Abiti firmati tarocchi comprati via web, sanzioni fino a 7mila euro per 104 clienti

Operazione “Quattro chiacchiere”: Facebook e Whatsapp usati per accordarsi poi i pagamenti con ricariche Postepay e le spedizioni tenendo nascosti i magazzini dei fornitori. Denunciate anche 68 persone dell’organizzazione illecita

WhatsappMaterial1Usavano Facebook come vetrina virtuale per mostrare capi di abbigliamento e accessori firmati a prezzi stracciati poi tenevano i contatti con gli interessati all’acquisto via Whatsapp e dopo aver ricevuto il pagamento su una carta Postepay si facevano spedire da un fornitore la merce tarocca per consegnarla all’aquirente finale. In buona sostanza era questa l’organizzazione messa in piedi da una ramificata organizzazione che sfruttava i social network per piazzare prodotti contraffatti su tutto il territorio nazionale: la guardia di finanza di Ravenna, coordinata dal sostituto procuratore Lucrezia Ciriello, ha denunciato 68 persone (10 fornitori e 58 rivenditori) per i reati di contraffazione e di ricettazione. In circa un anno e mezzo di attività illecita, secondo i Finanzieri, l’organizzazione avrebbe prodotto un fatturato di oltre 600mila euro in nero. Anche agli acquirenti finali individuati, 104 persone, sarà contestata la violazione amministrativa prevista per l’incauto acquisto, che prevede una sanzione pecuniaria da 100 a 7.000 euro.

L’operazione “Quattro chiacchiere”, dal nome di uno dei gruppi di Whatsapp creato tra fornitori e rivenditori, è partita monitorando l’attività su Facebook di una donna di Riolo Terme. Nel corso della perquisizione della sua abitazione le Fiamme Gialle hanno effettivamente individuato un considerevole quantitativo di merce contraffatta. I marchi erano i più noti del panorama dell’alta moda e non solo: Louis Vuitton, Gucci, Prada, Michael Kors, Colmar, Moncler, Liu Jo, Adidas e Nike.

FotoÈ stato sequestrato il telefono cellulare dell’indagata ed è saltato fuori tutto un mondo di affari illeciti: un’estesa rete di rapporti tra alcuni soggetti fornitori di capi di abbigliamento taroccati, operanti nelle province di Napoli e Salerno, ed una pluralità di rivenditori dislocati su tutto il territorio nazionale, tra i quali anche la donna di Riolo.

Per preservare la riservatezza dei fornitori della merce illegale, nella totalità dei casi agli spedizionieri nazionali incaricati della consegna del pacco contenente i falsi articoli non veniva comunicato il reale indirizzo del mittente, ma un indirizzo fittizio; stratagemma che tuttavia non ha impedito alle Fiamme Gialle di individuare nei magazzini dei corrieri i plichi in partenza verso i rivenditori, che sono stati sottoposti a sequestro.

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