Caporalato nei campi, 4 arresti e due permessi di soggiorno per lavoratori sfruttati

Sviluppi nella vicenda emersa nella primavera del 2020 in un casolare: venti stranieri ammassati, lavoravano fino a 80 ore a settimana per 50 euro al mese

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Il casolare dove dormivano le persone sfruttate (foto Ansa)

La questura di Ravenna ha rilasciato un permesso di soggiorno speciale “per grave sfruttamento lavorativo” (come previsto dal Testo unico sull’immigrazione) a due migranti richiedenti asilo sfruttati da un’organizzazione criminale per lavori nei campi. La casa di campagna in cui erano domiciliati si trovava a Bagnara. In totale più di venti lavoratori (in gran parte pachistani e afghani, sia in possesso di un titolo di soggiorno che richiedenti asilo).

A conclusione delle indagini, la polizia ha arrestato quattro pachistani per un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di caporalato: avrebbero reclutato i lavoratori poi accompagnati al lavoro tra minacce e intimidazioni, oltre ad aver individuato e gestito i committenti.

Secondo la ricostruzione dei fatti, al mattino i lavoratori sfruttrati venivano condotti a lavorare per raccogliere frutta e verdura o potare gli alberi fuori dal territorio di Bagnara (con viaggi medi di un’ora), per tornare solo alla sera, guadagnando 50 euro al mese e lavorando fino a 80 ore settimanali. La vicenda emerse nella primavera del 2020. Alcuni lavoratori avevano preso contatti con la Flai Cgil di Forlì per il controllo degli stipendi e dei contributi previdenziali. Successivamente, a pandemia in corso, si è attivata la Flai Cgil di Ravenna, poiché la casa di campagna in cui erano domiciliati si trovava a Bagnara. Il sindacato e il Comune hanno subito contattato le forze dell’ordine e attivato i servizi sociali per offrire ai lavoratori un sostegno alimentare e la sanificazione dei luoghi in cui vivevano.

Le indagini della squadra mobile di Forlì hanno ricostruito un quadro di sfruttamento da parte di un’organizzazione che li faceva lavorare in diverse aziende agricole non solo dell’Emilia-Romagna e li alloggiava senza acqua calda, poco cibo e materassi a terra ammassati in poche stanze. Attraverso il coinvolgimento della Regione Emilia-Romagna, che a sua volta ha attivato il servizio Immigrazione del Comune di Ravenna, è stato possibile l’ingresso di due lavoratori all’interno di un progetto “Oltre la Strada” (sistema integrato di interventi socio-sanitari nel campo della prostituzione, del grave sfruttamento e della tratta di esseri umani). Tra i loro diritti è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno speciale per grave sfruttamento.

La Cgil Emilia-Romagna esprime soddisfazione per questo esito e per l’iniziativa messa in campo, «che va sempre perseguita affinché i lavoratori deboli vengano sottratti dal giogo di nuovi sfruttatori e di reti criminali che violano i diritti e la dignità umana». Le organizzazioni confederali dell’Emilia Romagna si sono costituite parte civile anche nel processo di Forlì per rivendicare il ruolo di garanzia della tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

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