Reddito cittadinanza, i centri per l’impiego: «Non cambierà il mercato del lavoro»

Il dirigente Panzavolta spiega le criticità possibili: «Le aziende possono scegliere chi vogliono e spesso si tratta di un rapporto fiduciario. Gli sgravi per chi assume? Non sono competitivi rispetto a un contratto di apprendistato». In provincia nel 2017 secondo l’Istat c’erano 12.983 persone in cerca di occupazione e gli utenti degli uffici collocamento con disponibilità immediata erano 10.140

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L’interno del centro per l’impiego

Chiave di volta per l’erogazione del Reddito di cittadinanza (Rdc), ha spiegato più volte il ministro Luigi Di Maio, saranno i Centri per l’impiego: tanto spesso bistrattati, già coinvolti in altre iniziative come la Garanzia giovani del governo Renzi, ora gli uffici di collocamento sono al centro della riforma del governo Conte. Dovranno essere potenziati con nuove figure, come i navigator (consulenti per le persone in cerca di lavoro che riceveranno il Rdc), e si troveranno comunque a gestire una mole di lavoro che si prospetta in crescita. Basti dire che secondo alcune stime i potenziali beneficiari del Rdc nella provincia di Ravenna potrebbero essere oltre 10mila.

Si tratterà ora di capire quanti di questi sono già utenti dei tre centri per l’impiego del Ravennate (nel 2017 erano effettivamente poco più di 10mila quelli “disponibili al lavoro”), oggi afferenti a un’agenzia regionale e non più alla Provincia, e che hanno sede come noto nel capoluogo, a Lugo e a Faenza. Ne abbiamo parlato con Andrea Panzavolta, dirigente dei Servizi per il Lavoro di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena che ci ha spiegato come già la Regione Emilia-Romagna abbia di recente provveduto a circa 140 assunzioni di personale tra stabilizzazioni e nuovi ingressi, che hanno riguardato in misura assai marginale il nostro territorio, dove già si era provveduto in questo senso negli anni passati. «Pare che i navigator saranno assunti dalla società di servizi Anpal in seno al ministero del Lavoro – ci spiega – ma è vero che altro personale dovrebbe essere invece assunto dalle Regioni. Tutto sembra dover avvenire con grandissima fretta ma ci sono tempi tecnici non comprimibili, perché per fare assunzioni di questo tipo tramite concorso pubblico servono molti mesi, tra procedure di mobilità, bando e selezioni. Per le ultime che abbiamo effettuato ci abbiamo messo, correndo, quasi otto mesi».

Ma cosa dovranno fare in più, vecchi e nuovi addetti dei Centri per l’impiego? E soprattutto, c’è davvero un’offerta che potrà soddisfare le eventuali nuove domande? «Questo è il vero problema – risponde Panzavolta – perché è chiaro che il reddito di cittadinanza è innanzitutto una misura di contrasto alla povertà, non servirà a cambiare il mercato del lavoro che, se non è più stagnante come sei anni fa, non ha comunque un’offerta così ampia come quella che si immagina per reinserire tutti i potenziali percettori del Rdc. Del resto un’attività simile a quella prospettata dal Rdc già la stavamo facendo con il Rei per una platea sicuramente più ridotta, ma anche con misure analoghe previste dalla Regione Emilia-Romagna e non sono mancati i casi in cui abbiamo verificato che non c’erano le condizioni per avviare le persone nel mondo del lavoro. Per tutte le persone che hanno abbiamo preso in carico nell’ambito di queste politiche, di concerto con i servizi sociali sono stati costruiti percorsi personalizzati di attivazione che a volte hanno previsto la partecipazione ad attività di formazione o a tirocini come si prevede anche per il Rdc».

Centro Per L'impiegojpg01Quello che Panzavolta lascia intendere, e che è ben noto a chi si occupa del tema, è che esistono anche persone particolarmente fragili e problematiche che non riescono a mantenere un posto di lavoro nemmeno qualora lo trovino. Certo, ora la platea è destinata ad allargarsi e soprattutto tante persone che magari si rivolgevano ai Centri solo per certificare la condizione di disoccupazione ora, per ricevere il Rdc, dovranno invece attivarsi per la ricerca del lavoro. Ma questo, pare di capire sentendo chi si occupa dell’incrocio domanda-offerta, non sarà necessariamente un vantaggio. «Quando cerchiamo una persona per un’azienda – spiega Panzavolta – facciamo prima di tutto anche un servizio all’azienda cercando il candidato più vicino alle caratteristiche ricercate. Siccome le aziende possono assumere chi ritengono più idoneo e più adatto non hanno nessun interesse ad assumere qualcuno motivato principalmente solo dal timore di perdere il Rdc. Soprattutto in un tessuto di piccole e medie aziende, dove il lavoro non è certo più quello di impostazione fordista in cui ognuno è sostituibile e in un contesto come il nostro nel quale le assunzioni hanno spesso il carattere di investimento fiduciario». Non a caso gran parte delle assunzioni in regione avviene soprattutto tramite la rete di conoscenze di imprenditori e candidati. I contratti che passano dai centri per l’impiego sono 20mila l’anno in tutta l’Emilia Romagna, di cui una parte consistente a tempo determinato e anche con caratteristiche stagionali. E del resto tra le persone che da più tempo cercano lavoro e sono iscritte ai centri ci sono over 45 e over 55 che le aziende tendono a non scegliere, preferendo giovani, più versatili sulle nuove tecnologie e inquadrabili come apprendisti, con enormi vantaggi contributivi fiscali.

Vero è che il nuovo RdC prevede però che l’azienda che assuma un beneficiario dell’assegno potrà godere di sgravi pari a quella cifra per qualche mensilità. Questo potrebbe rendere i cinquantenni disoccupati più competitivi? E potrebbe spingere più aziende a rivolgersi al centro per l’impiego? «Lo sgravio rispetto a un apprendistato dal punto di vista economico non è per nulla competitivo, ma è vero che se le aziende vorranno godere di questo vantaggio non potranno fare a meno di rivolgersi a noi». E la “quota 100” per le pensioni potrebbe almeno liberare nuovi posti di lavoro, magari per chi prenderà il Rdc? «Mi sembra difficile, se non impossibile. Diciamo che per entrambe queste misure, che ovviamente mi astengo dal giudicare sotto il profilo politico e di opportunità generale, mi sembra poco realistico pensare che avranno un impatto espansivo sul mercato del lavoro se non attraverso gli eventuali effetti indotti da un incremento dei consumi».

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