, incoraggiando un compiacimento peraltro fuori luogo perché nessuno conosce la fine della diffusione della Covid-19. L’Ema, già nel gennaio 2021, dichiarava: “Sempre più persone svilupperanno una memoria anticorpale nei confronti del virus in modo che non si presenti una malattia grave ed è probabile che in futuro questa patologia diventi parte integrante del calendario vaccinale, incluso nel piano nazionale di prevenzione, come ad esempio la vaccinazione esavalente o la vaccinazione anti-pneumococco».

Perché allora con Omicron si parla così tanto di transizione verso l’ende- mia, se si tratta di una variante più contagiosa delle precedenti?
«Proprio a causa di un’enorme diffusione della variante Omicron del virus, responsabile di una percentuale sempre crescente di popolazione contagiata – parallelamente all’impatto della vaccinazione – sta aumentando di conseguenza anche la diffusione dell’immunità di popolazione – primo step verso la cosiddetta “immunità di gregge”, che tuttavia è difficile sapere se si riesca a raggiungere –, tendenza che potrebbe favorire la transizione della pandemia verso l’endemicità».

Quanto è reale la fotografia che emerge dai dati? Non essendoci quasi più tracciamento, quante persone potrebbero essere positive senza saperlo?
«Il tracciamento in realtà è tuttora presente e quotidianamente lavorano migliaia di ricercatori che da quasi tre anni tentano di studiare, analizzare e raccogliere dati non per allarmare o creare fake news ma per comunicare con obiettività le “fotografie” che ne emergono. Il fatto che tra la prima ondata e le successive i contagi fossero minori è dovuto principalmente a due fattori: uno è legato alle misure di contenimento molto severe che erano in vigore durante il lockdown, l’altro al fatto che il numero dei contagi è ovviamente legato unicamente al numero dei tamponi analizzati. Per dare un’idea, nel settembre 2020 l’Italia ha superato per la prima volta quota 100mila tamponi eseguiti e all’inizio del 2022 si è raggiunta quota 1,5 milioni. La fotografia che emerge dai dati è concretamente reale: un indicatore fondamentale per misurare l’impatto della pandemia sulla popolazione è rappresentato dal valore dell’incidenza dei ricoveri di casi positivi ogni 10mila abitanti. L’indice è decisamente più basso oggi rispetto alla prima fase della pandemia: nella settimana appena conclusa (l’intervista è del 19 luglio, ndr) si sono registrati 5,5 ricoveri in terapia intensiva ogni 10mila casi mentre esattamente un anno fa i ricoveri risultavano essere 150 ogni 10mila casi. Anticipando i pensieri cinici: prima gli screening erano minori ma, ricordiamolo, erano in vigore misure di contenimento non farmacologiche ed il virus era più potente ma meno contagioso. In ultimo, ma non per importanza, ogni nuova infezione aumenta il rischio di long Covid; inviterei quindi i cosiddetti “tuttologi” a studiare fisiologia, una materia stupenda: il funzionamento del nostro organismo è un argomento “senza fine” estremamente interessante e la pandemia da Sars-Cov-2 ci ha obbligati, come scienziati, a rianalizzare tutti i meccanismi del corpo umano. Ciò che non viene ancora colta appieno è la rilevanza dell’entità della sintomatologia nei casi positivi: se due anni fa i pazienti presentavano quei sintomi gravi che tutti noi purtroppo ricordiamo, oggi – grazie alla campagna vaccinale ed allo sviluppo anticorpale – i sintomi posso essere gestiti decisamente meglio».

Giacomo Farneti

Giacomo Farneti

Molte persone hanno sintomi ma tamponi “fai da te” negativi per diversi giorni, può essere che sia perché usiamo tamponi progettati per individuare con altri tipi di varianti?
«Occorre innanzitutto distinguere le sindromi influenzali dall’infezione da Sars-Cov-2: ad esempio, nelle stagioni 2004/2005, 2006/2007 e 2012/2013 l’incidenza dei casi influenzali raggiunse il picco tra i mesi di giugno e settembre. Questo a indicare l’importanza di differenziare gli andamenti epidemiologici. Un monito da tenere sempre presente: non c’è solo il Covid- 19. Per quanto riguarda i tamponi antigenici, anche in questo caso i dati non mentono: la variante Omicron statisticamente spesso “sfugge” agli screening cosiddetti “rapidi” – circa il 40% dei casi positivi da Omicron possono risultare negativi allo screening rapido –. I test diagnostici antigenici attualmente utilizzati non possono e non devono rappresentare l’unico elemento “probatorio”: il continuo aggiornamento scientifico degli operatori sanitari in termini di diagnosi e terapia e la clinica rappresentano due tra i principali strumenti fondamentali per contrastare la diffusione del virus».

Qual è il bilancio degli addetti ai lavori sul vaccino? Chi dovrebbe davvero fare subito la quarta dose? Non sarebbe meglio “aspettare l’autunno”, come pensano in tanti?
«Al di là delle ideologia politiche o morali personali, i vaccini – le cui vicende sono forse uno dei capitoli più avvincenti e ricchi della storia della medicina – rappresentano indiscutibilmente un’arma importante per il contrasto alle patologie endemiche. Non ritengo abbia scientificamente senso “aspettare”: quando l’Oms, nei primi del Novecento, condusse una campagna vaccinale a livello mondiale contro il Vaiolo, l’obbligo di aderenza ad essa permise nel 1979 di dichiarare “eradicata” la malattia. Sarebbe utile che gli anziani e i pazienti fragili si vaccinassero ora, perché è purtroppo passato un messaggio sbagliato: biologicamente risulta inutile aspettare il nuovo vaccino che verrà. L’attuale può dare un rinforzo al sistema immunitario, non è “da buttare”. Attualmente sono in corso moltissimi studi che ci confermano la possibilità di avere nel prossimo autunno un vaccino che comprenda Omicron ma chi ci dice che ad ottobre non avremo la predominanza di una nuova variante?».

Cosa si può prevedere per l’autunno? Dovremo tornare a indossare le mascherine? Crede che sarà necessario tornare alle restrizioni degli anni scorsi oppure siamo pronti per conviverci?
«Nessuno può prevedere il futuro ma i miei studi mi hanno insegnato a riconoscere le predisposizioni interne ed esterne; ritengo ancora fondamentale l’utilizzo della mascherina chirurgica in luoghi dove il rischio di assembramento è alto, come l’utilizzo della mascherina FFP2 negli ospedali, RSA e simili per proteggere sia i pazienti che gli operatori perché, anche in questo caso, i dati, al contrario dei poco edotti, non creano fake news e le statistiche sui rialzi dei casi positivi anche in luoghi all’aperto sono reali. Penso che sia pleonastico ipotizzare restrizioni similari a quelle deliberate negli anni scorsi; basterebbe rispettare di più se stessi ed il prossimo».

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
MAR MOSTRA SALGADO BILLB 15 – 21 04 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24