giovedì
18 Settembre 2025

Il medico di Msf: «Non scorderò mai lo sguardo vuoto dei ragazzi soldato in Congo»

Il lughese Andrea Collini ha trascorso sei mesi a Masisi, zona di conflitto: «Curiamo tutti quelli che arrivano feriti. Non mi sono mai sentito in pericolo, anche se sentivamo gli spari e vedevamo ogni giorno le ferite sulle vittime»

Andrea Collini MSFAndrea Collini, lughese oggi residente a Torino dove si sta specializzando in medicina d’urgenza, da gennaio a luglio di quest’anno, è stato in Congo, a Masisi, con un progetto di Medici Senza Frontiere noto e ormai consolidato, uno dei pochi peraltro che permette appunto anche a chi è ancora privo di specialistica di partecipare alle missioni sanitarie di una delle Ong più importanti del mondo. Il progetto copre una popolazione di 500mila persone.

Cosa l’ha spinta a partire? E perché Msf?
«Il diritto umanitario e l’assistenza ai più deboli sono temi che da sempre mi interessano. Lo si capisce anche un po’ dalla specializzazione che ho scelto: in Pronto Soccorso può arrivare chiunque, non scegli chi curare, sei sempre in prima fila. In passato avevo fatto tre settimane a Kios, in Grecia, in un campo profughi, con una piccola Ong e questa volta volevo affidarmi a una struttura con fondamenta storiche più solide. Dentro la cooperazione internazionale del resto sappiamo bene che ci sono anche tante contraddizioni. Personalmente condivido pienamente lo spirito e i principi di Msf».

E che situazione ha trovato in Congo?
«Si tratta di un progetto in sede da tanti anni e che funziona bene, Msf ha creato una buona formazione degli operatori locali e questo non è mai scontato. Ha cambiato le statistiche del posto rispetto alle condizioni di salute di tante categorie deboli, in particolare donne e bambini. Il problema vero sarà come mantenere assistenza quando Msf se ne andrà perché quello dovrebbe essere l’obiettivo ultimo di ogni progetto».

Ma è un obiettivo realistico?
«È la grande sfida. Accanto all’aspetto sanitario, l’Ong lavora anche sul fronte dell’Advocacy, di denuncia delle situazioni critiche e di pressioni sugli interlocutori locali, ma ovviamente non è facile».

Dal punto di vista professionale che esperienza è stata?
«Sicuramente il lavoro quotidiano è abbastanza diverso da quello che si fa qui: lì arrivano bambini malnutriti e feriti da arma da fuoco che qui in pronto soccorso non vedi mai. E poi ci sono tante patologie infettive che qua si vedono meno, o con caratteristiche diverse».

E per quanto riguarda le condizioni pratiche del lavoro?
«C’è una grande differenza, soprattutto sugli strumenti diagnostici. Anche se il centro in cui ho lavorato è molto avanzato con una radiologia di base, la possibilità di fare esami di laboratorio e una sala operatoria con possibilità di sterilizzare per interventi non differibili, parliamo soprattutto di chirurgia di guerra».

Sono tanti i medici pronti a partire per un’esperienza simile?
«Prima di partire non avevo capito quanto Msf sia una grandissima famiglia composta da varie figure professionali, una grossa fetta di operatori lavorano per far andare avanti la macchina e permettere ai sanitari di lavorare: si occupano di logistica, finanza, coordinamento. Alla fine i medici e gli infermieri che partono non sono poi così tanti. Un po’ anche perché in Italia è sempre più difficile prendere l’aspettativa e poi perché non sempre è una vita molto ambita. Puoi finire in missioni nei posti più sperduti per periodi di mesi».

Ma lei vorrebbe tornare?
«Sì, possibilmente non più in un teatro di guerra, ma in una situazione di crisi umanitaria. E mi interessa il progetto Ebola».

Si è mai sentito in pericolo mentre era in Congo?
«Benché sentissimo sparare e vedessimo continuamente le terribili violenze su uomini e donne, da operatore, non mi sono mai sentito realmente in pericolo. Ci sono stati momenti di maggior tensione, ma mi sono sempre sentito ben tutelato. E questo grazie all’ottimo lavoro che fa Msf sul tema della sicurezza, che non è mai una sicurezza armata, a cui l’ong è contraria, ma una sicurezza fondata sul rapporto con le realtà del territorio che accettano la presenza di un’entità neutrale. Nessuno ti potrà mai dire di stare tranquillo al 100 percento, naturalmente, ma la strategia di Msf è quella appunto di ridurre al massimo il rischio cercando di arrivare al massimo dell’assistenza».

Il che significa anche che nelle vostre cliniche entrano vittime ma anche carnefici…
«Questo è uno dei grandi principi di Msf che più apprezzo: l’imparzialità e il fatto di curare tutti. È l’unico modo per essere accettati dalla popolazione. Msf non prende le parti politiche di nessuno e offre assistenza sanitaria indiscriminata. Cerca di denunciare le atrocità che esistono con attività di policy, ma senza accusare qualcuno».

Ci racconta due episodi che sa che non dimenticherà di quell’esperienza?
«Il ricordo più bello è quando la popolazione locale venne a chiamarci mentre stavamo allestendo una clinica mobile in periferia. Una donna stava partorendo per strada. Siamo intervenuti, anche se per la verità è andato tutto bene e non abbiamo dovuto fare chissà cosa. Invece, il ricordo più terribile resterà lo sguardo di ragazzi di una ventina d’anni, poco più giovani di te, che vivono nella boscaglia, girano armati, sono stati arruolati nelle bande in conflitto quando erano appena ragazzini. I loro occhi sembrano vuoti».

Secondo lei, interventi come quelli di Msf servono anche a frenare la fuga da quei paesi?
«Questo non so proprio dirlo. Le condizioni di gran parte delle persone sono talmente estreme che non possono nemmeno pensare di tentare di andarsene. Sono in fuga perenne, si spostano sulla base delle recrudescenze delle violenze, vivono spesso in baracche nelle periferie».

Ci racconta anche cosa l’ha colpita di più della sua esperienza a Kios tra i profughi siriani?
«Che erano persone come noi che da un giorno all’altro si sono trovati costretti ad abbandonare la casa e la loro professione senza più un futuro a cui guardare. Ricordo un ortopedico, che passava le giornate in un container e che si era offerto di darmi una mano. Lì non erano tanto le condizioni fisiche di salute a essere gravi, ma più quelle psicologiche. Va anche detto che era un campo nato da poco e che molti problemi sanitari si aggravano con il perdurare di condizioni igieniche precarie».

Il Tavolo dell’Imprenditoria in campo per salvare la Camera di Commercio

Chiesto al ministro di attivarsi per rivedere la riforma. Brunelli, coordinatore del Tavolo: «Si permetta l’esistenza di quelle in equilibrio finanziario»

Camera Di CommercioLa riforma del governo Renzi ne fissava la diminuzione da 105 a 60, con accorpamenti in tutte le regioni. Ma le Camere di commercio sono ancora oggi 82, con tante che continuano a dire no a una riforma che considerano «sbagliata, calata dall’alto e che mette solo in crisi territori e imprese».

Dopo la lettera del sindaco Michele de Pascale, ora arriva anche il Tavolo dell’Imprenditoria della provincia di Ravenna (al quale partecipano tutte le associazioni di rappresentanza delle categorie economiche del territorio) a chiedere al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli di attivarsi per rivedere alcuni aspetti della riforma «in modo da raggiungere una modifica condivisa»
In sostanza, le imprese della provincia di Ravenna chiedono che vengano resi volontari i processi di rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, in modo da evitare la creazione di Camere di Commercio con assetti istituzionali e relazionali diversi e, soprattutto, con sistemi produttivi non allineati in termini di settori, numero imprese e di dimensione: «per ottenere questo basterebbe derogare il limite stabilito dalla riforma di legge di 60 Camere di commercio e invece permettere l’esistenza di tutte quelle che posseggano i requisiti di equilibrio finanziario e manifestino o abbiano manifestato la volontà di restare autonome», si legge nella nota del Tavolo.
Inoltre, al titolare del dicastero viene chiesto di confermare la volontà di attribuire alle Camere di commercio importanti competenze in materia economica, garantendo adeguate risorse economiche.

Alessandro Brunelli
Alessandro Brunelli, coordinatore del Tavolo per l’Imprenditoria di Ravenna

«Non chiediamo lo smantellamento della Riforma – commenta il coordinatore del Tavolo, Alessandro Brunelli – ma il suo miglioramento e la sua reale efficacia rispetto ai differenti contesti locali. Questo rispettando i contenuti della legge n. 580 del 1993, che valorizzava le Camere come enti di “prossimità” rispetto ai temi dello sviluppo economico locale e che per questo erano organizzate su territori omogenei dal punto di vista economico e sociale, fondamentali per la tenuta anche sociale delle comunità. Noi crediamo che la ripresa e la modernizzazione dell’Italia non possa prescindere da una Riforma delle Camere di commercio che sappia rafforzarne il ruolo di presidio permanente sui territori a sostegno delle imprese».

Mentre il Governo ha proposto un bozza di emendamento che, confermando l’obbligatorietà degli accorpamenti, prevede il commissariamento delle Camere che non procederanno alle unificazioni e assegna loro funzioni che, in alcuni casi, sono sovrapposizioni all’attività svolta dalle Associazioni di categoria, la Commissione politiche economiche della Regione, il 16 ottobre, ha impegnato la Giunta ad attivarsi col Governo per portare in sede di Conferenza Stato-Regioni il tema del riordino delle Camere di commercio. L’obiettivo è difenderne la peculiarità come strumento delle politiche regionali di sviluppo del territorio, sia in tema di progetti e servizi per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, sia concertando tra Camere e Regione opportunità e destinazione del gettito dell’incasso dell’aumento fino a un massimo del 20% dei diritti camerali.

Prima gli chiede dei soldi per un favore. Poi gli taglia le gomme dell’auto

Denunciato un 39enne che pretendeva una ricompensa per una presunta intercessione

Gomme Squarciate 300x225Pretendeva dei soldi per una presunta intercessione per l’acquisto di due telefoni cellulari. Ma non riuscendo a ottenere il denaro, ha iniziato a picchiare il conoscente con cui stava litigando, colpendolo ripetutamente al volto e poi arrivando a estrarre anche un coltello, per minacciarlo.

La vittima della tentata estorsione nel frattempo è riuscita a chiamare la polizia, senza però riuscire a intimorire l’altro, che con il coltello ha squarciato le gomme dell’auto del conoscente.

I poliziotti giunti sul posto hanno quindi bloccato e identificato l’uomo, un 39enne beneventano residente a Ravenna, con precedenti penali e di polizia, denunciandolo per estorsione aggravata e danneggiamento aggravato.

Via libera per lo studentato. Il sindaco: «Si farà in ogni caso». Lavori nel 2020?

De Pascale: «Si va avanti anche senza la certezza dei finanziamenti del ministero». Accordo tra Flaminia, Comune e Ravenna Holding. Apertura prevista per il 2022

Rendering progetto
Il futuro studentato

Era uno dei grandi punti interrogativi degli ultimi anni, dopo che il ministero aveva accettato con riserva il progetto presentato ormai due anni fa. Oggi invece – dopo il via libera da parte della giunta – è invece sempre più vicino lo studentato universitario di Ravenna, unico campus dell’Università di Bologna a esserne ancora privo.

La svolta è stata la decisione – presa da Comune di Ravenna, Fondazione Flaminia e Ravenna Holding, i tre enti coinvolti nel progetto – di procedere anche senza la certezza di quando – e se – arriverà il finanziamento ministeriale previsto dal bando per l’edilizia universitaria. «La notizia è che si va avanti in ogni caso – conferma il sindaco Michele de Pascale – anche se siamo ottimisti e fiduciosi di ottenere il finanziamento».

Un grande passo avanti per il campus universitario ravennate, soprattutto in vista del probabile insediamento della facoltà di Medicina e Chirurgia a settembre 2020.

Lo studentato sorgerà, come da progetto, nell’edificio di viale Farini antistante la stazione, attualmente occupato da uffici comunali. Dopo lo spostamento degli uffici nella nuova sede di viale Berlinguer, comincerà l’opera di  risanamento e riqualificazione della struttura, di proprietà della “cassaforte” comunale Ravenna Holding, non prima però di aver completato il progetto esecutivo e di aver concluso le gare d’appalto per l’assegnazione dei lavori.

Il tutto dovrebbe avvenire auspicabilmente entro la fine del 2020: solo allora – ha annunciato il sindaco – comincerà la realizzazione dell’intervento, che si calcola sarà ultimato entro la fine del 2022.

L’attuazione del progetto è stata resa possibile dall’impegno di Flaminia e Holding – quest’ultima in proporzioni maggiori –  a impegnarsi finanziariamente per coprire i costi dell’intervento – circa 4 milioni di euro – in attesa che arrivino i fondi stanziati dal ministero, per i quali però non c’è ancora nessuna certezza in termini di tempo o entità. Diversi quindi i piani d’azione da valutare, che dovranno essere quanto più elastici per far fronte ai possibili scenari che si presenteranno da qui a due anni.

L’urgenza di procedere con i lavori è giustificata dal ruolo, sempre più importante, che la vita universitaria sta assumendo all’interno del contesto cittadino, alle cui esigenze non è stato possibile, almeno finora, rispondere in maniera adeguata.

Il nuovo studentato non solo offrirà posti letto (il progetto ne prevede 110) agli studenti fuori sede, ma metterà a disposizione una serie di servizi, come sale studio, di cui potranno fruire tutti gli studenti iscritti a Unibo. Inoltre, con la collocazione strategica in viale Farini, il Comune realizza di fatto quella riqualificazione della zona stazione/giardini Speyer di cui da anni si dicute.

Per Ravenna lo studentato è destinato a rappresentare un’enorme opportunità di crescita e attrazione di talenti e di questo le istituzioni sono pienamente consapevoli: «Dotare la città di una struttura di questo tipo – afferma De Pascale –  significa qualificare l’offerta formativa universitaria stessa e quindi essere attrattivi nei confronti di giovani e brillanti “cervelli”. Ragazzi e ragazze potranno venire a studiare a Ravenna da tutta Italia e da tutto il mondo e qui rimanere a vivere, mettendo a disposizione della comunità la loro intelligenza, il loro talenti e le loro capacità».

Un viaggio disegnato che ci costringe a interrogarci su ciò che accade in Libia

Il magnifico libro della giornalista Francesca Mannocchi e del disegnatore ravennate Gianluca Costantini

LibiaSabato 16 novembre alle 18.30 alla biblioteca Oriani di Ravenna si terrà un incontro con la giornalista Francesca Mannocchi e il disegnatore ravennate Gianluca Costatnini, coautori di un volume da poco in libreria per Mondadori dal titolo Libia.

Un libro, magnifico, che nasce dall’esperienza diretta di Mannocchi come reporter in Libia e disegnato da Costantini a cui va forse innanzitutto il merito di restituire un volto e un’identità ai tanti migranti che spesso, nelle cronache, restano una massa indistinta senza nome.

Il libro racconta da Gheddafi ai centri di prigionia di oggi e mostra i due fili che legano la Libia all’Italia: quello sotterraneo del gas e quello via mare dei tanti profughi. Libia è infatti insieme un libro storico, un reportage d’inchiesta, un testo di inevitabile denuncia per le condizioni in cui i migranti sono tenuti prigionieri (con il benestare dell’Italia), ma è anche un libro fatto di singoli individui, di biografie che sono come “carotaggi” nella carne viva di un popolo e ci fanno toccare con mano cosa significa vivere sotto una dittatura che in qualche modo ti “protegge” e anestetizza o essere costretto a fuggire dall’inferno e ritrovarti prigioniero.

Un libro a più strati per pubblici potenzialmente anche molto diversi tra loro (tanto che verrebbe da consigliarlo un po’ a tutti, studenti e persone mature, leghisti e attivisti per i diritti umani), che ci parla di come sono davvero le cose a “casa loro”, dove li rispediamo o da dove vogliamo che non partano. E che ci racconta come il traffico di uomini si stia sempre più imbarbarendo: ormai il famoso “scafista” non esiste nemmeno più, perché nessuno che non sia disperato è disposto a salire su quei gommoni, consapevole del rischio. E allora lo “scafista” non è altro che uno degli uomini in fuga dal continente africano a cui viene messa in mano una torcia e una bussola e poi via, nel mare nero. A rischiare la vita, perché le condizioni da cui si sta scappando non permettono altra scelta, per quanto disperata.

Libia mette insieme una sequenza di fatti con illustrazioni che con il tipico tratto mai banale e mai didascalico di Costantini ci mostrano l’essenza di ciò che non ci è normalmente concesso vedere, ci costringe a guardarci nello specchio del sud del Mediterraneo e a chiederci se davvero uno stato come il nostro, che partecipa e anzi finanzia simili politiche di gestione dei flussi migratori, possa ancora dirsi rispettoso dei diritti fondamentali dell’uomo.

L’evento di sabato 16 novembre è organizzato da Gruppo Dello Zuccherificio, Libera Ravenna, Amnesty Ravenna e Arci Ravenna. I due autori dialogheranno con Giovanni Boccia Artieri, sociologo e direttore del dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

Dopo oltre vent’anni di abbandono è rinato il campo all’ex Salesiani di Faenza

Lo gestisce il Faventia, con 191 tesserati e un’attenzione particolare verso il settore giovanile

Da Sinistra Andrea Fabbri, Omar Montanari, Giampaolo Sabbatani E Massimo Isola
Da sinistra Andrea Fabbri di Faventia Sales, Omar Montanari e Giampaolo Sabbatani del Faventia e il vicesindaco Massimo Isola

È rinato a Faenza il campo da calcio del complesso ex Salesiani – utilizzato per decenni dall’Orsa Calcio, società dell’oratorio salesiano, e da altre associazioni – da oltre 20 anni in stato di non utilizzo.

Il progetto di recupero (nell’ambito di quello dell’intero complesso) è stato fortemente voluto da Faventia Sales per restituire alla comunità un importante spazio non solo sportivo ma di aggregazione sociale, uno spazio verde di gioco nel pieno centro della città.

Faventia Faenza
Il nuovo campo con i bambini in azione durante gli allenamenti

L’intervento sull’area esterna, a sud dell’ex oratorio, effettuato nel 2019, ha ridefinito l’ambito del campo da calcio attraverso una recinzione a rete metallica anti-intrusione nella parte bassa e una rete para-palloni in corda. Inoltre, l’introduzione di un nuovo impianto tecnico di illuminazione consente un utilizzo del campo in condizioni adeguate a qualsiasi ora. A completamento dell’opera sono stati installati nuovi spogliatoi in prefabbricato sotto la pensilina dell’ex oratorio, senza necessità di nuove cubature.

La gestione del campo è stata affidata da Faventia Sales alla società sportiva Faventia, che si è fatta carico di tutto ciò che riguarda il campo da gioco e la relativa attrezzatura, avviando già prima dell’estate un’attività di manutenzione del manto e installando a settembre l’attrezzatura da gioco.

«La messa in funzione del campo da calcio è stata una delle operazioni più complicate, non per il valore assoluto dei costi, ma per la complessità di trovare un equilibrio economico dell’investimento – spiega il presidente di Faventia Sales Andrea Fabbri -. Vederlo pieno di bambini e ragazzi è stata una delle soddisfazioni più belle di questi anni di presidenza di Faventia Sales. Spero sia un piccolo regalo anche per le tante persone che in questo campo hanno giocato nei decenni passati e che oggi possono tornare a calpestarlo. Un grazie particolare va ovviamente al Faventia che ha scommesso sul progetto e con cui ci siamo ritrovati nella filosofia e nei valori del progetto».

«Alla base delle attività di Faventia c’è la convinzione che oltre al semplice esercizio fisico nello sport siano importanti l’educazione e il gioco di squadra – ha spiegato il direttore generale della società sportiva, Omar Montanari -. Per questo non offriamo ai nostri bambini e ragazzi solo partite e allenamenti, ma anche occasioni di incontro per stimolare la loro crescita personale. Una volta a settimana, ad esempio, i bambini partecipano a un allenamento interamente in inglese. Per ora è un progetto sperimentale rivolto a una sola categoria, con l’intento di estenderlo nelle prossime stagioni a tutti. La qualità delle attività proposte ha convinto anche la mia società M.M.B. Software a investire su questo progetto. Credo sia molto importante investire sui giovani con momenti di aggregazione che abbiamo anche finalità educative».

Il Faventia è nato nel 1998 e alle tradizionali attività sportive da sempre affianca iniziative di aggregazione sociale per coinvolgere non solo i membri dello staff, ma anche i genitori dei ragazzi che ne fanno parte. A questo proposito la società organizza, con il patrocinio del Comune di Faenza, alcuni incontri aperti a tutta la cittadinanza, nell’ambito del progetto “Cresco io cresci tu” nelle aule del Complesso di Faventia Sales. Gli appuntamenti sono in programma il 18 novembre, il 4 dicembre e il 23 febbraio dalle 20.45. Si parlerà di cultura dello sport, importanza della prevenzione nello sport in età evolutiva e del ruolo dei genitori nel supportare i propri figli nella gestione delle emozioni all’interno del contesto sportivo.

In totale sono 191 gli atleti del Faventia, divisi tra ‘Piccoli Amici’, ‘Primi Calci’, Pulcini, Esordienti, Giovanissimi Allievi, Juniores, Under 19, e prima squadra. A loro si aggiunge uno staff di oltre 50 persone, composto da 24 tecnici/allenatori, 18 dirigenti accompagnatori e 10 dirigenti addetti ai vari servizi.

Al recupero del campo da calcio hanno lavorato consorzio Cear, Amorino impianti e Venturelli Romolo.

Il presidente di Confcommercio contro l’obbligo dei pagamenti elettronici

Il presidente Confcommercio Ravenna Mauro Mambelli ha inviato una lettera ai parlamentari locali, ai consiglieri regionali locali e ai capigruppo in consiglio comunale a Ravenna sull’obbligo dei pagamenti elettronici.

Pos Bancomat Pagamenti«La manovra che il governo Conte – scrive Mambelli – è in procinto di approvare prevede cospicue entrate dalla lotta all’evasione. Il Governo per realizzare questo obiettivo trasferisce una serie di oneri alle imprese che avranno maggiori difficoltà nell’organizzazione del lavoro e, contemporaneamente, saranno gravate da maggiori costi. Il primo esempio che possiamo citare è quello dell’obbligo dei pagamenti elettronici (con carte di credito, carte di debito, bancomat e altre forme di pagamento elettronico) per ottenere una detrazione a fine anno e la partecipazione alla lotteria periodica, per quei contribuenti che si saranno registrati nel “Portale Lotteria” dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli. Nonostante i tanti appelli lanciati dal nostro presidente Carlo Sangalli affinché fossero azzerate le commissioni delle transazioni elettroniche sui piccoli importi e riviste significativamente tutte le altre transazioni, non ci risulta che il Governo si sia preoccupato di sminare questa materia cercando un accordo con Abi. Questo significa che tutti questi costi saranno a carico degli imprenditori. Per la lotteria inoltre occorrerà aggiornare i nuovi registratori di cassa, i cui costi sono comprensivi nella manutenzioni annuale e si aggirano dai 100 ai 200 euro per registratore; inoltre per facilitare il lavoro degli imprenditori per la partecipazione alla lotteria da parte dei contribuenti iscritti, si dovrà acquisire idonei lettori per la lettura dei barcode o dei codici attribuiti al contribuente dopo l’iscrizione al “Portale Lotteria”. I  costi stimati dagli installatori variano dai 120 ai 220 euro a lettore. Inoltre, sempre nel medesimo scontrino dovrà trovare spazio anche la lotteria collegata all’emissione dello stesso che comporterà un consumo di carta di circa il 30 percento in più rispetto a prima, addossando anche questi costi all’esercente».

«Questa macchinosità del sistema dovrà prevedere anche la necessità per l’esercente di evitare lunghe file alle casse; si pensi ad esempio ad uno stabilimento balneare in piena stagione all’ora di pranzo o ad un ristorante o un fast food  che ha come clienti coloro che devono rientrare al lavoro avendo tempi molto contenuti per consumare il pasto. Ma soluzioni a tali intoppi passerebbero inevitabilmente per l’acquisto di un ulteriore registratore di cassa (con relativa manutenzione) oltre che dedicare altro personale al pagamento addossando all’imprenditore i costi relativi al dipendente.
Non dimentichiamo infine che le linee telefoniche sono inadeguate e spesso si riscontrano interruzioni che comportano ulteriore sottrazione di tempo al proprio lavoro; l’attesa per la riparazione della linea è stimata in 3 giorni lavorativi che potrebbero diventare 5 nel caso di rottura nella giornata di venerdì.
Vi chiediamo – conclude Mambelli – come esponenti politici di adoperarvi affinché tale assurda previsione venga rivista informando i vostri referenti politici e adoperandovi per contrastare una normativa che così come concepita penalizzerebbe ulteriormente l’imprenditoria del paese».

Medici e giornalisti cuochi per una sera in nome della solidarietà

Al ristorante Molinetto di Ravenna raccolti oltre 2.300 euro per il progetto Paolo’s Home che si occupa dei bambini disabili di Nairobi

Cena Cittadinanza Apertura Si è conclusa con un grande successo la sfida ai fornelli “I Sapori della solidarietà” organizzata da Cittadinanza Onlus e Slow food Ravenna  martedì 12 novembre al ristorante Il Molinetto di Punta Marina. Oltre 110 commensali, l’entusiasmo delle due squadre sfidanti e la grande accoglienza offerta dal locale hanno contribuito alla riuscita della serata permettendo di raccogliere fondi per il centro Paolo’s Home della baraccopoli di Kibera (Nairobi, Kenya), che accoglie e accompagna bambini disabili in un percorso terapeutico ed educativo verso la riabilitazione e il reinserimento nella società.

Protagoniste della serata le brigate di medici e giornalisti che, smessi i panni ufficiali, hanno indossato il grembiule e  si sono fronteggiati a colpi di risotto e ossobuco. La squadra dei giornalisti ha visto la partecipazione di Nevio Ronconi (direttore responsabile Ravennanotizie), Roberta Bezzi (redattrice del Resto del Carlino Ravenna), Laura Giorgi (redattrice del Corriere Romagna), Fausto Piazza (direttore editoriale Reclam srl e Ravennaedintorni.it), Alessandro Bongarzone (giornalista freelance), Fabrizio Zani (fotoreporter), Federica Ferruzzi, Elena Nencini e Silvia Manzani (redattrici del Setteserequi e collaboratrici di Teleromagna).

Per l’ordine dei medici, invece, sono scesi in campo Paolo Tarlazzi (direttore presidio ospedaliero), Paolo Bassi (direttore malattie infettive), Andrea Buscaroli (direttore nefrologia e dialisi), Pietro Querzani (direttore neurologia), Donata Dal Monte (direttrice medicina legale Ausl romagna), Maria Teresa Minguzzi (responsabile radiologia d’urgenza), Cinzia Lotta (direttrice medicina riabilitativa), Omero Triossi (direttore gastroenterologia), Paolo Di Bartolo (direttore diabetologia), Marco Domenicali (direttore medicina interna) e Maurizio Fusari (direttore anestesia e rianimazione). A supportare i cuochi, in cucina e ai tavoli, lo staff del ristorante il Molinetto capitanato da Alan Ricci.

Tanti i contributi ricevuti da diverse realtà della zona: Nero Fermento ha offerto l’aglio nero per la portata degli antipasti, Serigrafia Pubblicità Silvani ha donato i grembiuli indossati dai cuochi e AIS Romagna ha messo a disposizione tre sommelier a supporto del servizio. Durante la serata, Alessandro Latini di Cittadinanza Onlus e Mauro Zanarini di Slow food Ravenna hanno presentato le rispettive associazioni, vicine per valori e impegno verso i più deboli. Dulcis in fundo, il dottor Andrea Buscaroli e Monica Marcucci sono intervenuti con la loro testimonianza spiegando la situazione dei bambini con disabilità mentali e fisiche nella baraccopoli di Nairobi.

Tutti i piatti sono stati assaggiati e votati dai commensali: alla fine, ad ottenere la maggioranza delle preferenze è stata la squadra dei medici, ma la vera vittoria se la sono aggiudicata l’amicizia e la solidarietà che hanno consentito di raccogliere 2.301 euro per il progetto.

 

 

 

Regionali, la campagna elettorale si infiamma sugli ospedali: «Qui sempre aperti…»

Bonaccini usa l’ironia per ribattere alla Borgonzoni, che promette visite specialistiche anche di notte

Borgonzoni Salvini
Borgonzoni abbraccia Salvini al Pala Dozza

Sta tenendo banco sui social il tema degli ospedali aperti “di notte e nel weekend in Emilia-Romagna”, la proposta lanciata dal palco del Pala Dozza di Bologna dalla candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni e rilanciata anche sui social dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Una semplificazione che è diventata virale, perché come noto gli ospedali sono sempre aperti, anche in Emilia-Romagna.

Il concetto della Borgonzoni in realtà era più complesso, così come spiegato durante il comizio: la proposta della Lega e del centrodestra (nonostante il tweet di Salvini non faciliti la comprensione, finendo anzi con l’essere fuorviante) è infatti quella di programmare visite specialistiche anche di notte e nei weekend, anche di domenica, e non solo per le emergenze, allo scopo di abbattere le liste d’attesa.

Non ha guardato ai dettagli, però, il presidente in carica dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, approfittando della presunta gaffe della sfidante per fare dell’ironia: «Informo la cittadinanza che in Emilia-Romagna anche questo fine settimana il servizio sanitario sarà attivo – scrive Bonaccini sui suoi canali social –, efficace ed efficiente come sempre. Salvini, non essendo di questa Regione, può certamente non saperlo e voglio quindi tranquillizzarlo: può tranquillamente continuare a venire qui per il suo tour elettorale fuorisede. In caso di necessità, sarà sempre trattato con estrema cura dai nostri servizi, che sono al vertice di tutte le classifiche nazionali, come ha certificato il suo Governo pochi mesi fa, quando lui era ministro. Più preoccupante che a non sapere queste cose sia la mia sfidante: se ti candidi a presidente qualcosa devi prima impararlo. L’Emilia-Romagna è una grande Regione che non merita improvvisazione».

Rontini, sfumata la candidatura a sindaco: «Mi ripresento con entusiasmo in Regione»

La consigliera uscente del Pd aveva dato la disponibilità a raccogliere il testimone di Malpezzi, ma ci spiega: «Dai circoli mi è stato chiesto di proseguire il buon lavoro a Bologna»

Rontini
La consigliera Manuela Rontini nell’aula dell’Asemblea regionale

Manuela Rontini sta concludendo il primo mandato da consigliera regionale e il suo nome è circolato a lungo come possibile candidata sindaco a Faenza nella corsa del 2020. In realtà, come ci spiega nell’intervista, sembra che correrà invece per la conferma in regione il 26 gennaio mentre voci di corridoio parlano di una conferma praticamente certa del suo collega Gianni Bessi, di una rinuncia di Mirko Bagnari (anche lui al termine del primo mandato) e di una discesa in campo dell’attuale assessore regionale Andrea Corsini. In attesa di conferme ufficiali, abbiamo fatto qualche domanda alla consigliera che più è stata sulle pagine dei giornali nelle ultime settimane.

Consigliera, se ne parla ormai da tempo, ci dica: sarà lei la candidata del centrosinistra a sindaco di Faenza? O tenterà di tornare in Regione per il secondo mandato?
«Come ho sempre detto, non si decide da soli se e a cosa candidarsi. Ho dato la mia disponibilità sia per le regionali che per le amministrative del 2020, ma ho chiesto alla comunità del Partito democratico di decidere insieme cosa fare. Martedì sera si è svolta la riunione dei direttivi dei circoli Pd della Romagna Faentina: le tante persone intervenute, a partire dal coordinatore Anconelli, che ringrazio, mi hanno chiesto di ricandidarmi in Regione per il lavoro fatto in questi 5 anni per il nostro territorio e per la complessità della sfida che abbiamo davanti. E io, anche stavolta, metterò il mio entusiasmo e le mie energie a disposizione di questa sfida».

La lista Insieme per Cambiare si è detta contraria alla sua candidatura a sindaco. La cosa la preoccupa? E che coalizione immagina eventualmente per il centrosinistra?
«Sono certamente dispiaciuta, non tanto per una questione personale: ritengo infatti che la buona politica non si costruisca con i veti, ma provando a scrivere insieme progetti possibili e soluzioni concrete per dare risposte alle esigenze delle nostre comunità. Bisogna ripartire da un ragionamento diverso: come immaginiamo Faenza nel 2030? Come vogliamo che sia la nostra città? E, da lì, coinvolgendo le tante espressioni di associazionismo, politico e civico, che sono da sempre il valore aggiunto di Faenza, costruire una coalizione plurale e inclusiva, capace di coinvolgere tutti coloro che non si rassegnano alla rabbia e al rancore, ma si vogliono impegnare per lasciare ai più giovani un territorio più bello in cui crescere e vivere».

Qual è il risultato più importante che pensa di aver ottenuto in questi cinque anni?
«Innanzitutto mi lasci dire che c’è una cosa di cui vado molto orgogliosa: dall’inizio della Legislatura non ho mai mancato di essere presente a ciascuna delle 269 sedute dell’Aula del Consiglio regionale, dove ho il 100% di presenze. So che questo non è sufficiente per essere un buon rappresentante delle Istituzioni, ma mi hanno insegnato che in politica bisogna “essere, esserci, per fare”. Mi vengono subito in mente due cose, tra le tante. Sono stata relatrice del provvedimento che ha tagliato i vitalizi agli ex Consiglieri e Assessori regionali (gli attuali non ne hanno diritto, ndr): una norma che sicuramente non mi ha attirato simpatie tra gli addetti ai lavori, ma che abbiamo inteso come un gesto di buon senso, per provare a rimettere in sintonia la classe politica con il resto del Paese, affaticato dalla crisi economica. Poi la nuova legge urbanistica, costruita a seguito di un lungo percorso di confronto e partecipazione con i professionisti, le associazioni e gli Enti locali, che mette al centro la rigenerazione urbana per frenare la cementificazione. Il primo bando ha contribuito a finanziare la riqualificazione dell’ex Caserma Alighieri a Ravenna, il Borgo Marina a Cervia, la passeggiata delle Arti a Conselice, il progetto dell’area stazione a Faenza, la realizzazione di alloggi di edilizia sociale a Bagnacavallo e la nuova “cittadella scolastica” a Fusignano. Questo per dire che dà soddisfazione veder cambiare le nostre città, anche a seguito di un lavoro di sinergia e collaborazione con la Regione Emilia-Romagna».

Renziana della prima ora, è rimasta nel Pd. Può rassicurare gli elettori che potrebbero temere che lei abbia intenzione di passare a Italia Viva dopo un’eventuale elezione, come è accaduto con alcuni eletti in Regione Umbria?
«Sabato scorso, l’Assemblea regionale del Partito democratico, all’unanimità, mi ha eletta vicepresidente: se non fossi convinta che il Pd possa ancora essere quella grande forza popolare intorno a cui raccogliere le migliori tradizioni culturali e politiche del Paese, per rimettere l’Italia in cammino, non avrei accettato. Ho scelto di restare nel Partito democratico per questo motivo, lo stesso per cui nacque il Pd 12 anni fa, seppur sia legata, come tutti sanno, da un rapporto di stima e amicizia con Matteo Renzi».

Quanto le fa paura la Lega? In Regione e a Faenza, dove storicamente è sempre stata molto forte? E secondo lei, come la si può battere?
«Tenendo insieme l’orgoglio di essere emiliano romagnoli, di abitare in una regione in cui la disoccupazione è scesa al 5% e in cui le persone scelgono di venire a curarsi per la qualità dei servizi, con le sfide che abbiamo davanti. A partire dalla necessità di una svolta verde, capace di coniugare la salvaguardia dell’ambiente e lo sviluppo economico, e dall’impegno che prenderemo sugli asili nido: meno cari e accessibili a tutte le famiglie. Perché anche in questi anni non abbiamo mai smesso di innovare e ripensarci. Bonaccini ha dimostrato di essere un bravo governatore, ma ancor di più un buon sindaco dell’Emilia-Romagna: qui possiamo vincere e ce la metteremo tutta per riuscirci».

E i 5 Stelle? Possono essere alleati del centrosinistra a Faenza? Cosa ne pensa del fatto che potrebbero non presentare il simbolo alle regionali?
«Non credo ad alleanze fittizie, fatte con l’unico obiettivo di battere gli avversari: sarebbero una presa in giro nei confronti dei cittadini. Penso invece che sui programmi si possa verificare la possibilità di un’intesa. Vale per Faenza e vale per la regione Emilia-Romagna dove, anche in questi anni, ci sono stati alcuni provvedimenti che abbiamo votato insieme: il taglio dei costi della politica, il contrasto alle discriminazioni e alle violenze determinate dall’orientamento sessuale, ma anche la legge sulla mobilità ciclabile e le norme per bloccare la diffusione delle slot-machine».

A Russi il primo festival della curiosità, tra spettacoli e una parata in centro

Fino a domenica nei luoghi della cultura, con Vito Mancuso, Chiara Guidi, Matteo Scaioli e il Magnifico Teatrino Errante

Magnifico Teatrino Errante
Lo spettacolo del Magnifico Teatrino Errante

Al via a Russi (dal 15 al 17 novembre) la prima edizione del Festival della curiosità, rassegna culturale “per un pubblico curioso” con spettacoli teatrali, laboratori, concerti, balli e la singolare “parata dei curiosi” per le vie del centro.

«Questa rassegna – spiega il sindaco di Russi Valentina Palli – nasce da un incontro, dalla volontà di cucire rapporti e tessere relazioni, dalla capacità di tante menti diverse di sedersi insieme e di trovare un punto in comune. Una Russi nuova, quella che vogliamo farvi conoscere in questo fine settimana di novembre. Tante iniziative che hanno però un filo rosso e unico che le collega, la curiosità».

Ad aprire il Festival sarà lo spettacolo “Madre notte”, in scena al teatro comunale venerdì 15 alle 21, con il noto teologo Vito Mancuso e le musiche di Federica Maglioni a.k.a. Frida Split.

Sabato 16, alla Biblioteca Comunale, dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 15.30, Gianni Zauli condurrà “Stop motion” un set aperto a chiunque voglia partecipare per tuffarsi nel cinema d’animazione attraverso appunto la tecnica della stop motion. A seguire, dalle 15.30 alle 17.30, lo stesso Zauli presenterà il cortometraggio realizzato in stop motion dai bambini del Centro Paradiso.

Sabato sera, alle 18, sempre in biblioteca Chiara Guidi svolgerà una lettura drammatica tratta dal libro “La voce in una foresta di immagini invisibili”, mentre alle 21.15 al Comunale prenderà vita lo spettacolo teatrale “Dance on the tree” del Magnifico Teatrino Errante, liberamente tratto dalla storia vera di Julia Butterfly Hill, che visse per due anni sopra una sequoia alta 60 metri, con musiche dal vivo di Fabio Mina e Marco Zanotti, le scene di Domenico Demattia, per la regia di Valeria Nasci.

Domenica 17 alle 11.30 dalla Biblioteca partirà la “Parata dei curiosi” che si svilupperà per le strade del centro fino ad arrivare in piazza Dante con un gruppo di curiosi costituito dai ragazzi del Centro Paradiso ai quali lungo il percorso si aggiungeranno anche i musicisti della scuola Contarini, la Corale San Pier Damiani, la Banda Città di Russi e i Canterini Romagnoli. All’arrivo in piazza Dante sarà suonato il brano “A sò curios” composto da Antonio Baruzzi, con Marco Zanotti e Francesco Cimatti.

Nel pomeriggio di domenica, alle 16, la biblioteca sarà animata dallo spettacolo “Non lo sapevo” di Antonio Baruzzi, Giulia Torelli e Andrea Scardovi, che avvicina tra dialogo e performance musica e scienza, apparentemente lontani fra loro.

A chiudere la tre giorni di eventi, alle 18 sempre in Biblioteca si terrà il concerto di Matteo Scaioli con le sue “Macchine di Harmograph”.

In piazza a Cervia è già arrivato l’albero di Natale, un abete donato da Pinzolo

Verrà acceso il 7 dicembre con i cori delle scuole. Illuminazione a led

Albero Natale 2Mentre a Milano Marittima si apre il villaggio luminoso, in Piazza Garibaldi è già arrivato il grande albero di Natale donato a Cervia in segno di amicizia dal Comune di Pinzolo-Madonna di Campiglio.

L’albero è un abete rosso e proviene da una zona boschiva del comprensorio di Pinzolo-Madonna di Campiglio-Sant’Antonio di Mavignola soggetta a un piano di taglio programmato per la rinaturalizzazione dell’area. Nella normale pratica selvicolturale attraverso un piano di assestamento forestale vengono programmati annualmente tagli a raso di intere zone per procedere alla rinnovazione naturale e artificiale e fare in questo modo ringiovanire il bosco.

La gestione dei boschi del Comune di Pinzolo è certificata con protocollo internazionale Pefc che rappresenta un sistema di coltivazioni di boschi con criteri ecosostenibili. Nella gestione di queste tipologie di boschi si presta particolare attenzione al rafforzamento della struttura forestale effettuando tagli selettivi senza intaccare il capitale arboreo.

L’allestimento dell’albero natalizio è a cura del Servizio Verde e da anni il Comune di Cervia, certificato Emas, ha scelto di risparmiare energia elettrica, per illuminare il principale albero natalizio della città con un impianto a led. «Questo infatti – si legge nella nota inviata alla stampa – permetterà di ottenere un’elevata luminosità (quattro volte maggiore delle lampade tradizionali), con un’elevata efficienza, una riduzione di consumi elettrici del 40-50 percento ed un’alta affidabilità, a fronte comunque di una rilevante spesa di acquisto, ammortizzata in molti anni futuri di utilizzo».

Un incontro mare e montagna che vede peraltro il Comune di Pinzolo-Madonna di Campiglio partecipare da anni alla manifestazione “Cervia Città Giardino”, proponendo un allestimento floreale molto apprezzato da cittadini  e dai turisti.

Inoltre grazie alle collaborazioni e all’amicizia instaurate negli anni col Comune di Pinzolo-Madonna di Campiglio, insieme al grande abete rosso, sono arrivati in dono due alberi di 7 metri per la Casa del Volontariato e per il Circolo Pescatori La Pantofla,  insieme a 15 abeti per il Consorzio Cervia Centro, che lo scorso anno si era attivato a raccogliere dei fondi per la ricostruzione e dei boschi del Trentino danneggiati nel 2018.

L’accensione dell’abete avverrà sabato 7 dicembre con i Cori delle scuole del territorio.

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