L’escavo dei fondali si regge su una cassa di colmata piena di fanghi sotto processo

La Nadep sorge su un’area di Sapir che incassa un milione all’anno di affitto dall’Autorità portuale: non è mai stata sequestrata ma i 650mila mc di sedimenti al suo interno per la procura sono da considerare rifiuti dopo la scadenza delle autorizzazioni. Dieci manager alla sbarra per reati ambientali

Nadep

In primo piano la cassa di colmata Nadep, adiacente alla piallassa Piomboni. Ha una capienza di 900mila mc e sorge su un’area di 17 ettari

Il fulcro per la realizzabilità del progetto “Hub portuale” per approfondire i fondali del Candiano è un’area di circa 17 ettari di proprietà della Sapir, terminalista controllato dagli enti pubblici, tra via Trieste e la sponda destra del Candiano a ridosso della piallassa Piomboni tra Ravenna e Marina. Lì si trova la cassa di colmata denominata Nadep che ha una capacità di 900mila metri cubi: l’intenzione dell’Autorità portuale è di usarla per il deposito dei fanghi del nuovo dragaggio che dovrà iniziare nel 2019 per il tempo necessario (circa un anno) alla loro stratificazione che consenta di separare la parte conferibile alle cave da quella che invece servirà per alzare il piano campagna delle future piattaforme logistiche. La cassa verrà utilizzata in maniera determinante, riempita e svuotata più volte, nell’ambito delle operazioni di movimentazione e definitiva collocazione dei sedimenti da dragare. Attualmente Sapir incassa dall’Autorità portuale un affitto che ammonta a poco meno di un milione di euro all’anno.

Oggi l’area accoglie circa 650mila mc di materiale dragato in passato e chiamato di categoria B dalle definizioni stabilite dalla legge: si può usare per opere infrastrutturali ma non per il riempimento delle cave. Il materiale al suo interno è una parte di quello al centro di un processo che vede alla sbarra dieci manager del mondo portuale (Ap, Cmc e Sapir) per presunti reati ambientali: l’accusa ritiene che i fanghi siano stati lasciati oltre i termini concessi dalle autorizzazioni (in gergo chiamate R13) che prevedevano lo svuotamento e quindi vadano considerati alla stregua di rifiuti. Nel dettaglio i sedimenti nella Nadep fanno riferimento a una autorizzazione che era stata rilasciata alla Cmc. Su questa stessa vicenda in passato Alvaro Ancisi, consigliere comunale di opposizione, ha sollevato il caso delle mancate fideiussioni a garanzia.

Dalla presentazione pubblica si apprende che il nuovo progetto di Ap prevede lo svuotamento della Nadep con il trasferimento del materiale nella cassa di colmata Trattaroli che a sua volta dovrà essere prima svuotata del materiale al suo interno e conferibile in cava: queste due operazioni richiederanno circa 150mila viaggi di camion per un costo stimato tra 7 e 10 milioni di euro che, come fa sapere Ap, rientrano nei 235 totali previsti per il progetto.

«Tutta la tempistica e il successo di questo progetto girano attorno alla cassa Nadep», ha detto il presidente dell’Autorità portuale alla presentazione pubblica. Abbiamo quindi chiesto ai vertici di via Antico Squero di poter capire meglio come verrà gestita la questione dei materiali oggi depositati in quella cassa: ci hanno risposto ricordando che la Nadep non è mai stata oggetto di alcun sequestro, «vi è però una vicenda giudiziaria ancora aperta e dunque preferiamo non entrare più approfonditamente nella questione». Considerata la criticità della cassa Nadep per il progetto, «l’intenzione di Ap è provvedere al suo svuotamento ponendo poi in essere tutte le eventuali azioni di rivalsa a tutela degli interessi pubblici».

Una volta svuotata, la Nadep potrà diventare lo spazio da utilizzare per il deposito dei fanghi del nuovo dragaggio che dovrà iniziare nel 2019 per il tempo necessario (circa un anno) alla loro stratificazione che consenta di separare la parte conferibile alle cave da quella che invece servirà per alzare il piano campagna delle future piattaforme logistiche.

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