Il pane quotidiano, buono e salutare preparato dalle “fornarine”

Marco Luongo e Jacopo Mutti di Akami, hanno dato vita ad un progetto di panificio artigianale con un team tutto femminile che realizza prodotti da forno con lievito madre, farine bio e integrali

Luongo, Mutti E Le Fornarine

Da sinistra, Jacopo Mutti e Marco Luongo con tre delle cinque fornarine che si alternano al lavoro nel panificio di via di Roma a Ravenna: Maddalena Sessa, Antigone Vocaj, Sara Savorelli, Elisa Manzoni, Margherita Servadei

È un pane autentico – si potrebbe dire come quello di una volta, fatto in casa o dai vecchi fornai – fragrante, buono e salutare quello preparato ogni giorno dalle “fornarine” nel loro laboratorio e rivendita di via di Roma (angolo via Rocca ai Fossi) a Ravenna. L’operazione nasce dalla passione e dall’esperienza in campo gastronomico di Marco Luongo e Jacopo Mutti, soci e sodali dell’impresa Akami, nota in città anche per attività di ristorazione e gestione di locali (dal ristorante-bar in Darsena PopUp al bar-ristoro della Rocca Brancaleone). Poco più di un anno fa, hanno dato vita ad un progetto di panificio artigianale – “La Fornarina” – con un team tutto femminile che realizza prodotti da forno con lievito madre, farine bio e integrali macinate a pietra, da grani antichi e selezionati di coltivatori della Romagna,

Come vi è venuto in mente di fare i fornai?
«Abbiamo sempre fatto il pane in casa per le nostre attività di ristorazione, peralatro molto apprezzato dagli avventori – puntualizza Marco Luongo –. Durante la pandemia, viste le dure restrizioni del lockdown, abbiamo pensato di concentrarci su di un alimento fondamentale come il pane, avviando una vera e propria attività, produttiva e commer- ciale nel campo della panificazione, sviluppando le nostre ricerche sulle materie prime. Abbiamo ricostruito l’attività di un vecchio forno all’angolo fra via Roma e Rocca ai Fossi, che era lì dai primi del Novecento. Con il nostro progetto è tornato alle origini popolari e genuine di un secolo fa».

Cosa c’è di buono, di conveniente, dietro questo progetto?
«Il progetto nasce dalla consapevolezza che nel nostro lavoro sui prodotti – spiega Jacopo Mutti – c’era il bisogno di cambiare, di una evoluzione qualitativa, anche a partire dalle materie prime. A questo proposito, in un momento nel quale dilagano notizie sull’aumento del prezzo del pane, per carenza di forniture di grano dovuto alla guerra, abbiamo scoperto dal il mulino Pransani di Sogliano sul Rubicone, da cui ci forniamo per le farine, che non è previsto nessun aumento sensibile, visto che il grano utilizzato si coltiva in zona. Una filiera a chilometri zero e la sinergia fra contadini e artigiani, in tempi di crisi, ha anche il vantaggio di garantire prezzi e forniture. La nostra scelta è stata quella di fornirci e investire sul territorio. Tutte le farine che usiamo nel nostro forno derivano da grani coltivati nell’Appenino romagnolo. Peraltro chi coltiva questi frumenti ha contri- buito a recuperare terreni abbandonati. Si tratta di grani che hanno meno glutine, più sostanze nutritive, non hanno bisogni di lunghi stoccaggi o trattamenti. Sono grani che fanno bene alla salute».

Da questa materia prima si passa alla farina che si trasforma nel pane quotidiano…
«Il resto lo fa la panificazione, che viene realizzata solo ed esclusivamente con l’utilizzo di lievito madre, “vivo” voglio sottolineare, perché oggi circola anche quello essicato. Abbiamo il “nostro” lievito che coccoliamo tutti i giorni, con tanta premura, perché va verificato nello stato di forma, fino a tre volte al giorno e calibrato con acqua, farina e temperatura diversa di conservazione, per mantenerlo nella condizione ottimale. Insomma, più che una “madre”è un po’ come allevare un figlio».

E questo cosa comporta per il pane o i dolci che ne derivano?
«Oltre a non essere un lievito di origine artificiale, ma naturale e vivente, dal punto di vista organolettico è molto più profumato e aromatico. Lo si percepisce gustando il pane che genera. Poi c’è una differenza di consistenza, abbiamo una mollica soda e morbida e una lunga durata nel tempo, questo pane si mantiene buono per alcuni giorni. Le nostre pagnotte da due chili riescono a durare fin quasi una settimana. Inoltre, va sottolineata l’alta digeribilità, con effetti benefici e di prevenzione sulla salute».

Sembra un prodotto facile, di tutti i giorni, ma diventa un’impresa virtuosa che ha bisogno di molta cura e attenzione.
«Anche se questa “ricostruzione” della cultura del pane che abbiamo intrapreso è complicata da raccontare e promuovere, ed è difficlle diffondere come abitudine alimentare, cerchiamo di portare avanti tutte le sfaccettature di questo progetto qualitativo e anche etico sulla panificazione. Ci preoccupiamo di fare prodotti molto buoni, molto sani e di sostenere il lavoro di coltivatori e mugnai sul nostro territorio che credono come noi in un cibo più naturale, equilibrato e gustoso».

Colomba La FornarinaPoi c’è il laboratorio che sforna e la bottega…
«Laboratorio e negozio sono “spalla a spalla” grazie all’opera professionale e molto appassionata di una squadra tutta al femminile, dal forno al banco di vendita. Viene tutto fatto in casa: pani, focacce, pizza, grissini, torte, biscotti, o con lievito madre o senza lievito. Sforniamo dal lunedì al sabato una serie fissa di pani quotidiani di grano tenero ma, ogni giorno della settimana, a rotazione, proponiamo anche tipi di pani particolari – con farine di grano duro, integrali, conditi con cereali o semi – in modo che i clienti possano fare un loro piano di consumo, un calendario di acquisto, anche su prenotazione. In questo modo, essendo la nostra una lavorazione che realizza prodotti di alto valore, produciamo piccole quantità, adeguate alla domanda per abbattere gli sprechi. Il surplus è raro e nel caso lo doniamo alla Caritas, anche perché è un pane ancora assai buono».

Fate anche prodotti da forno dolci come i classici delle feste, ad esempio?
«Dall’inverno scorso, con grande soddisfazione siamo riusciti a produrre anche quelli che chiamiamo i “grandi lievitati”, come il panettone e, proprio in questi giorni, la colomba pasquale. Per questi prodotti parliamo di una lievitazione di 72 ore circa di lavoro per l’impasto, a cui serve un lievito molto “preciso”, ricercato. Ne facciamo pochi pezzi, diciamo un centinaio, anche in questo caso per evitare onerose rimanenze. L’aspetto è semplice e tradizionale, anche nei condimenti, ma sono dolci straordinariamente buoni nel “contenuto” essenziale».

Torniamo alla filosofia di Akami, che aspettative avete in serbo?
«Confidiamo nella riscoperta dei prodotti del territorio d’origine, naturali, genuini, artigianali – conclude Marco Luongo –. Non solo è una tendenza in crescita che segna un rinnovamento culturale dei consumatori ma serve anche a sostenere il mercato e a portare avanti un percorso identitario sul cibo che mangiamo. Poi c’è la necessità di non buttare via niente. Per l’attività della Fornarina speriamo che il “buono, pulito e giusto” – per usare il motto di Slow Food – dei prodotti del panificio attragga sempre nuove persone ma stiamo pensando anche alle forniture per altri esercenti, dai ristoranti ai bagni al mare, che magari intendono sposare la nostra causa o dare valore alla semplice gestione del pane nei loro locali. Insomma, proveremo anche a proporre i nostri prodotti ad altre imprese locali del settore, oltre la vendita al dettaglio in negozio».

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