La misteriosa storia del mosaico sepolto sotto il parcheggio comunale

Dalle carte di Arnaldo Roncuzzi emerge una vicenda sconosciuta: negli anni Settanta fu ritrovato ma non estrapolato un bel pavimento che Ave Ravenna pensa sia della chiesa del Beato Eusebio. Si trova nel parcheggio Romolo Augostolo

 

Arnaldo Roncuzzi

Arnaldo Roncuzzi

Un magnifico mosaico figurato multicolore, con prevalenza del rosso, sepolto dal cemento di un parcheggio. Una storia in parte simile a quella di piazza Kennedy, sconosciuta alla quasi totalità dei ravennati. Il mosaico fu ritrovato dall’ingegner Arnaldo Roncuzzi – scomparso all’età di 89 anni lo scorso dicembre – grande esperto d’idraulica e cultore di archeologia in grado di legare il proprio nome alle scoperte archeologiche di Classe, dove contribuì al ritrovamento dell’Antico porto.

Roncuzzi ne parla nei documenti raccolti e conservati dal comitato Ave Ravenna, che abbiamo avuto modo di consultare. In particolare la scoperta di cui sopra avvenne durante i sondaggi realizzati negli anni Settanta per i rilievi dei murazzi costieri romani che costituivano la difesa per l’erosione marina e che da Classe arrivavano fin oltre la Rocca Brancaleone. E in questa zona, sopra a un murazzo alla profondità di circa due metri, Roncuzzi rinvenne il pavimento mosaicato («che mi pento di non aver fotografato», si legge nei documenti storici) appartenente ai resti di una chiesa del V-VI secolo. «Probabilmente – ci scrivono da Ave Ravenna sulla base dei loro studi – si tratta della chiesa consacrata al Beato Eusebio, la stessa in cui dimorò Massimiano (il primo arcivescovo di Ravenna, dal 546 al 556, ndr) prima di essere accettato in città».

Città che in quel periodo vedeva infatti il vescovo istriano come una sorta di usurpatore, un rappresentante del potere imperiale, essendo stato inviato a Ravenna dall’imperatore bizantino Giustiniano. «Per questo motivo – continua il comitato – dimorò per anni nella chiesa ariana, lui invece vescovo cristiano, del Beato Eusebio, fuori dalle mura, a nord della città, non lontano dalla Porta Anastasia». In questo caso – ricordava Roncuzzi – sotto l’altare potrebbe trovarsi il deposito dell’oro di Massimiano. Il riferimento è all’oro dei mosaici di San Vitale, la basilica che lo stesso Massimiano contribuì fortemente a costruire e dove curò la realizzazione dei celebri mosaici con i ritratti di corte di Giustiniano e dell’imperatrice Teodora in cui si fece ritrarre accanto all’imperatore e con il nome scritto a chiare lettere.

Ricostruita la storia, arriviamo al cemento. Le fondamenta della chiesa dove dimorò Massimiano e dove Roncuzzi dichiara di aver ritrovato il mosaico sono infatti individuabili nell’area del parcheggio comunale Romolo Augustolo, adiacente la casa di cura San Francesco di Ravenna. La chiesa con il tempo ha poi cambiato nome in San Giovanni in Marmorario in quanto posizionata di fronte al bacino commerciale (nei terreni dell’area ex Amga di via Venezia) adibito principalmente allo scarico, deposito e lavorazione dei marmi. Chiesa che diventa poi sede della Compagnia della Buona Morte – un ordine religioso che aveva il compito di accompagnare al patibolo i condannati a morte, di donargli l’ultima preghiera e curarne la sepoltura –, distrutta verso l’anno 1000 e trasferita nella piazzetta delle antiche carceri, dove se ne perdono definitivamente le tracce con l’edificazione della prefettura.

L’appello di Ave Ravenna è quello – oltre che di tenerne conto nella Carta delle potenzialità archeologiche, in ultima fase di realizzazione – che i mosaici pavimentali in tessere rosse della chiesa di San Giovanni in Marmorario siano estrapolati ed esposti, magari nella chiesa di San Nicolò (sede del museo Tamo), «riconoscendone con una targa la scoperta all’ingegner Roncuzzi».

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