sabato
27 Dicembre 2025

Dal Kosovo agli schiavi dei pomodori: «La mia esperienza con Nazioni Unite e Msf…»

Andrea Accardi, direttore del settore hospitality delle Terme di Punta Marina, per dieci anni tra profughi e rifugiati: «Si utilizzano gli sbarchi per ottenere consenso, ma non si pensa ai 2 milioni di giovani qualificati che lasciano l’Italia…»

Andrea Accardi
Andrea Accardi in una foto durante la sua esperienza da cooperante

Direttore del settore hospitality delle Terme di Punta Marina, Andrea Accardi ha lavorato per dieci anni nell’ambito della cooperazione internazionale, con ruoli di primo piano in Medici Senza Frontiere. «Ho una passione direi innata per le minoranze – ci racconta al telefono – che ho coltivato negli anni dell’università, avendo anche la possibilità grazie a una borsa di studio di trascorrere un periodo negli Stati Uniti, dove ho potuto affrontare il tema della autodeterminazione delle Nazioni Indiane».

Con un master (alla prestigiosa London School of Economics and Political Science) in Studi Europei e una tesi sulla guerra in Bosnia, l’esperienza sul campo di Accardi parte con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) a fine anni novanta proprio nei Balcani, dove si occupa dell’integrazione dei rifugiati bosniaci in Slovenia e dei profughi della guerra in corso in Kosovo.
In Medici Senza Frontiere affronta principalmente il tema delle migrazioni, in missioni in Malesia, Libia e anche nel sud dell’Italia (quando già erano frequenti gli sbarchi ma ancora non era d’attualità il tema del salvataggio in mare), dove si è occupato dei lavoratori stagionali in agricoltura, del loro sfruttamento e del fenomeno del caporalato diffuso. Fenomeno ancora tristemente attuale.

«Erano passati 12-13 anni dalla morte di Jerry Masslo (il rifugiato sudafricano assassinato nel 1989 mentre veniva di fatto schiavizzato per la raccolta dei pomodori in Campania, ndr) ma non era cambiato praticamente nulla, nel nostro rapporto fotografammo le condizioni di vita e le ripercussioni sulla salute dei migranti, fu un’esperienza incredibile. Purtroppo è un problema che non viene risolto per scelta politica: detta come va detta, i migranti irregolari raccolgono i pomodori che mangiamo tutti i giorni e lo fanno a bassissimo costo e senza contratti di lavoro. Invece di attivarsi per regolarizzarli oggi, lo Stato va incontro tra l’altro a un enorme costo sociale in futuro, con persone sane che vivendo in condizioni di sfruttamento e grandi difficoltà si ammaleranno tra 10-20-30 anni. I problemi complessi, però – continua Accardi – pare sia meglio evitare di affrontarli: ecco perché la politica preferisce usare come grimaldello per il consenso lo sbarco di alcune decine di migliaia di persone all’anno, in cerca di protezione, mentre 2 milioni di giovani lavoratori qualificati negli ultimi 15 anni hanno lasciato il Sud Italia, quasi tutti per andare all’estero, e noi facciamo fatica a trovare dottori da assumere…».

Tra le storie che hanno toccato di più Accardi nel corso dei suoi anni con l’agenzia delle Nazioni Unite e Msf, quella di «una ragazza bosniaca di 16 anni che viveva da 6-7 anni in un campo profughi, senza uno status vero e proprio, con la disperazione della ragazza che era evidente – continua il direttore delle Terme – e poi in particolare quelle – ancor più di chi era stato segnato da lutti, persecuzioni o torture – di chi mi mostrava, in Libia o nei campi in Italia, le foto dei loro figli, dei loro cari, chiedendomi se li avrebbe mai più rivisti. E tu rispondevi sì, ma sapevi che quasi certamente non sarebbe stato possibile, vista la loro condizione».

«In generale – conclude Accardi –, quando hai modo di incontrare queste persone, capisci che non sono solo numeri di cui si parla al telegiornale. Credo che siano inaccettabili le politiche inumane messe in atto anche dai nostri governi, esistono convenzioni e leggi internazionali che dovrebbero essere applicate e che regolarmente non lo sono. Alcune immagini, come quella del bambino siriano morto sulla spiaggia, riescono per un attimo a creare una sorta di sollevazione popolare ma non basta, le politiche dell’Unione Europea restano spesso inadeguate, con una gestione emergenziale di un fenomeno che è lì da diversi anni e che invece ha scaricato sulle organizzazioni non governative, piuttosto che gestirne l’aspetto strutturale. Organizzazioni spesso bistrattate ma che hanno un valore importante, che bisognerebbe sempre sottolineare».

Due sportelli per aiutare le persone disabili a scegliere quale sport praticare

Progetto in collaborazione tra Ausl e Cip a Faenza e Ravenna

Basket DisabiliPromuovere e favorire l’attività fisica e sportiva di bambini e adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali in carico alla rete riabilitativa e assistenziale dell’Ausl della Romagna. Grazie alla collaborazione, sancita da una convenzione, tra l’Azienda sanitaria e il Cip – Comitato Italiano Paralimpico aprono in Romagna nuovi Sportelli informativi per informare e orientare le persone disabili e le loro famiglie sulle opportunità di sport praticabili e su come accedervi.

Gli sportelli, gestiti direttamente da laureati in scienze motorie incaricati dal Cip, hanno lo scopo di valutare potenzialità e attitudine sportive dei giovani e degli adulti con disabilità che intendono intraprendere una attività fisica adattata, informare sull’offerta sportiva presente sul territorio e mettere in contatto con tecnici e società sportive locali. L’obiettivo è quello di creare e rafforzare una rete territoriale in cui coinvolgere la persone affette da disabilità nella scelta libera dello sport come attività per il benessere psico-fisico e come mezzo di integrazione nella comunità.
Sul territorio romagnolo sono diverse le attività sportive proposte, in diversi ambiti: si va dall’arrampicata sportiva all’atletica leggera, dal baskin, alle bocce e al bowling, dal calcio integrato all’equitazione, golf, judo, sitting volley, scherma tennistavolo, tiro con l’arco, tiro a segno, fino agli sport acquatici (nuoto, pesca sportiva, vela).

In provincia di Ravenna sono due gli sportelli informativi: a Faenza, al Centro di Salute Mentale, via Zaccagnini 22, lo sportello è aperto previo appuntamento il mercoledì dalle ore 15 alle 17 dove si incontra il tecnico incaricato Cip Angela Raffermati (tel. 379 1964930, mail sportadattatofa.cip@gmail.com); a Ravenna, al Centro di Salute Mentale, Sala Polivalente, Piazza della Magnolia 5, lo sportello è aperto previo appuntamento il martedì dalle 16 alle 18 dove opera il tecnico incaricato Cip Diego Forbicini (tel 333 9837598 – mail sportadattatora.cip@gmail.com).

Il Consorzio Agrario di Ravenna festeggia 120 anni e propone l’unificazione

Il convegno celebrativo alla presenza della ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova

Consorzio Agrario RelatoriAffollato convegno celebrativo quello tenutosi ieri a Fosso Ghiaia per il 120 anni di attività del Consorzio Agrario di Ravenna, alla presenza della ministra delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova.

«Nel mondo agricolo c’è bisogno di razionalizzazione: non ha più senso avere sul territorio ravennate aziende che offrono gli stessi servizi agli agricoltori e credo che ciò valga per ogni provincia italiana – ha sottolineato nel suo intervento il presidente del Consorzio  Raimondo Ricci Bitti– È ora di riconoscere che la presenza di tanti attori che forniscono servizi spesso sovrapponibili sia inutile e dannosa: occorre invece lavorare in un’ottica di unificazione, avviando un processo di coordinamento delle strutture esistenti minimizzando la duplicazione di costi che vanno poi ad insistere sui bilanci degli agricoltori».

Consorzio Agrario Bellanova Ricci Bitti
La ministra Bellanova e il presidente del Consorzio Agrario di Ravenna, Ricci Bitti

«Attraverso i vostri servizi – ha detto la ministra Bellanova nel suo intervento – siete cambiati insieme alle aziende agricole e il vostro ruolo resta strategico per innovare nella tradizione. Puntando su tecnologia ed ecologia. Oggi chi investe nei macchinari dell’agricoltura di precisione lo fa prima di tutto per rispetto dell’ambiente e per limitare e migliorare gli interventi su risorse primarie come terra e acqua. Dobbiamo lavorare su questo, investire sulla ricerca pubblica e privata per aiutare le imprese. Come fa il Consorzio ogni giorno». In tema di semplificazione, «io sono con voi – ha dichiarato la Ministra – ma è necessario che dall’intero settore vengano suggerimenti e input. Perché semplificare è una parola molto facile da pronunciare, ma difficile da tradurre in fatti. Chiedo a voi, a tutti, di segnalare moduli, circolari, adempimenti burocratici che rendono più complicata l’attività agricola. Voglio capire quali possiamo eliminare, perché gli agricoltori devono coltivare prodotti, non montagne di carta. Abbiamo tante sfide davanti. Ma non partiamo da zero. I 120 anni del Consorzio sono qui a ricordarcelo».

Anche il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini si è detto d’accordo con l’esigenza di razionalizzazione espressa dal presidente del Consorzio: «Tutti gli imprenditori sono oggi chiamati ad affrontare gli stessi problemi. Abbiamo davanti sfide importanti, a partire dal tema del commercio internazionale, con la Brexit e i dazi americani sui prodotti europei, al grande tema dei cambiamenti climatici e della sostenibilità. Questioni che impongono un cambiamento del modello produttivo e la necessità che tutte le organizzazioni sentano la responsabilità di lavorare insieme per sostenere il comparto e per difenderne e rafforzarne la competitività».

Consorzio Agrario ConvegnoI servizi del Consorzio Agrario sono destinati ad evolversi per supportare al meglio la crescita delle imprese agricole. Lo ha evidenziato Denis Pantini, Responsabile Area Agroalimentare di Nomisma, per il quale «la digitalizzazione, le nuove richieste derivanti dai consumatori e le sfide di un mercato che chiede maggiore efficienza e sostenibilità, stanno già da tempo cambiando le esigenze degli agricoltori che hanno bisogno di una nuova tipologia di servizi, anche consulenziali, che assumeranno sempre più importanza rispetto alla semplice commercializzazione dei prodotti. In tal senso i servizi offerti dal Consorzio Agrario possono trovare nuovi ambiti di applicazione, rafforzando il compito di affiancare gli agricoltori nel percorso di sviluppo e modernizzazione dell’agroalimentare».

L’importanza che il Consorzio Agrario da sempre riveste nell’economia del territorio ravennate è stato sottolineato da Antonio Patuelli, presidente dell’ABI e della Cassa di Ravenna che nel suo intervento ha ripercorso «il grande contributo dato dal Consorzio alla crescita dell’agricoltura provinciale, che agli inizi del secolo scorso fu tra le prime a introdurre l’utilizzo di fertilizzanti e che nel dopoguerra segnò poi una vera e propria svolta con la meccanizzazione che diede vita ad una ristrutturazione produttiva dell’agricoltura ravennate».

Fondato nel 1899, il Consorzio Agrario di Ravenna (600 soci, 10.000 clienti e un centinaio di dipendenti) è da sempre punto di riferimento del mondo agricolo del territorio. L’esercizio 2018 è stato chiuso con un valore della produzione di circa 111 milioni di euro, 9 in più rispetto al bilancio 2017, con un consolidamento di importanti quote di mercato in tutta la provincia sia nei mezzi tecnici istituzionali (agrofarmaci, fertilizzanti, sementi, carburanti agricoli) che nelle macchine agricole.

Piogge e marea flagellano il ravennate ma la situazione, per ora, è stazionaria

Diga MarinaPicco del livello del mare previsto per mezzogiorno. Fiumi ingrossati: chiusi per precauzione due sottopassi – FOTO

Preoccupazione a Marina di Ravenna in mattinata per una consistente alta marea, rafforzata da venti di scirocco. Il picco del livello delle acque è previsto per mezzogiorno. Il mare ha invaso le dighe foranee, interdette al passaggio ma non si segnalano particolari fenomeni di ingressione marina sulle spiagge. Si registra solo il parziale allagamento di alcune rotonde a Lido di Savio, non causato però da ingressione marina e che al momento non sta compromettendo la circolazione.

Per tutta la notte considerate le allerte per criticità idraulica, idrogeologica e costiera, vento e stato del mare, tutti gli uffici preposti, a partire dalla Protezione civile e dalla Polizia municipale, hanno costantemente monitorato la situazione e sono pronti a intervenire qualora necessario. Al momento la situazione appare stazionaria anche se, viste le abbondanti piogge della notte, sono probabili criticità legate ai livelli idrometrici di fiumi e canali.

Il servizio di protezione civile e difesa del suolo della Regione Emilia Romagna sta registrando aumenti dei livelli idrometrici sui Fiumi Uniti e sul Savio. È stato pertanto ritenuto opportuno, e si sta provvedendo in tal senso, chiudere a livello precauzionale con transenne il sottopasso di Madonna dell’Albero sotto la statale 16 in destra idraulica del Ronco e il sottopasso di via Ravegnana (altezza ponte Assi) in sinistra idraulica del fiume Montone.

Smontato e ricollocato in Darsena il grande robot dedicato a Dante

L’opera dello street artist Labadanzky, dal giardino della biblioteca Oriani per la mostra “Dante Plus”, è stata trasferita all’ingresso di Darsena Pop Up

Robot Darsena Popo Up 1

Il grande robot di oltre quattro metri di altezza e 300 chili di peso, opera dello street art genovese, di fama internazionale, Labadanzky, collocata da diverse settimane nel giardino della biblioteca Oriani in occasione della mostra “Dante Plus” è stata smontata stamane e subito rimontata in via D’Allaggio, a sinistra dell’ingresso di Darsena Pop Up.
«L’opera per ragioni logistiche non poteva più stare all’Oriani – spiega Marco Miccoli di Bonobolabo, direttore artistico di “Dante Plus” – cosi grazie alla disponibilità di Paolo Monduzzi l’abbiamo trasferita davanti a Darsena Pop Up, dove fa un notevole effetto… La collocazione però è provvisoria perché l’opera andrà a fine novembre al “Booming”, l’esposizione di arte contemporanea al Dumbo Space di Bologna. Chissà quale sarà il suo destino… Certo sarebbe bello che potesse ritornare in Darsena a Ravenna, che è lo spazio di riferimento per la street art nella nostra città».

Allerte meteo arancione e rossa nel ravennate fino alla mezzanotte di domenica

Preoccupano i fiumi in Bassa Romagna. Prevista criticità idraulica, idrogeologica e costiera, ma anche venti forti e mare mosso

È scattata nel pomeriggio di sabato una nuova allerta meteo, la numero 104, della Protezione Civile di tipo arancione per criticità idraulica, idrogeologica e costiera, gialla per vento e stato del mare, fino alla mezzanotte di domenica, nel territorio del comune di Ravenna.

«Raccomando – dichiara il sindaco Michele de Pascale – di mettere in atto le opportune misure di autoprotezione, fra le quali, in questo caso: prestare particolare attenzione allo stato dei corsi d’acqua, evitare di accedere ai capanni presenti lungo gli stessi ed evacuarli qualora siano occupati; prestare attenzione alle strade eventualmente allagate e non accedere ai sottopassi nel caso li si trovi allagati; non accedere a moli e dighe foranee e prestare particolare attenzione nel caso in cui si acceda alle spiagge; fissare gli oggetti sensibili agli effetti del vento o suscettibili di essere danneggiati».

L’allerta diventa rossa nel territorio della Bassa Romagna lughese, in particolare per il passaggio delle piene fluviali previste per domenica 17 novembre. Sono stati pertanto attivati a scopo precauzionale i Centri Operativi Comunali (COC) in forma ridotta in tutti i Comuni della Bassa Romagna, Per emergenze è attivo il numero verde 800 072525.

Il medico di Msf: «Non scorderò mai lo sguardo vuoto dei ragazzi soldato in Congo»

Il lughese Andrea Collini ha trascorso sei mesi a Masisi, zona di conflitto: «Curiamo tutti quelli che arrivano feriti. Non mi sono mai sentito in pericolo, anche se sentivamo gli spari e vedevamo ogni giorno le ferite sulle vittime»

Andrea Collini MSFAndrea Collini, lughese oggi residente a Torino dove si sta specializzando in medicina d’urgenza, da gennaio a luglio di quest’anno, è stato in Congo, a Masisi, con un progetto di Medici Senza Frontiere noto e ormai consolidato, uno dei pochi peraltro che permette appunto anche a chi è ancora privo di specialistica di partecipare alle missioni sanitarie di una delle Ong più importanti del mondo. Il progetto copre una popolazione di 500mila persone.

Cosa l’ha spinta a partire? E perché Msf?
«Il diritto umanitario e l’assistenza ai più deboli sono temi che da sempre mi interessano. Lo si capisce anche un po’ dalla specializzazione che ho scelto: in Pronto Soccorso può arrivare chiunque, non scegli chi curare, sei sempre in prima fila. In passato avevo fatto tre settimane a Kios, in Grecia, in un campo profughi, con una piccola Ong e questa volta volevo affidarmi a una struttura con fondamenta storiche più solide. Dentro la cooperazione internazionale del resto sappiamo bene che ci sono anche tante contraddizioni. Personalmente condivido pienamente lo spirito e i principi di Msf».

E che situazione ha trovato in Congo?
«Si tratta di un progetto in sede da tanti anni e che funziona bene, Msf ha creato una buona formazione degli operatori locali e questo non è mai scontato. Ha cambiato le statistiche del posto rispetto alle condizioni di salute di tante categorie deboli, in particolare donne e bambini. Il problema vero sarà come mantenere assistenza quando Msf se ne andrà perché quello dovrebbe essere l’obiettivo ultimo di ogni progetto».

Ma è un obiettivo realistico?
«È la grande sfida. Accanto all’aspetto sanitario, l’Ong lavora anche sul fronte dell’Advocacy, di denuncia delle situazioni critiche e di pressioni sugli interlocutori locali, ma ovviamente non è facile».

Dal punto di vista professionale che esperienza è stata?
«Sicuramente il lavoro quotidiano è abbastanza diverso da quello che si fa qui: lì arrivano bambini malnutriti e feriti da arma da fuoco che qui in pronto soccorso non vedi mai. E poi ci sono tante patologie infettive che qua si vedono meno, o con caratteristiche diverse».

E per quanto riguarda le condizioni pratiche del lavoro?
«C’è una grande differenza, soprattutto sugli strumenti diagnostici. Anche se il centro in cui ho lavorato è molto avanzato con una radiologia di base, la possibilità di fare esami di laboratorio e una sala operatoria con possibilità di sterilizzare per interventi non differibili, parliamo soprattutto di chirurgia di guerra».

Sono tanti i medici pronti a partire per un’esperienza simile?
«Prima di partire non avevo capito quanto Msf sia una grandissima famiglia composta da varie figure professionali, una grossa fetta di operatori lavorano per far andare avanti la macchina e permettere ai sanitari di lavorare: si occupano di logistica, finanza, coordinamento. Alla fine i medici e gli infermieri che partono non sono poi così tanti. Un po’ anche perché in Italia è sempre più difficile prendere l’aspettativa e poi perché non sempre è una vita molto ambita. Puoi finire in missioni nei posti più sperduti per periodi di mesi».

Ma lei vorrebbe tornare?
«Sì, possibilmente non più in un teatro di guerra, ma in una situazione di crisi umanitaria. E mi interessa il progetto Ebola».

Si è mai sentito in pericolo mentre era in Congo?
«Benché sentissimo sparare e vedessimo continuamente le terribili violenze su uomini e donne, da operatore, non mi sono mai sentito realmente in pericolo. Ci sono stati momenti di maggior tensione, ma mi sono sempre sentito ben tutelato. E questo grazie all’ottimo lavoro che fa Msf sul tema della sicurezza, che non è mai una sicurezza armata, a cui l’ong è contraria, ma una sicurezza fondata sul rapporto con le realtà del territorio che accettano la presenza di un’entità neutrale. Nessuno ti potrà mai dire di stare tranquillo al 100 percento, naturalmente, ma la strategia di Msf è quella appunto di ridurre al massimo il rischio cercando di arrivare al massimo dell’assistenza».

Il che significa anche che nelle vostre cliniche entrano vittime ma anche carnefici…
«Questo è uno dei grandi principi di Msf che più apprezzo: l’imparzialità e il fatto di curare tutti. È l’unico modo per essere accettati dalla popolazione. Msf non prende le parti politiche di nessuno e offre assistenza sanitaria indiscriminata. Cerca di denunciare le atrocità che esistono con attività di policy, ma senza accusare qualcuno».

Ci racconta due episodi che sa che non dimenticherà di quell’esperienza?
«Il ricordo più bello è quando la popolazione locale venne a chiamarci mentre stavamo allestendo una clinica mobile in periferia. Una donna stava partorendo per strada. Siamo intervenuti, anche se per la verità è andato tutto bene e non abbiamo dovuto fare chissà cosa. Invece, il ricordo più terribile resterà lo sguardo di ragazzi di una ventina d’anni, poco più giovani di te, che vivono nella boscaglia, girano armati, sono stati arruolati nelle bande in conflitto quando erano appena ragazzini. I loro occhi sembrano vuoti».

Secondo lei, interventi come quelli di Msf servono anche a frenare la fuga da quei paesi?
«Questo non so proprio dirlo. Le condizioni di gran parte delle persone sono talmente estreme che non possono nemmeno pensare di tentare di andarsene. Sono in fuga perenne, si spostano sulla base delle recrudescenze delle violenze, vivono spesso in baracche nelle periferie».

Ci racconta anche cosa l’ha colpita di più della sua esperienza a Kios tra i profughi siriani?
«Che erano persone come noi che da un giorno all’altro si sono trovati costretti ad abbandonare la casa e la loro professione senza più un futuro a cui guardare. Ricordo un ortopedico, che passava le giornate in un container e che si era offerto di darmi una mano. Lì non erano tanto le condizioni fisiche di salute a essere gravi, ma più quelle psicologiche. Va anche detto che era un campo nato da poco e che molti problemi sanitari si aggravano con il perdurare di condizioni igieniche precarie».

Il Tavolo dell’Imprenditoria in campo per salvare la Camera di Commercio

Chiesto al ministro di attivarsi per rivedere la riforma. Brunelli, coordinatore del Tavolo: «Si permetta l’esistenza di quelle in equilibrio finanziario»

Camera Di CommercioLa riforma del governo Renzi ne fissava la diminuzione da 105 a 60, con accorpamenti in tutte le regioni. Ma le Camere di commercio sono ancora oggi 82, con tante che continuano a dire no a una riforma che considerano «sbagliata, calata dall’alto e che mette solo in crisi territori e imprese».

Dopo la lettera del sindaco Michele de Pascale, ora arriva anche il Tavolo dell’Imprenditoria della provincia di Ravenna (al quale partecipano tutte le associazioni di rappresentanza delle categorie economiche del territorio) a chiedere al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli di attivarsi per rivedere alcuni aspetti della riforma «in modo da raggiungere una modifica condivisa»
In sostanza, le imprese della provincia di Ravenna chiedono che vengano resi volontari i processi di rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, in modo da evitare la creazione di Camere di Commercio con assetti istituzionali e relazionali diversi e, soprattutto, con sistemi produttivi non allineati in termini di settori, numero imprese e di dimensione: «per ottenere questo basterebbe derogare il limite stabilito dalla riforma di legge di 60 Camere di commercio e invece permettere l’esistenza di tutte quelle che posseggano i requisiti di equilibrio finanziario e manifestino o abbiano manifestato la volontà di restare autonome», si legge nella nota del Tavolo.
Inoltre, al titolare del dicastero viene chiesto di confermare la volontà di attribuire alle Camere di commercio importanti competenze in materia economica, garantendo adeguate risorse economiche.

Alessandro Brunelli
Alessandro Brunelli, coordinatore del Tavolo per l’Imprenditoria di Ravenna

«Non chiediamo lo smantellamento della Riforma – commenta il coordinatore del Tavolo, Alessandro Brunelli – ma il suo miglioramento e la sua reale efficacia rispetto ai differenti contesti locali. Questo rispettando i contenuti della legge n. 580 del 1993, che valorizzava le Camere come enti di “prossimità” rispetto ai temi dello sviluppo economico locale e che per questo erano organizzate su territori omogenei dal punto di vista economico e sociale, fondamentali per la tenuta anche sociale delle comunità. Noi crediamo che la ripresa e la modernizzazione dell’Italia non possa prescindere da una Riforma delle Camere di commercio che sappia rafforzarne il ruolo di presidio permanente sui territori a sostegno delle imprese».

Mentre il Governo ha proposto un bozza di emendamento che, confermando l’obbligatorietà degli accorpamenti, prevede il commissariamento delle Camere che non procederanno alle unificazioni e assegna loro funzioni che, in alcuni casi, sono sovrapposizioni all’attività svolta dalle Associazioni di categoria, la Commissione politiche economiche della Regione, il 16 ottobre, ha impegnato la Giunta ad attivarsi col Governo per portare in sede di Conferenza Stato-Regioni il tema del riordino delle Camere di commercio. L’obiettivo è difenderne la peculiarità come strumento delle politiche regionali di sviluppo del territorio, sia in tema di progetti e servizi per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, sia concertando tra Camere e Regione opportunità e destinazione del gettito dell’incasso dell’aumento fino a un massimo del 20% dei diritti camerali.

Prima gli chiede dei soldi per un favore. Poi gli taglia le gomme dell’auto

Denunciato un 39enne che pretendeva una ricompensa per una presunta intercessione

Gomme Squarciate 300x225Pretendeva dei soldi per una presunta intercessione per l’acquisto di due telefoni cellulari. Ma non riuscendo a ottenere il denaro, ha iniziato a picchiare il conoscente con cui stava litigando, colpendolo ripetutamente al volto e poi arrivando a estrarre anche un coltello, per minacciarlo.

La vittima della tentata estorsione nel frattempo è riuscita a chiamare la polizia, senza però riuscire a intimorire l’altro, che con il coltello ha squarciato le gomme dell’auto del conoscente.

I poliziotti giunti sul posto hanno quindi bloccato e identificato l’uomo, un 39enne beneventano residente a Ravenna, con precedenti penali e di polizia, denunciandolo per estorsione aggravata e danneggiamento aggravato.

Via libera per lo studentato. Il sindaco: «Si farà in ogni caso». Lavori nel 2020?

De Pascale: «Si va avanti anche senza la certezza dei finanziamenti del ministero». Accordo tra Flaminia, Comune e Ravenna Holding. Apertura prevista per il 2022

Rendering progetto
Il futuro studentato

Era uno dei grandi punti interrogativi degli ultimi anni, dopo che il ministero aveva accettato con riserva il progetto presentato ormai due anni fa. Oggi invece – dopo il via libera da parte della giunta – è invece sempre più vicino lo studentato universitario di Ravenna, unico campus dell’Università di Bologna a esserne ancora privo.

La svolta è stata la decisione – presa da Comune di Ravenna, Fondazione Flaminia e Ravenna Holding, i tre enti coinvolti nel progetto – di procedere anche senza la certezza di quando – e se – arriverà il finanziamento ministeriale previsto dal bando per l’edilizia universitaria. «La notizia è che si va avanti in ogni caso – conferma il sindaco Michele de Pascale – anche se siamo ottimisti e fiduciosi di ottenere il finanziamento».

Un grande passo avanti per il campus universitario ravennate, soprattutto in vista del probabile insediamento della facoltà di Medicina e Chirurgia a settembre 2020.

Lo studentato sorgerà, come da progetto, nell’edificio di viale Farini antistante la stazione, attualmente occupato da uffici comunali. Dopo lo spostamento degli uffici nella nuova sede di viale Berlinguer, comincerà l’opera di  risanamento e riqualificazione della struttura, di proprietà della “cassaforte” comunale Ravenna Holding, non prima però di aver completato il progetto esecutivo e di aver concluso le gare d’appalto per l’assegnazione dei lavori.

Il tutto dovrebbe avvenire auspicabilmente entro la fine del 2020: solo allora – ha annunciato il sindaco – comincerà la realizzazione dell’intervento, che si calcola sarà ultimato entro la fine del 2022.

L’attuazione del progetto è stata resa possibile dall’impegno di Flaminia e Holding – quest’ultima in proporzioni maggiori –  a impegnarsi finanziariamente per coprire i costi dell’intervento – circa 4 milioni di euro – in attesa che arrivino i fondi stanziati dal ministero, per i quali però non c’è ancora nessuna certezza in termini di tempo o entità. Diversi quindi i piani d’azione da valutare, che dovranno essere quanto più elastici per far fronte ai possibili scenari che si presenteranno da qui a due anni.

L’urgenza di procedere con i lavori è giustificata dal ruolo, sempre più importante, che la vita universitaria sta assumendo all’interno del contesto cittadino, alle cui esigenze non è stato possibile, almeno finora, rispondere in maniera adeguata.

Il nuovo studentato non solo offrirà posti letto (il progetto ne prevede 110) agli studenti fuori sede, ma metterà a disposizione una serie di servizi, come sale studio, di cui potranno fruire tutti gli studenti iscritti a Unibo. Inoltre, con la collocazione strategica in viale Farini, il Comune realizza di fatto quella riqualificazione della zona stazione/giardini Speyer di cui da anni si dicute.

Per Ravenna lo studentato è destinato a rappresentare un’enorme opportunità di crescita e attrazione di talenti e di questo le istituzioni sono pienamente consapevoli: «Dotare la città di una struttura di questo tipo – afferma De Pascale –  significa qualificare l’offerta formativa universitaria stessa e quindi essere attrattivi nei confronti di giovani e brillanti “cervelli”. Ragazzi e ragazze potranno venire a studiare a Ravenna da tutta Italia e da tutto il mondo e qui rimanere a vivere, mettendo a disposizione della comunità la loro intelligenza, il loro talenti e le loro capacità».

Un viaggio disegnato che ci costringe a interrogarci su ciò che accade in Libia

Il magnifico libro della giornalista Francesca Mannocchi e del disegnatore ravennate Gianluca Costantini

LibiaSabato 16 novembre alle 18.30 alla biblioteca Oriani di Ravenna si terrà un incontro con la giornalista Francesca Mannocchi e il disegnatore ravennate Gianluca Costatnini, coautori di un volume da poco in libreria per Mondadori dal titolo Libia.

Un libro, magnifico, che nasce dall’esperienza diretta di Mannocchi come reporter in Libia e disegnato da Costantini a cui va forse innanzitutto il merito di restituire un volto e un’identità ai tanti migranti che spesso, nelle cronache, restano una massa indistinta senza nome.

Il libro racconta da Gheddafi ai centri di prigionia di oggi e mostra i due fili che legano la Libia all’Italia: quello sotterraneo del gas e quello via mare dei tanti profughi. Libia è infatti insieme un libro storico, un reportage d’inchiesta, un testo di inevitabile denuncia per le condizioni in cui i migranti sono tenuti prigionieri (con il benestare dell’Italia), ma è anche un libro fatto di singoli individui, di biografie che sono come “carotaggi” nella carne viva di un popolo e ci fanno toccare con mano cosa significa vivere sotto una dittatura che in qualche modo ti “protegge” e anestetizza o essere costretto a fuggire dall’inferno e ritrovarti prigioniero.

Un libro a più strati per pubblici potenzialmente anche molto diversi tra loro (tanto che verrebbe da consigliarlo un po’ a tutti, studenti e persone mature, leghisti e attivisti per i diritti umani), che ci parla di come sono davvero le cose a “casa loro”, dove li rispediamo o da dove vogliamo che non partano. E che ci racconta come il traffico di uomini si stia sempre più imbarbarendo: ormai il famoso “scafista” non esiste nemmeno più, perché nessuno che non sia disperato è disposto a salire su quei gommoni, consapevole del rischio. E allora lo “scafista” non è altro che uno degli uomini in fuga dal continente africano a cui viene messa in mano una torcia e una bussola e poi via, nel mare nero. A rischiare la vita, perché le condizioni da cui si sta scappando non permettono altra scelta, per quanto disperata.

Libia mette insieme una sequenza di fatti con illustrazioni che con il tipico tratto mai banale e mai didascalico di Costantini ci mostrano l’essenza di ciò che non ci è normalmente concesso vedere, ci costringe a guardarci nello specchio del sud del Mediterraneo e a chiederci se davvero uno stato come il nostro, che partecipa e anzi finanzia simili politiche di gestione dei flussi migratori, possa ancora dirsi rispettoso dei diritti fondamentali dell’uomo.

L’evento di sabato 16 novembre è organizzato da Gruppo Dello Zuccherificio, Libera Ravenna, Amnesty Ravenna e Arci Ravenna. I due autori dialogheranno con Giovanni Boccia Artieri, sociologo e direttore del dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

Dopo oltre vent’anni di abbandono è rinato il campo all’ex Salesiani di Faenza

Lo gestisce il Faventia, con 191 tesserati e un’attenzione particolare verso il settore giovanile

Da Sinistra Andrea Fabbri, Omar Montanari, Giampaolo Sabbatani E Massimo Isola
Da sinistra Andrea Fabbri di Faventia Sales, Omar Montanari e Giampaolo Sabbatani del Faventia e il vicesindaco Massimo Isola

È rinato a Faenza il campo da calcio del complesso ex Salesiani – utilizzato per decenni dall’Orsa Calcio, società dell’oratorio salesiano, e da altre associazioni – da oltre 20 anni in stato di non utilizzo.

Il progetto di recupero (nell’ambito di quello dell’intero complesso) è stato fortemente voluto da Faventia Sales per restituire alla comunità un importante spazio non solo sportivo ma di aggregazione sociale, uno spazio verde di gioco nel pieno centro della città.

Faventia Faenza
Il nuovo campo con i bambini in azione durante gli allenamenti

L’intervento sull’area esterna, a sud dell’ex oratorio, effettuato nel 2019, ha ridefinito l’ambito del campo da calcio attraverso una recinzione a rete metallica anti-intrusione nella parte bassa e una rete para-palloni in corda. Inoltre, l’introduzione di un nuovo impianto tecnico di illuminazione consente un utilizzo del campo in condizioni adeguate a qualsiasi ora. A completamento dell’opera sono stati installati nuovi spogliatoi in prefabbricato sotto la pensilina dell’ex oratorio, senza necessità di nuove cubature.

La gestione del campo è stata affidata da Faventia Sales alla società sportiva Faventia, che si è fatta carico di tutto ciò che riguarda il campo da gioco e la relativa attrezzatura, avviando già prima dell’estate un’attività di manutenzione del manto e installando a settembre l’attrezzatura da gioco.

«La messa in funzione del campo da calcio è stata una delle operazioni più complicate, non per il valore assoluto dei costi, ma per la complessità di trovare un equilibrio economico dell’investimento – spiega il presidente di Faventia Sales Andrea Fabbri -. Vederlo pieno di bambini e ragazzi è stata una delle soddisfazioni più belle di questi anni di presidenza di Faventia Sales. Spero sia un piccolo regalo anche per le tante persone che in questo campo hanno giocato nei decenni passati e che oggi possono tornare a calpestarlo. Un grazie particolare va ovviamente al Faventia che ha scommesso sul progetto e con cui ci siamo ritrovati nella filosofia e nei valori del progetto».

«Alla base delle attività di Faventia c’è la convinzione che oltre al semplice esercizio fisico nello sport siano importanti l’educazione e il gioco di squadra – ha spiegato il direttore generale della società sportiva, Omar Montanari -. Per questo non offriamo ai nostri bambini e ragazzi solo partite e allenamenti, ma anche occasioni di incontro per stimolare la loro crescita personale. Una volta a settimana, ad esempio, i bambini partecipano a un allenamento interamente in inglese. Per ora è un progetto sperimentale rivolto a una sola categoria, con l’intento di estenderlo nelle prossime stagioni a tutti. La qualità delle attività proposte ha convinto anche la mia società M.M.B. Software a investire su questo progetto. Credo sia molto importante investire sui giovani con momenti di aggregazione che abbiamo anche finalità educative».

Il Faventia è nato nel 1998 e alle tradizionali attività sportive da sempre affianca iniziative di aggregazione sociale per coinvolgere non solo i membri dello staff, ma anche i genitori dei ragazzi che ne fanno parte. A questo proposito la società organizza, con il patrocinio del Comune di Faenza, alcuni incontri aperti a tutta la cittadinanza, nell’ambito del progetto “Cresco io cresci tu” nelle aule del Complesso di Faventia Sales. Gli appuntamenti sono in programma il 18 novembre, il 4 dicembre e il 23 febbraio dalle 20.45. Si parlerà di cultura dello sport, importanza della prevenzione nello sport in età evolutiva e del ruolo dei genitori nel supportare i propri figli nella gestione delle emozioni all’interno del contesto sportivo.

In totale sono 191 gli atleti del Faventia, divisi tra ‘Piccoli Amici’, ‘Primi Calci’, Pulcini, Esordienti, Giovanissimi Allievi, Juniores, Under 19, e prima squadra. A loro si aggiunge uno staff di oltre 50 persone, composto da 24 tecnici/allenatori, 18 dirigenti accompagnatori e 10 dirigenti addetti ai vari servizi.

Al recupero del campo da calcio hanno lavorato consorzio Cear, Amorino impianti e Venturelli Romolo.

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