I tre capolavori di Mozart-Da Ponte per una “perfetta” Trilogia d’Autunno

Le Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte in scena all’Alighieri in successione, dal 31 ottobre al 6 novembre, grazie ad una originale coproduzione europea. Ce ne parla il direttore artistico Angelo Nicastro

Yashima Conti Renzetti Direzione Trilogia 2022

Sul podio dell’Orchestra Cherubini per la Trilogia d’Autunno tre giovani maestri (da sinistra): Yarina Yashima, Giovanni Conti, Tais Conte Renzetti, tutti allievi di Riccardo Muti

Le Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte, l’elenco in ordine è questo. Per i cultori del teatro musicale storico e in particolare gli appassionati di Wolfgang Amadeus Mozart si tratta di un classico dei classici.
Grazie ad una coproduzione di respiro europeo, potremo ammirare queste perle in occasione della “Trilogia d’Autunno” del Ravenna Festival 2022, una dopo l’altra, in sei serate, dal 31 ottobre al 6 novembre. Il progetto ce lo racconta il codirettore artistico del Festival, Angelo Nicastro, che ha seguito all’Opéra National de Bordeaux gli allestimenti della serie, per mettere a punto i problemi organizzativi e tecnici della venuta in Italia delle tre opere. Una produzione nata fra il Teatro del castello di Drottningholm in Svezia e l’Opéra Royal de Versailles in Francia, poi via via estesa, appunto, a Bordeaux, Barcellona e nei prossimi giorni a Ravenna e altri teatri italiani, da Rimini a Salerno.

Quelli di Mozart e Da Ponte sono capolavori immortali, sempre brillanti, intriganti e seducenti. Non è vero Nicastro?
«Direi che sono un prodigio, come capita a volte nella storia dell’arte, un miracolo creativo scaturito dall’incontro di due genialità, l’una musicale l’altra letteraria. Le tre opere sono in realtà un unicum, create in successione a distanza di qualche anno, a fine Settecento, con una evocativa connessione. C’è un filo rosso tematico che le rende un affresco musicale e teatrale organico. E poi c’è l’uso raffinato dell’italiano, la malizia dei doppisensi e dei colpi di scena, il godimento del gioco e del divertimento…».

Angelo Nicastro, Codirettore Artistico Ravenna Fstival

Il codirettore artistico del Ravenna Festival Angelo Nicastro

Ravenna ha avuto modo di presentare al pubblico, grazie al Festival e alle stagioni d’opera dell’Alighieri un paio di notevoli versioni di questa formidabile trilogia…
«Certo, la prima da citare è quella con Riccardo Muti sul podio dei Wiener Philharmoniker, prodotta dal Statsoper di Vienna. Quello di Muti resta un vertice assoluto dal punto di vista musicale, ed è stato un privilegio per Ravenna visto che l’orchestra dei Wiener l’opera l’esegue solo a Vienna e Salisburgo. Ma vanno ricordati anche i pregevoli allestimenti nati per il Festival di Spoleto e poi ammirati anche nel nostro teatro di tradizione. E ora presentiamo questa triade di capolavori in una sequenza ravvicinatissma, direi straordinaria sul piano della messa scena».

In questo ambito così complesso e oneroso sul piano creativo e organizzativo le coproduzioni sono importanti…
«Per capolavori di tale valore sono necessari progetti di alto livello, ben supportati, realizzati in sinergia fra molteplici strutture produttive. Dopo il Mozart-Da Ponte di Vienna e Spoleto, adesso siamo arrivati a inserirci in questa cordata europea legata ad unico modulo di rappresentazione che ci consente di potere offrire le tre opere al pubblico delle sei recite ravennati, per l’appunto, in continuativa e stretta successione».

Qual è l’origine di questa scelta del Festival?
Ho visto Così fan tutte nel 2017 a Versailles e sono rimasto impressionato dall’ideazione di un unico impianto scenico che si avvicinava molto al nostro concetto di trilogia. Cioè portare in scene tre opere ravvicinate nel tempo, legate da un filo conduttore, una dietro l’altra in un palcoscenico tradizionale come quello dell’Alighieri. A suo tempo, il limite per così dire strutturale del nostro teatro, fu superato da quel supporto tecnologico delle proiezioni sceniche che ha avuto esiti postivi e fortunati grazie ad una intuizione di Cristina Mazzavillani Muti in varie edizioni della Trilogia d’Autunno. Poi quando ho visto questo allestimento, che si basava sulla semplictà di un teatrino settecentesco, ho pensato: una messa ina scena del genere fa proprio al caso nostro. Ci è congeniale perché agevole e pratico anche sul piano funzionale».

Entriamo nei particolari delle opere…
«È un progetto molto ben calibrato, concepito dal regista Ivan Alexandre, assieme allo scenografo Antoine Fontaine, quasi fosse un sequel, tre episodi di uno stesso racconto armonico. La scelta registica ha voluto evidenziare la connessione tematica concependo uno spazio essenziale che rievoca una compagnia itinerante dove gli attori-cantanti si muovono e si trasformano, vestendo panni diversi a seconda degli episodi».

Una sorta di meta-spettacolo che riflette sulla stupefacente magia del teatro, della sorpresa, del travestimento…
«C’è una grande energia che si esprime sul palcoscenico, ci riporta alle messe in scena del tempo, quando le recite venivano cucite intorno ai cantanti che potevano interpretare più di un personaggio. E c’è una sorta di complicità, che coinvolge i protagonisti del gioco delle parti. Tant’è che questa produzione farebbe fatica a vivere senza l’affiatamento dei cantanti che fanno parte del cast operistico».

Se si tratta di una collaborazione, cosa caratterizza l’allestimento italiano delle tre opere che vedremo a Ravenna?
«Che abbiamo aderito al progetto nel suo insieme però cambiando la compagine orchestrale e i direttori: l’orchestra giovanile Cherubini e tre giovani maestri – legati all’Accademia di Riccardo Muti – Giovanni Conti, Yarina Yashima e Tais Conte Renzetti, per dare un’impronta autonoma alla trilogia. Voglio sottolineare che rimontare le opere con la “nostra” orchestra è stata una variante complessa e importante per una produzione compatta e già avviata come questa, ma dimostra la fiducia che la compagine orchestrale della Cherubini ha guadagnato sul campo, la stima per il Maestro Muti, e il valore di competenza e affidabilità di cui gode il Ravenna Festival».

Concludiamo parlando di voci, a chi saranno affidate le memorabili arie di Mozart-Da Ponte?
«Il cast vocale comprende diversi artisti italiani, che per fortuna facilita il compito, vista la necessità di una pronuncia perfetta, della dizione corretta, della capacità di comprendere a fondo il testo. Ma sono presenti anche cantanti stranieri, come ad esempio il basso-baritono canadese Robert Gleadow, artista emergente molto preparato e di una vitalità straordinaria sul palco. Possiamo citare, fra i tanti ruoli, il baritono Clemente Antonio Daliotti, già brillante protagonista di Transitus nella Basilica di San Vitale a giugno scorso, e poi Arianna Vendittelli, che è nata artisticamente qui a Ravenna con Riccardo Muti, ma ormai è affermata a livello internazionale. Inoltre il baritono Christian Federici, già coinvolto nella Carmen della Trilogia edizione 2019, il tenore Anicio Zorzi Giustiniani, pure lui già selezionato in alcune produzioni del nostro Festival. E fra le altre voci femminili vanno citate le brillanti e già apprezzate voci di Ana Maria Labin e Miriam Albano. E non va dimenticata la pregevole vocalità del Coro Cherubini e del Coro 1685 dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “G. Verdi” di Ravenna, chiamati a dar corpo alla tessitura lirica dei tre titoli. La bravura di questi artisti, anche come attori, contribuisce a rafforzare un’idea unitaria per cui al cambiare dei titoli variano anche i ruoli. C’è quel senso della compagnia che funziona molto bene proprio perché svolto da interpreti di qualità. Un gioco divertente che il pubblico saprà sicuramente apprezzare nel suo esuberante “trasformismo”».

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