giovedì
21 Agosto 2025

Violenza sessuale di gruppo: in quattro accusati di aver abusato di una 14enne

L’adolescente, ubriaca, si era appartata con un ragazzo, che poi è stato raggiunto da tre suoi amici. A Milano Marittima

Violenza SessualeLa procura di Ravenna ha aperto un fascicolo che vede attualmente indagati quattro ragazzi, di età compresa tra i 18 e i 22 anni, con l’accusa di violenza sessuale di gruppo, ai danni di un’adolescente che all’epoca dei fatti non aveva ancora 15 anni.

La notizia è riportata nei dettagli sul Corriere Romagna in edicola oggi, 18 giugno.

I fatti risalgono alla scorsa estate e si sarebbero svolti a Milano Marittima. A denunciare l’accaduto è stato un docente della scuola superiore frequentata dalla vittima, dopo una confidenza.

Secondo la versione della 14enne, dopo una serata in un locale (dove avrebbe esagerato con la vodka, tanto da essere definita ubriaca) si sarebbe appartata con un ragazzo che le piaceva, seguendolo in un’area verde, probabilmente in pineta. Qui li hanno raggiunti altri tre ragazzi, che avrebbero iniziato a palpeggiare la giovane, costretta poi a subìre abusi sessuali.

Il sostituto procuratore Angelo Scorza – scrive il Corriere – ha chiesto un incidente probatorio durante il quale sarà chiesto alla 14enne di riconoscere gli indagati.

“Alla Natura”: il rito propiziatorio dell’arte nel ritrovato Palazzo San Giacomo

A Russi inaugura il 18 giugno una collettiva, a cura di Alessandra Carini, per la riapertura di alcune sale. L’esposizione ospita una decina di artisti con rapporti con il territorio che hanno creato opere site-specific

Oscar Dominguez
Oscar Dominguez mentre allestisce la sua opera in una delle stanze di Palazzo San Giacomo

Dopo tre anni di lavori, riaprono alcune sala di Palazzo San Giacomo, a Russi, con una mostra curata da Alessandra Carini della galleria d’arte Mag (con assistente alla curatela Benedetta Pezzi) dal titolo Alla Natura. L’azione artistica come ultimo rito magico e salvifico.
L’appuntamento inaugurale di sabato 18 giugno, alle 18, ha dunque più di una valenza per i russiani e non solo, tra cui quella di riappropriarsi tramite l’arte di uno spazio che ha segnato la storia e la vita di tante persone – ha sottolineato Valentina Palli, la sindaca della città che sostiene l’evento –. Il Palazzo è infatti non solo è un luogo di memoria e identità, di spettacoli e feste, è anche un rifugio, e tale fu durante la guerra di cui porta i segni dei combattenti canadesi, ma è anche un atelier d’arte, il ricordo di Mattia Moreni e le sue pennellate che ancora oggi lo impreziosiscono.

La mosta che segna questa “restituzione” del Palazzo sarà dedicata all’artista argentina Hyuro, recentemente scomparsa, ed esporrà lavori di Andreco (Italia,1978), Borondo (Spagna, 1989), Daniele Cabri (Italia, 1965), DEM (Italia, 1977), Oscar Dominguez (Argentina, 1970), Gola Hundun (Italia, 1983), Monika Grycko (Polonia, 1970), Chiara Lecca (Italia, 1978), Margherita Paoletti (Italia, 1990), Joseph Beuys (Germania, 1921- 1985). Diversi degli artisti selezionati hanno un forte legame con il territorio, alcuni per aver operato direttamente nel tessuto rurale e urbano attraverso festival e performance, altri per aver preso parte a “Equidistanze”, residenze artistiche che si svolgono a pochi chilometri da Russi e coordinate dallo stesso team curatoriale.

DEM Opera Site Specific
L’opera di DEM

Quella che è stata ideata è più di una mostra, o perlomeno non solo. «Pensiamo – spiega la curatrice Carini – che non si possa prescindere dagli avvenimenti che tuttora, e sempre di più, attanagliano le nostre vite. Non avendo particolari speranze nei confronti della politica, ma neanche nel singolo individuo, idealmente ci affidiamo a quella che, paradossalmente, potrebbe essere l’unica cosa che ci salverà: una magia. Un ultimo gesto disperato che contiene dentro di sé la speranza più genuina e pri- mordiale».
L’opera d’arte, o l’azione artistica, diventano così riti propiziatori e atti sciamanici, che richiamano gli Spiriti della Natura a protezione di questo mondo ormai perduto. Sotto l’influenza dell’artista-sciamano per eccellenza, Joseph Beuys, e prendendo spunto dalla Psicomagia di Alejandro Jodorowsky, è stato selezionato un gruppo di artiste e artisti che per gli organizzatori rappresentano al meglio questi concetti. In tutte le loro ricerche ritroviamo quegli elementi alchemici che costituiscono il cuore di questo progetto. Diversi i linguaggi utilizzati, dall’illustrazione alla street art, dalla ceramica alla land art con materiali di recupero. Le opere sono quasi tutte inedite e site-specific (o opere già esistenti riadattate agli spazi), e comprendono installazioni indoor, performance (con conseguenti documentazioni video da inserire nel percorso), interventi che agiscano sull’edificio del palazzo, come nel caso di Oscar Dominguez che dialogherà con gli spazi del primo piano.

La mostra resterà aperta al pubblico fino al 25 settembre, dopo la fiera cittadina: la “Fira di sett dulur”, lapiù antica di tutta la Romagna che richiama ogni anno migliaia di persone. Per i tre mesi di apertura della mostra si prevedono vari eventi, come la presentazioni del catalogo (edito da Mag/Bonobolabo) previsto in luglio, incontri con gli artisti e visite guidate. I giorni di apertura saranno il giovedì, venerdì e sabato.

A proposito della Versailles dei Rasponi

Il palazzo San Giacomo, che con la sua mole spicca nella campagna di Russi nei pressi del fiume Lamone, è quanto rimane del grandioso complesso architettonico che i conti Rasponi, casato nobiliare ravennate, costruirono a partire tra la seconda metà del Seicento e i primi decenni del Settecento come propria residenza estiva. La cui magnificenza gli rese la denominazione di Versailles dei Rasponi. Al centro di vaste tenute condotte a mezzadria, la sontuoso residenza aristocratica si presentava allora come una piccola corte con la sua cappella e più fabbriche accessorie. Per oltre un secolo fu animato dalle feste e dalle rappresentazioni teatrali che i Rasponi offrivano ai loro ospiti prima di perdere il ruolo esclusivo di rappresentanza di una famiglia prestigiosa ed essere così progressivamente abbandonato a un’inevitabile decadenza. Divenuto proprietà del Comune di Russi nel 1977, il Palazzo è stato oggetto di numerosi interventi di restauro. Il più recente, conclusosi nel 2022 e finalizzato all’esercizio di attività museali, culturali e ricreative, si è articolato principalmente sulla realizzazione di un nuovo corpo scala di accesso al primo piano, sul restauro delle finiture delle stanze, la pavimentazione degli ambienti interni e l’installazione di infissi.

Ravenna Teatro e Accademia Perduta primi Centri di Produzione teatrale in Italia

Secondo la valutazione del ministero per l’ammissione a contributo per il triennio 2022-2024

Claudio Casadio E Ruggero Sintoni Vert
Claudio Casadio e Ruggero Sintoni

Nei giorni scorsi il Ministero ha reso noto i punteggi di valutazione per l’ammissione a contributo per il triennio 2022-2024 e per l’anno 2022 dei Teatri Nazionali, Teatri di Rilevante Interesse Culturale e Centri di produzione teatrale, riconoscendo a Ravenna Teatro un punteggio pari a 31,40 e ad Accademia Perduta/Romagna Teatri quello di 29,50, i due più alti, a livello nazionale, ottenuti dai Centri di Produzione.

Riconoscimenti che, da Ravenna a Forlì, da Faenza a Bagnacavallo, Cervia, Meldola (per citare i teatri in gestione dalle due realtà), affermano la Romagna come terra d’eccellenza teatrale, evidenziando il lavoro portato avanti in questi anni dai due Centri di Produzione.

In particolare, Ravenna Teatro diventa il primo Centro di Produzione a livello nazionale sui 35 presenti per qualità artistica – riconoscimento ottenuto grazie al lavoro della direzione artistica di Ermanna Montanari e Marco Martinelli che valorizza anche l’intera città di Ravenna.

«Ci congratuliamo per questo importante risultato – dichiarano il sindaco di Ravenna Michele de Pascale e l’assessore alla Cultura Fabio Sbaraglia – che rende merito al prezioso lavoro svolto da Ravenna Teatro in questi anni, volto ad offrire alla città una proposta culturale ricchissima e di altissima qualità, nel segno di una costante e appassionata ricerca artistica. Allo stesso tempo si tratta di un riconoscimento che riafferma con vigore l’intrinseco legame di Ravenna con il mondo dell’arte, un rapporto fecondo ed incessante che nel dialogo con le molteplici realtà culturali presenti nel territorio trova la sua ragione d’essere».

Argnani Nonni Ravenna Teatro
Argnani e Nonni di Ravenna Teatro

«Questo risultato – spiegano i condirettori di Ravenna Teatro Alessandro Argnani e Marcella Nonni – ci riempie di orgoglio e di felicità. È il riconoscimento di una semina che da quarant’anni viene fatta in città e che tocca diversi luoghi i cui punti focali sono il Teatro Rasi, appena rinnovato, l’Alighieri, il Teatro Socjale di Piangipane e Palazzo Malagola, sede dell’omonima Scuola di vocalità e centro studi internazionale sulla voce fondato e diretto da Ermanna Montanari e Enrico Pitozzi. Un riconoscimento testimone di un dialogo forte tra Ravenna Teatro, l’Amministrazione, i tanti spettatori e spettatrici, gli artisti e le compagnie ravennati che contribuiscono a far vivere la nostra realtà. Essere accreditati quale primo centro di produzione in Italia per qualità artistica significa che una città di provincia non ha nulla da invidiare ai grandi centri del Paese».

Un riconoscimento che evidenzia anche il lungo percorso di Accademia Perduta/Romagna Teatri, che diventa il primo Centro di Produzione italiano nell’ambito del Teatro Ragazzi e che da anni contribuisce a valorizzare la qualità artistica di diverse realtà romagnole.

«I risultati ministeriali sono una bellissima soddisfazione – concludono Claudio Casadio e Ruggero Sintoni, condirettori di Accademia Perduta/Romagna Teatri – oltre che un’importante conferma per il lavoro che abbiamo svolto in tanti anni in Romagna, una terra che è madre’ di tante importanti realtà teatrali».

«Il riconoscimento ottenuto – ha dichiarato il presidente di Legacoop Romagna, Mario Mazzotti, sottolineando la natura cooperativa di entrambe le realtà – rappresenta l’ennesima conferma dell’elevatissima qualità della proposta culturale di Ravenna Teatro e Accademia Perduta e del contributo fondamentale giocato da queste due cooperative, nel corso della loro storia ormai pluridecennale, nel rendere la Romagna una terra d’eccellenza per il teatro. L’impegno continuo nella ricerca artistica e la capacità di innovazione dell’offerta culturale di Ravenna Teatro e Accademia perduta è anche la riprova del dinamismo e della vitalità del settore delle cooperative teatrali, capace di superare la difficile stagione della pandemia e delle chiusure e tornare ad accogliere migliaia di spettatori, animando la vita culturale del nostro territorio».

Una stanza a cielo aperto, “auto-costruita”, ai piedi della Rocca di Lugo

L’installazione ideata da collettivo Orizzontale e l’azienda Edilpiù verrà inaugurata il 23 giugno con la performance di Matteo Scaioli

CantiereNella cornice del centro storico di Lugo, il 23 giugno alle 18.30 verrà inaugurato “LuOgo – Costruire lo spazio comune”. Ideato dalla sinergia tra il collettivo Orizzontale che ha fatto dell’architettura come pratica di inclusione il suo tratto distintivo, e l’azienda lughese Edilpiù, il progetto sarà frutto di un workshop di autocostruzione, che culminerà il giorno dell’inaugurazione con la performance, in collaborazione con il Ravenna Festival, del percussionista Matteo Scaioli.

Per tutta la stagione estiva, l’installazione animerà il giardino ai piedi della Rocca Estense.

«Un’opera che dialogherà con la città e con le persone – ha commentato il sindaco Davide Ranalli -. È un’azione che si inserisce in pieno nel concetto di rigenerazione urbana, che ci è caro. LuOgo rimarrà fino a settembre in quello spazio ma non escludiamo di utilizzarlo, tutto o in parte vista la sua natura modulare, in altre parti di città dove vogliamo, appunto, attuare operazioni di rigenerazione».

Luogo Lugo
Un rendering

Nelle architetture nomadi il cerchio è la forma più immediata attraverso cui si identifica un luogo, atto fondativo e insieme gesto effimero. Così, LuOgo abiterà temporaneamente con il suo parterre circolare il prato di Piazza dei Martiri.

«LuOgo – scrivono in una nota inviata alla stampa i promotori – sarà uno spazio multiforme, un ambito raccolto e pubblico allo stesso tempo, un recinto permeabile, una stanza a cielo aperto, una membrana sottile che abbraccerà una porzione di spazio pubblico restituendogli nuove funzioni».

La realizzazione durerà meno di una settimana (18-24 giugno) e avverrà attraverso un laboratorio aperto agli abitanti, agli studenti e ai giovani professionisti, per un totale di 15 partecipanti. Moduli semplici e funzionali, che rendono il cantiere accessibile a tutti, verranno accostati per definire un’architettura unitaria ma eterogenea, dove diversi usi troveranno spazio gli uni accanto agli altri.

Arricchita di gradonate, altalene, scivoli e sdraio, la struttura perimetrale in legno sarà opportunamente dotata di illuminazione a Led e schermata da teli ombreggianti e reti metalliche coperte da piante rampicanti.

Dopo l’esperienza di Lunette, realizzata nel 2021 in occasione dei 40 anni dalla fondazione di Edilpiù, la nuova installazione rinnova l’esperienza e consolida una pratica virtuosa: «Crediamo che LuOgo sia un perfetto esempio di come un’architettura effimera possa diventare elemento di aggregazione, rendendo lo spazio pubblico trasformista e permeabile – aggiunge Marcello Bacchini di Edilpiù -. LuOgo pone al centro le persone e le relazioni che si generano fra i cittadini e la piazza, ma anche fra le aziende che hanno aderito al progetto sostenendone la realizzazione. Un esempio positivo di come fare rete portando valore aggiunto alla comunità».

Il nuovo allestimento firmato Orizzontale in sinergia con Edilpiù, reinterpreta il concetto di soglia, immaginandola come spazio condiviso e non come confine, con l’obiettivo di riportare la comunità negli spazi collettivi dei piccoli centri urbani. Sarà un luogo a disposizione dei cittadini, dove sarà possibile incontrarsi, giocare, programmare eventi e attività come concerti, performance, talk.

A Cervia la casa passiva che “rigenera” chi ci abita: visite fino al 24 giugno

L’installazione è patrocinata dall’ordine degli architetti, che invita i professionisti alla scoperta del modulo abitativo sostenibile

Biosphera ModuloÈ installato da un paio di giorni, nel bacino della Darsena del Sale di Cervia, un modulo abitativo di “Biosphera Genesis”, l’innovativo progetto di architettura sostenibile e rigenerativa ideato da Mirko Taglietti e promosso da Aktivhaus in collaborazione con numerosi enti, università e aziende.

Sarà possibile visitarlo liberamente tutti i giorni fino al 24 giugno, dalle 10 alle 17.

Si tratta di una casa “passiva” che produce 8 volte l’energia consumata e ne consuma il 95% in meno rispetto ad un’abitazione tradizionale.

BiospheraIl progetto – che si è aggiudicato il prestigioso “Energy Globe Award” sulla sostenibilità – nasce con l’obiettivo di unire le conoscenze dell’architettura a quelle della medicina e della biofilia, in modo da creare nuclei abitativi capaci di rispondere alle esigenze psichiche e fisiologiche di chi ci abita.

L’Ordine degli Architetti della Provincia di Ravenna, che patrocina l’installazione cervese, organizza per lunedì 20 e martedì 21 una serie di visite guidate per architetti e professionisti all’interno della struttura, in collaborazione con Artigiana Plast.

«La visita a Biosphera Genesis – sottolineano dall’Ordine degli Architetti – è un’opportunità per conoscere da vicino quali sono le tecnologie da utilizzare per ridurre l’impatto ambientale dei processi costruttivi e le possibilità di utilizzo di questi nuclei abitativi anche nelle strutture ricettive e di accoglienza, uffici e ospedali».

Per informazioni rivolgersi all’Ordine degli Architetti, tel. 0544 32308, mail comunicazione@architettiravenna.it

 

Furti nelle case, stroncata gang. Ritrovati orologi, vestiti e monete da collezione

Dopo l’arresto di cinque persone, individuati i presunti complici tra Ghibullo e Ferrara

RefurtivaDopo l’arresto di metà maggio di cinque persone con l’accusa di furti in abitazione (in particolare durante una sagra a Lavezzola), la Squadra Mobile della polizia stringe il cerchio attorno a un sodalizio criminale composto da cittadini di origini albanesi attivo nel Ravennate.

Il 14 giugno i poliziotti hanno perquisito un’abitazione a Ghibullo e una struttura ricettiva poco lontana, dove sono stati controllati e identificati quattro cittadini albanesi e recuperati (oltre a qualche grammo di hashish) alcuni orologi e monete da collezione, probabilmente rubati nelle scorse settimane. Uno dei presunti ladri è stato arrestato perché rientrato in Italia dopo essere stato espulso, senza la prevista autorizzazione, oltre che denunciato per ricettazione insieme ad altri due complici. Il quarto è stato invece denunciato per inottemperanza al foglio di via dal Comune di Ravenna.  Per due di loro è scattato l’ordine di allontanamento dall’Italia.

Le successive verifiche hanno permesso ai poliziotti di individuare un altro casolare nelle campagne della provincia di Ferrara, dove i restanti componenti del gruppo avevano trovato rifugio. Pertanto, nella giornata di ieri (16 giugno), gli investigatori della Squadra Mobile di Ravenna e Ferrara hanno effettuato un blitz, che ha consentito di identificare gli ultimi tre appartenenti al sodalizio nonché di recuperare alcune monete antiche e qualche capo di abbigliamento e borse di presunta provenienza furtiva.

Inoltre, a ulteriore conferma, sono stati rinvenuti e sequestrati due “kit” di strumenti per l’effrazione.

Altri quattro cittadini albanesi sono stati denunciati per ricettazione. Due di questi sono stati inoltre arrestati perché rientrati in Italia senza la prevista autorizzazione dopo essere stati espulsi. A carico di due di loro sono stati emessi altrettanti ordini di allontanamento dal territorio nazionale.

Le indagini proseguono al fine di permettere il rintraccio dei proprietari della refurtiva.

«Anche il potere finanziario può essere una forma di intimidazione mafiosa»

Il presidente del tribunale di Ravenna ha aperto i lavori del seminario formativo per avvocati e commercialisti su bancarotta e diritto fallimentare, promosso dal nuovo Osservatorio sulle procedure concorsuali

IMG 1196«Il potere intimidatorio che definisce il carattere mafioso di una organizzazione criminale non si manifesta solo con la violenza materiale ma anche con la capacità finanziaria di condizionare le logiche dell’economia in cui operano le imprese sane». Sono le parole di Michele Leoni, presidente del tribunale di Ravenna, che hanno aperto i lavori di un seminario formativo – su diritto fallimentare, bancarotta e reati economici – per avvocati e commercialisti. Promotore dell’iniziativa – sostenuta dal contributo di banca Mediolanum – è l’Osservatorio sulle procedure concorsuali nato a novembre 2021 dalla sinergia fra tribunale, procura e proprio i due ordini professionali.

La prima delle quattro giornate di formazione si è svolta ieri, 16 giugno, nella sala dell’albergo Cappello e ha visto la partecipazione di un centinaio di professionisti. I relatori sono stati il giudice Corrado Schiaretti e gli avvocati Ermanno Cicognani e Antonio D’Avirro.(prossimo appuntamento il 30 giugno, qui il calendario dei prossimi incontri).

Nel saluto introduttivo, Leoni ha puntato l’attenzione proprio sugli effetti del potere finanziario di cui può disporre la criminalità: non solo incendi, estorsioni, aggressioni possono essere i segnali da tenere in considerazione per arrivare a definire il vincolo mafioso di un’associazione». Leoni ha poi invitato la platea a ragionare in termini di radicamento della criminalità organizzata nei territorio del nord Italia e non solo di infiltrazioni: «Serve un salto di qualità nel modo di contrastare questo tipo di criminalità e la figura del curatore fallimentare può diventare un prezioso alleato per le indagini della magistratura. Anche per favorire questi cambiamenti potrà avere un ruolo utile l’osservatorio appena costituito per colmare una mancanza».

In linea con il ragionamento del presidente del tribunale anche il pensiero di Daniele Barberini, procuratore capo, che ha portato i suoi saluti in apertura: «Una iniziativa come questa può aiutare le parti a parlare lo stesso linguaggio, tenendo conto della difficoltà quotidiana per interpretare le norme». Se la collettività tende a trascurare il peso dei reati economici perché meno plateali, Barberini sottolinea un aspetto forse troppo trascurato: «I reati economici portano altri reati. L’evasione fiscale si porta dietro il lavoro nero e gli infortuni perché chi evade non avrà certo interessi nell’investimento sulla sicurezza o sui contributi ai fini pensionistici».

Il romanzo visivo che racconta l’evoluzione temporale della Darsena

Fino al 19 giugno il progetto “Guardare dentro”, in cinque luoghi nel quartiere di Ravenna, con una selezione di fotografie e pellicole raccolte grazie a una chiamata pubblica. Sabato 18 una visita guidata

Mostra Guardare Dentro Darsena Candiano
Allestimento della mostra lungo il muro della Setramar in via Luigi Cavalcoli, sul lungocanale Candiano (già via D’Alaggio)

L’innocenza degli oggetti raccontata da Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, è la teoria che ha sostanziato un suo bel romanzo – un racconto d’amore che si amplia a comprendere la storia di due famiglie e di Istanbul negli anni ’70 – e ha contemporaneamente dato vita a un museo omonimo: il cosiddetto “museo dell’innocenza”, aperto dal 2012 in un quartiere della capitale culturale della Turchia, raccoglie gli oggetti dei protagonisti del romanzo. In modo parallelo al libro, collegato ma anche svincolato da esso, il museo espone mappe, fotografie, mobili e chiavi, oggetti d’arredo e abiti, accessori per donna e tante altre cose in modo da ripercorrere una storia minima, fatta da persone comuni, secondo quella tradizione tanto cara alla scuola storica francese. Nonostante un rapporto dichiarato con la finzione narrativa, il museo dell’innocenza presenta oggetti portatori di un’essenza di vita inalienabile, dispositivi esistenziali veri e verosimili, contestualizzati in una città riconosciuta dalle memorie di persone reali.

Per questi motivi il museo dell’innocenza è uno dei motivi ispiratori di “Guardare dentro”, una mostra fotografica diffusa in cinque luoghi nel quartiere Gulli-Darsena di Ravenna, aperta fino al 19 giugno.
Progettata e realizzata dall’associazione “Sguardi in camera”, all’interno del progetto europeo “Dare” sui temi della transizione digitale e rigenerazione urbana, l’esposizione raccoglie una selezione di fotografie e pellicole provenienti da archivi familiari e realizzate fra inizio ‘900 e la metà degli anni ’80. Raccolte grazie a una chiamata pubblica nel dicembre 2020 a cui hanno risposto 41 famiglie ravennati, le immagini hanno il comune denominatore di riguardare tutte il quartiere Gulli-Darsena, i suoi abitanti, le abitazioni e i rituali di vita, il lavoro e il paesaggio urbano nella sua evoluzione temporale.

Dei cinque luoghi di esposizione solo tre sono sempre aperti al pubblico per cui consigliamo di vedere la mostra in occasione di una visita guidata – in particolare, quella organizzata in bicicletta sabato 18 giugno – o di visitare le sedi aperte dopo aver ascoltato il podcast (sul sito web di darsenaravenna) in 6 brevi puntate che illustra la mostra a partire dalla banchina di via Cavalcoli.
Lungo la Darsena, sui muri della Setramar, sono esposti in formato manifesto una serie di fotografie appartenenti a persone che abitavano o lavoravano in Darsena. Le torri della Sarom, un gruppo di operai al lavoro, alcuni che nel momento di riposo giocano a carte, lo scarico di enormi tronchi e le navi di passaggio lungo il Candiano, restituiscono alcuni momenti della vita lavorativa lungo le banchine di carico e scarico merci, frammenti di un mosaico ricomposto in una spettacolare visione aerea della zona industriale di diversi decenni fa, quando la zona si estendeva solo fino al ponte mobile. Grazie alla voce dei protagonisti – Gianni Montanari, Marco Garoni, Maria Giulia Benini – o delle guide del progetto – Silvia Savorelli e Giuseppe Pazzaglia – le immagini riprendono vita e descrivono luoghi di lavoro diversi, alcuni ormai scomparsi o spostati oggi in altre zone, il quotidiano fatto di passeggiate domenicali a pochi passi da casa: Paola Ceroni racconta tramite alcuni scatti il suo avanzare dalla giovinezza alla vita adulta lungo la Darsena dove abitava mentre del 1961 è una fotografia in bianco e nero di una ragazza – divenuta poi immagine guida alla mostra – ripresa sullo sfondo delle navi mercantili nel canale.

Fabbrica Sarom Anni '50
Ginetta Vallicelli sullo sfondo della raffineria Sarom (1952-53)

La seconda tappa conduce alla sede vecchia del tiro a segno – sezione di mostra aperta solo durante le visite guidate – in cui sono esposte molte immagini suddivise per temi: le banchine, gli abitanti della Darsena, le diverse fasi di realizzazione della Sarom, i ritratti, la dimensione dell’acqua. Di nuovo le immagini danno voce a storie di immigrazione – operai e famiglie giunte da altre regioni italiane per lavorare nei nuovi complessi industriali di Anic e Sarom – e di un’epoca di sviluppo e scomparsa di fabbriche e stabilimenti, fissata negli scatti semiprofessionali di Marco e di suo padre Franco Garoni, fino alla nascita della sede dello stesso tiro a segno nel 1895. L’acqua diventa il teatro dei giorni di riposo che sfida la memoria dei boomer spettatori in mostra nel ricordare gli strani motorini che distribuivano gelati al mare o le acque trasparenti del Candiano dove ci si poteva tuffare. Nel giardino sono collocati i ritratti a cui si legano le memorie degli abitanti, di chi lavorava in Darsena come portuale o “pilotino”, di chi – come Silverio Rivalta – fu fra i primi ad avere aperto la propria attività imprenditoriale nella zona.

Le due tappe successive hanno sede in via Fiume ai numeri civici 11 e 23: le sezione di famiglie in esterno e in interno rammentano la vita quotidiana, i giochi dei bambini, gli avvenimenti familiari di rilievo, il trebbo delle donne davanti all’uscio di casa e restituiscono una via Gulli ancora in terra battuta, come nella foto in cui è ritratta Maria Rosaria Focaccia. Scorrendo
gli anni, una foto nel quartiere del 1940 mostra un bambino a cavallo di una bici su cui sono apposte le bandierine dell’alleanza fascista internazionale dell’epoca, un’altra del 1951 presenta babbo e figlia in un cortile delle case popolari della zona, la stessa dove Olimpia Zoffoli – ritratta con le amiche nel trebbo – organizzava distribuzione di latte alle mamme in difficoltà assieme all’Unione Donne Italiane e dove nel 1957 Sergio Montanari con l’amico Rambelli imitavano con chitarra e microfono l’idolo Elvis. Ultimo fra i tanti racconti che definiscono la trama di questo romanzo visivo è quello che illustra una foto del 1952, in cui Ginetta Vallicelli si fa fotografare sullo sfondo delle grandi torri Hamon della Sarom: una immagine di speranza per un futuro che si credeva moderno e prospero, smentito dalla consapevolezza di oggi e dalle indimenticabili immagini di Antonioni realizzate per Deserto rosso.

Mostra Guardare Dentro Darsena Ippodromo
Allestimento della mostra fotografica nella tribuna dell’ex ippodromo

L’ultima tappa della mostra – nella tribuna dell’ex ippodromo – raccoglie immagini legate allo sport, agli incontri e occasioni ospitati in questa stessa sede attraverso il ‘900. Storiche le immagini prove- nienti dal fondo Trapani della CMC che raccontano la costruzione della tribuna nel 1930, quella del fondo Rivalta che immortala un gruppo di spettatori ad una delle prime gare di trotto nell’ippodromo, o quelle degli sport e delle squadre che uniscono attraverso le generazioni i romagnoli di ogni tempo fra canottaggio, ciclismo e calcio.

“Guardare dentro. Le immagini del quartiere Darsena negli archivi privati” – fino al 19 giugno. Sedi e orari: Tiro a segno (via Cavalcoli); Appartamento Acer (via Fiume 11); Cortile Acer (via Fiume 23): Sa-Do 16- 19. Muro Setramar (via Cavalcoli, sempre visibile). Ex Ippodromo (via Timavo 22D): Lu-Ve-Sa-Do 9-21. Visita guidata in bici ai luoghi della mostra: 18 giugno, ore 16.30 (prenotazioni: 351 9012185 – sguardiincamera@gmail.com). Presentazione progetto e proiezione con musica live: 24 giugno, ore 18 e 21

Info e approfondimenti sul quartiere sul sito web darsenaravenna

 

Vita da apicoltore: sui sentieri di notte a spostare le arnie per inseguire i fiori

Max Fabbri nel 2015 ha lasciato il lavoro da pizzaiolo fatto per 27 anni e ha preso la guida dell’azienda avviata dal padre a Borgo Tuliero: 150 casette (ognuna contiene fino a 120mila api). Tutto iniziò con il nonno nel dopoguerra per avere miele in tavola al posto dello zucchero che costava troppo

WhatsApp Image 2022 05 24 At 18.26.55 (2)Fare l’apicoltore significa anche salire su un fuoristrada a mezzanotte per trasferire arnie di api e percorrere tre km di mulattiere a passo d’uomo per non stressare gli insetti. Così Max Fabbri ha trascorso la notte di fine maggio precedente alla nostra telefonata: «Ho completato i trasferimenti a Marradi nelle zone di fioritura delle acacie – spiega il 49enne di Borgo Tulliero –. All’inizio di giugno cominceranno a fiorire i tigli e bisognerà fare i trasferimenti in altre zone».

Si chiama apicoltura nomade: «Seguiamo le fioriture delle piante. Abbiamo delle postazioni già individuate in accordo con i proprietari dei terreni e in base all’andamento delle annate facciamo gli spostamenti al momento più opportuno. Per questo non si può fare programmazione con molto anticipo perché dipende dall’andamento del clima e della natura. Di solito gli spostamenti si fanno ogni 3-4 giorni. Si fa di notte perché tutte le api sono rientrate altrimenti se lo fai di giorno perdi le bottinatrici che vanno a raccogliere il cibo».

Fabbri ha fatto il pizzaiolo per ventisette anni. Poi quel mestiere ha cominciato a non dargli più le soddisfazioni di un tempo e nel 2015 si è messo a fare apicoltura. Ma non è partito da zero. In famiglia le api sono una presenza da tre generazioni: «Cominciò mio nonno nel dopoguerra con 4 famiglie di api che servivano per l’autoconsumo casalingo perché lo zucchero era costoso. Poi negli anni ’80 mio babbo l’ha vista come una fonte di reddito e ha cominciato ad avere un approccio più professionistico arrivando a un centinaio di arnie». Oggi Max ne ha circa 150: ora che sono in piena produzione si contano fino a 120-150mila insetti per ogni alveare e 70-80mila larve in vari stadi. Tutta la produzione è fatta in modo artigianale e viene venduta al dettaglio: «Tutto fatto a mano, comprese le etichette dei vasetti di cui si occupano i miei figli di 13 e 8 anni. Vendiamo soprattutto al mercato di Campagna Amica di Coldiretti a Ravenna e nei mercatini vari».

WhatsApp Image 2022 05 24 At 18.26.55 (3)L’attività annuale comincia di solito tra febbraio e marzo: «Gli alveari cominciano a svegliarsi dall’inverno e li portiamo vicino ai frutteti per uno scambio reciproco: si favorisce l’impollinazione delle piante e le api cominciano la produzione. In questa fase è importante che i contadini facciano trattamenti in modo attento. E poi si arriva al momento della fioritura dell’acacia con cui si fa quasi il 90 percento del reddito perché è il miele più richiesto sul mercato: liquido e trasparente, piace di più anche per le abitudini dei consumatori». Poi si passa al miele delle sementiere: «Di radicchio, di coriandolo, di carota…». Infine il millefiori, da metà luglio a metà agosto: «A quel punto si cavano i melari, che sono la parte superiore dell’arnia dove si accumula solo il miele». E solo in quel momento si scopre davvero da quali piante le bottinatrici sono andate a rifornirsi: «Le api coprono un raggio di 3 km per la ricerca del cibo. Per essere certi di quali nettari ci sono nel miele prodotto servono le analisi di un laboratorio». L’ultima attività dell’apicoltore prima del letargo sono i trattamenti sanitari: «Da tempo ormai è diventata endemica una malattia portata dall’acaro varroa che attacca sistematicamente gli alveari. Infatti per questo non c’è possibilità che un alveare sopravviva spontaneamente in natura per più di un paio di anni».

I ricordi del passato confrontati con l’attualità mostrano quanto è cambiato questo lavoro e quindi quanto è cambiato il clima che è il primo fattore che incide sulla produzione di miele: «Ai tempi di mio nonno ogni arnia in un anno produceva da 30 a 80 kg di miele. Oggi se arriviamo a 30 è un successo. Gli ultimi tre anni sono stati disastrosi, la media è stata attorno a 20 kg».

Le ragioni sono molteplici: «La siccità è un problema perché le api hanno bisogno di acqua. E poi nei campi sono sparite le erbe spontanee, quelle che chiamiamo “erbacce”: non servono all’agricoltura ma sono preziose produzioni di nettare. Infatti una volta erano più produttivi gli alveari in pianura, oggi invece quelli in collina e montagna perché le coltivazioni sono meno intensive. L’apicoltura è bella per questo, perché non c’è nulla di matematico ma è tutto legato alla natura e bisogna saperla osservare».

Fabbri sarà questa sera, venerdì 17 giugno, dalle 18.30 al mercato coperto di Campagna Amica a Ravenna (piazzetta dei Carabinieri, all’angolo tra via Bovini e via Canalazzo) in occasione degli agri-aperitivi e proporrà “Storie di api per bimbi curiosi”: un agrilaboratorio per bimbi dai 3 ai 14 anni per scoprire tutti i segreti delle api attraverso profumi, colori, storie, curiosità e giochi. I bimbi potranno mettere all’opera i cinque sensi ammirando la smielatura in diretta e, ovviamente, assaggiando il miele. 

Volley, le due Teodora restano separate: «Visioni sul futuro troppo diverse»

Si sfideranno in B1. Derby anche tra i dirigenti: da una parte l’ex coach Daniele Ricci, dall’altra la campionessa mondiale Simona Rinieri

Rinieri Ricci
Simona Rinieri e Daniele Ricci

Olimpia Teodora e Teodora Torrione si sfideranno con tutta probabilità nel prossimo campionato di B1. Una situazione paradossale, con le due società ravennati che portano avanti il glorioso nome che ha fatto la storia della pallavolo femminile (con l’ineguagliato primato di 11 scudetti consecutivi) che non sono riuscite a trovare un accordo per unire le forze e presentare un’unica prima squadra.

La situazione è questa: da una parte l’Olimpia Teodora ha da poco rinunciato al campionato di A2 per questioni economiche, cedendo il titolo sportivo – con tanto di cambio al vertice della società, con la presidenza affidata a Giuseppe Poggi dopo l’addio di Paolo Delorenzi -; dall’altra la Teodora Torrione che si è guadagnata sul campo la B1, vincendo il campionato di B2. Notizia dell’ultima ora è che l’Olimpia – dichiara il neopresidente sul Corriere Romagna – avrebbe ormai acquistato il diritto per partecipare alla B1 («praticamente manca solo la firma») con il più assurdo dei derby quindi all’orizzonte. «Abbiamo cercato di trovare un’intesa per un’unificazione cittadina – dichiara Poggi, in un comunicato inviato alla stampa – ma, nonostante a un certo punto paresse vicina, le visioni sul futuro e su come impostare il lavoro, soprattutto sulla prima squadra, erano troppo diverse».

E così si riparte separati, con il coinvolgimento comunque di nomi prestigiosi.

Il nuovo direttore sportivo della Teodora (Torrione) è infatti Daniele Ricci, ex giocatore e storico allenatore in campo maschile del Porto Ravenna, che portò ai vertici in Italia, in Europa e nel mondo, in grado poi di vincere anche in Grecia, all’Olympiakos Atene.

In tutta risposta, l’Olimpia (Teodora) ha ufficializzato proprio in questi giorni il nuovo direttore sportivo e coordinatore dell’area tecnica. Si tratta di una delle leggende del volley azzurro femminile, la ravennate Simona Rinieri, alla prima esperienza come dirigente dopo un titolo mondiale – l’unico conquistato dall’Italia, nel 2002 a Berlino – una Coppa dei Campioni e 390 presenze in Nazionale da giocatrice.

Partita la trebbiatura, stime Coldiretti: rese come nel 2021, nonostante la siccità

In Romagna 58mila ettari di coltivazioni cerealicole

TrebbiaturaÈ partita la trebbiatura nel territorio ravennate e, dalle stime Coldiretti nella prima settimana, sembrano soddisfacenti le rese qualitative sia per l’orzo che per il frumento, con il rapporto quintale/ettaro allineato alle stime dell’anno precedente (80 q/e per il grano duro, 70q/e per l’orzo), mentre la qualità, con particolare riferimento al peso specifico, è elevata. Tuttavia, pesa e non poco sulle spalle dei coltivatori il rincaro generale legato alle spese di produzione per via dell’impennata subita da concimi (+ 170%) e gasolio (+129%), con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea.

«In un caso su quattro – afferma Coldiretti Ravenna – i costi superano i ricavi con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L’impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo». Un trend negativo che aumenta la dipendenza dall’estero in una situazione in cui l’Italia è diventata deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci e il 62% del grano duro per la pasta.

L’Emilia Romagna, con 203mila ettari (circa 58mila tra le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini) è la terza regione d’Italia per estensione delle coltivazioni cerealicole. All’interno del contesto cerealicolo romagnolo, la provincia di Ravenna si conferma il bacino più importante per estensione, con circa 33mila ettari, 13mila circa coltivati a frumento tenero, mentre per il duro ci attestiamo sui 9mila.

La propensione al risparmio dei consumatori, generata dalla criticità della situazione attuale, in ogni caso, non sembra intaccare l’attenzione verso la qualità di ciò che si porta a tavola con il 70% degli italiani che non intende rinunciare al prodotto 100% italiano anche per sostenere l’economia e l’occupazione nel proprio Paese.

«Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo locale e nazionale – afferma il Presidente di Coldiretti Ravenna, Nicola Dalmonte – mentre a livello comunitario servono più coraggio e risorse per migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi. Occorrono – conclude – investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici».

Le prove delle Frecce Tricolori a Punta Marina – VIDEO

In tanti hanno potuto ammirare in anteprima ieri (giovedì) pomeriggio le evoluzioni delle Frecce Tricolori nel cielo sopra Punta Marina e Marina di Ravenna.

Poco prima delle 18, infatti, si sono svolte le prove (con il fumo bianco al posto di quello tricolore) dell’esibizione in programma domenica, a questo link tutto il programma, qui invece le modifiche alla viabilità.

Qui sotto il video delle prove realizzato dallo staff di Azzurro Tricolore

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