Quelle improvvisazioni che fanno stare bene: dalla musica commerciale degli anni novanta fino all’Area Sismica

Blue Drink Drinks Favim Com 260436Musica impro, rumorismo, freejazz, contemporanea, avant, noise – vent’anni che l’ascolto e non ho ancora un modo di chiamarla che vada bene per tutto. Un po’ ci soffro. È che io ho iniziato ad ascoltare la musica nei primi anni novanta e allora si era molto più certosini con le etichette da affibbiare alle varie musiche. Ad esempio c’era LA COMMERCIALE. Avete mai sentito parlare delLA COMMERCIALE? Ad esempio c’erano i locali dove si andava a ballare La Commerciale, che era una sorta di macrogenere dance comprendente le cose italo meno spinte, alcuni influssi latini, alcuni riflussi afro degli anni ottanta e in generale tutto quello che avrebbe avuto una cassa più o meno dritta e qualche possibilità di passare in radio. Chi andava a ballare La Commerciale lo ammetteva senza problemi e con aria svagata, facendo peraltro benissimo: l’eredità artistica di quello che sto ballando non mi interessa, è sabato, voglio andare a ballare, voglio limonare, voglio bere un cocktail (qui si aprirebbe una specie di sottotrama: i cocktail più venduti si chiamavano angelo azzurro, B-52, max, scotch&scotch e simili: nessuno di questi cocktail ha dato prova di esistere dopo il 1998 e dal punto di vista antropologico-darwinista è senz’altro una delle estinzioni più sacrosante e meritate della storia).

L’esistenza de La Commerciale, in ogni caso, giustificava l’esistenza del suo contrario. È difficile anche capire quale concetto sia nato prima, ma gli anni novanta li abbiamo passati a cullare un desiderio di rivolta continua dentro al sistema che ci definisse come individui al di là degli indumenti che indossavamo. In altre parole, molti di noi ascoltavano musica per sancire la loro differenza con gli altri. Questo poteva portare a problemi sociali, ad esempio una certa ostentazione di disgusto verso i posti in cui veniva diffusa, o avrebbe potuto venir diffusa, musica simile a quella di Radio Deejay; ci ho messo almeno otto anni, dai 17 ai 25, per capire che: 1 del mio disgusto agli altri non poteva fregar di meno, e 2 era meglio essere preso male in un posto scelto dai miei amici che essere preso bene in un posto scelto da me. Nel primo caso abbozzi e ti ubriachi, nel secondo i tuoi amici iniziano a guardare gli orologi venti minuti dopo essere entrati.

Comunque avevamo tutta una teoria musicale che ci teneva lontano dalLa Commerciale: musica oscura, musica abietta, musica arrabbiata, musica rovinata eccetera. Si ascoltavano il punk e il metal e il rap, senza troppa soluzione di continuità, rispettandosi tacitamente a vicenda – tipo: Tizio ascolta gli Helloween, a me fanno cagare ma sempre meglio gli Helloween che Radio Gamma (no).

La musica di cui parliamo oggi, concettualmente, nasce di seconda o terza generazione. Ci sono questi tizi della non commerciale, ok? Ma se si riflette troppo sul concetto di non-commerciale, s’inizia a dover fare dei distinguo. Esempio: gli Iron Maiden e i Green Day saranno pure non-commerciali ma i loro bei milioni di copie li vendono. È perché sono più puri degli altri? È perché sono più dotati musicalmente? O è perché in realtà sono, brr, commerciali? Oddio, aiuto. Forse sì. Così si smette di ascoltare gli Iron Maiden e si passa agli Slayer: brutti sporchi cattivi e tutto il resto. Poi in effetti anche gli Slayer o i Pennywise non è che siano oscuri, ecco, e si va avanti così. A furia di fare dei distinguo, dieci anni dopo eravamo tutti jazzisti. Dal punk passi all’hardcore, e da lì passi al noise, e dal noise passi all’impronoise. Ma per farlo devi anche avere la mente aperta, e da lì è un attimo attaccarsi al freejazz rumorista, e già che adesso ci piacciono i sassofoni tanto vale mettere il Coltrane sperimentale, e poi Coltrane in generale, e a quel punto tanto vale iniziare col jazz classico e la classica contemporanea e magari con la classica e basta.

The Necks

The Necks

A quel punto hai due possibilità: smetti di ascoltare del tutto la musica o persegui le tue inclinazioni. Nelle pieghe ideologiche inutilizzate di questa forma mentis, tuttavia, tendono a crearsi delle sacche di musica della madonna che magari è jazz o avant o noise però è anche molto punk, o è roba per fricchettoni ma coi sassofoni eccetera. E se vieni a contatto con queste sacche, puoi trovarti a passare una ventina d’anni di vita godendo i frutti di territori ideologicamente inesplorati in cui ognuno, a discapito dell’uniformità ideologica dei tempi moderni, continua a suonare la musica che preferisce. Ci sono posti dove questa musica diventa l’ossatura del vivere civile: il posto dove succede più di tutti gli altri, in Romagna, è una specie di casa colonica in uno di quei paesini che neanche i residenti saprebbero dirti con esattezza dove cazzo si trova. Se sei stato anche solo una volta all’Area Sismica te lo ricordi, e se ci sei stato anche solo una volta ci vuoi ritornare. Incidentalmente, è anche un’associazione culturale che mette mano da decenni ad una delle più pazzesche programmazioni di live a cui si assista in questa parte del mondo.

Il fiore all’occhiello di questa programmazione è l’Open Music, che si terrà il 13 e 14 ottobre ai musei San Domenico. Se leggete il programma magari non vi dirà molto, o magari state aspettando da dieci anni l’occasione di vedere i The Necks, magari assieme a qualche progettino di Ken Vandermark (che non fa mai male), il viso sorridente di Andy Moor degli Ex, tante improvvisazioni o semimprovvisazioni, tanto stare bene, una bellissima cornice, un qualche senso alla propria vita di oscurantisti musicali. Sempre viva.

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