Là dove si fanno 30mila piadine all’ora. E si vendono anche in Australia

Il caso Deco Industrie di Bagnacavallo, con 18 milioni di confezioni inviate in un anno nei supermercati di tutto il mondo (solo una piccola percentuale viene venduta in Romagna): «Con il marchio Igp abbiamo fatto chiarezza ed eliminato prodotti falsi»

Piada

Uno scatto negli stabilimenti della Deco in cui si produce la piadina

Immaginatevi 30mila piadine. Una per ogni residente di Lugo, più o meno. Trentamila piadine, negli stabilimenti di Deco Industrie, vengono sfornate in un’ora. E per 24 ore al giorno se necessario, ininterrottamente. Complessivamente in un anno sono circa 18 milioni le confezioni (da 3, 4 o 5 piadine tra tradizionali, al kamut, “light”, integrali, per una dozzina di tipologie in tutto) prodotte dal gruppo di Bagnacavallo, tra le realtà più importanti che hanno fondato il Consorzio di promozione che ha promosso e ottenuto la certificazione Igp.

Un marchio di qualità di cui si può fregiare ovviamente anche una delle varie tipologie prodotte da Deco (quella che rispetta il disciplinare approvato dall’Unione europea) della ormai celebre “Loriana”, dal nome della signora che, insieme al marito Eolo aprì un laboratorio artigianale a Forlì negli anni sessanta. Nel decennio successivo da quel laboratorio nasce la società Vera Romagna che, confezionata a peso, inizia a commercializzare la piadina a marchio Loriana fuori dai confini regionali, per poi proseguire la propria espansione grazie anche agli spot degli anni novanta con il sottofondo della musica di Casadei, fino all’acquisizione all’inizio degli anni duemila da parte di Deco, che continua a produrla negli stabilimenti di Forlì, su una superficie di 2.500 metri quadrati, occupando (solo per le piadine) oltre cinquanta persone.

A parlarcene è il responsabile Paolo Emilio Schiavetti, che ha vissuto il passaggio tra la “bottega” e quella che oggi è «un’industria tecnologicamente molto avanzata». «Noi pensiamo che tutti possono contribuire a migliorare la visibilità e far conoscere la piadina in Italia e nel mondo – ci dice tornando al marchio Igp fortemente voluto da Deco – e che la certificazione abbia fattto chiarezza e possa contribuire a togliere dal mercato tanti prodotti all’estero che non avevano né arte né parte ma che erano venduti come piadina romagnola. Riteniamo che la piadina industriale non abbia niente da invidiare a una di un chiosco e che le due attività debbano collaborare per far accrescere il successo di questo prodotto che noi otteniamo per esempio da una farina di filiera di grani romagnoli, tracciati, che seminiamo insieme a un consorzio di sementi e a Terremere in determinati terreni facilmente individuabili».

E la produzione vera e propria? Come si produce una piadina industriale? «Rivisitando i procedimenti manuali e storici in chiave industriale – continua Schiavetti –: a mano si impasta un chilo di farina in dieci minuti, con le nostre macchine impastatrici riusciamo invece a fare circa 400 chili di pasta in venti minuti. Poi viene porzionata e stesa, cotta su forni a fiamma diretta che vanno a ricalcare l’idea della piastra e del testo, raffreddata e poi confezionata». Verso supermercati e, in particolare, verso il resto dell’Italia e del mondo. Perché solo una piccola percentuale viene venduta in Romagna. «Difficile essere profeti in patria – sorride Schiavetti –, i nostri mercati principali sono Lombardia e Veneto ma guardando i flussi di vendita ci sono anche molte sorprese, come la Puglia, nonostante abbia tanti prodotti nel campo della panificazione, o il resto d’Europa fino alle vendite negli Stati Uniti e in Australia, grazie in particolare a colonie di italiani espatriate».

Secondo Schiavetti il segreto della piadina è insito nella Romagna, e in particolare nella Riviera. «Chi, almeno tra gli italiani, non è mai stato in vacanza in Romagna? Ecco, io credo che con la piadina le persone cerchino anche di rivivere il ricordo di quella vacanza, una volta tornati a casa…».

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