Paglia (Sinistra Italiana): «Il futuro di Leu? Va aperta una discussione vera»

L’ex parlamentare e dirigente nazionale: «Interessante a livello locale la possibilità che il Movimento 5 Stelle si apra ad alleanze»

PagaliaParlamentare uscente di Sinistra Italiana, candidato con Leu alla Camera, Giovanni Paglia ha sfiorato, ma mancato la rielezione. In questi giorni la Federazione locale del suo partito ha diffuso un articolato documento in cui, par di capire, si dia men che scontato che Leu possa continuare a esistere sui territori. E, dopo la batosta elettorale, il futuro della formazione che da Ravenna ha mandato in Senato Vasco Errani non è chiarissimo.

Intanto, cosa fa lei adesso, dopo aver mancato per un soffio la rielezione?
«In Sinistra Italiana ero in segretaria nazionale e sono il tesoriere nazionale, un incarico gravoso a prescindere dall’essere o meno parlamentare. Mi sono dato qualche mese di tempo per chiudere alcune partite aperte, di certo non più di un anno poi tornerò al mio lavoro (Paglia è bancario, ndr)».

In Leu aveva incarichi ufficiali?
«No, perché nessuno ne aveva, eccetto Grasso naturalmente. Non trattandosi di un partito, gli unici ad avercelo erano i segretari dei partiti e naturalmente Piero Grasso».

E che ne sarà di Leu adesso? Dopo questa nettissima sconfitta?
«Non sono i risultati elettorali a determinare o meno il proseguimento di un’esperienza, ma è l’esistenza di un progetto politico. E quello andrà verificato in una discussione pubblica,  sui territori, non certo in una stanza tra quattro persone. Per noi di Sinistra Italiana ci sono alcuni punti fermi e fatti acquisiti: essere alternativi al Pd e consapevoli che non c’è alcun centrosinistra da rifondare in Italia e che in Europa dobbiamo far parte del gruppo della Sinistra Europea e non certo del Partito Socialista Europeo, che per noi anzi fa parte del problema».

Eppure in campagna elettorale ci sono stati altri esponenti di Leu, più vicini a Mdp, che hanno più volte ribadito che lo scopo era rifondare il centrosinistra, li abbiamo sentiti anche a livello locale. Tutto piuttosto contraddittorio…
«La verità è che non abbiamo avuto tempo prima del voto di fare questo dibattito. Ci siamo mossi su due linee molto nette prima delle elezioni: unire le forze di sinistra e farlo su un’alternativa al Pd. Ora invece c’è tutto il tempo per capire se ha senso andare avanti e come».

Per esempio alle amministrative cosa accadrà? Nel 2019 si vota in tanti comuni dalle nostre parti e oggi siete in una situazione complicata come Leu, con pezzi all’opposizione e pezzi in maggioranza.
«Come Sinistra Italiana vogliamo confermare un’impostazione: a Ravenna abbiamo partecipato a Ravenna in Comune con grande soddisfazione, a Russi abbiamo collaborato a La sinistra per Russi e siamo molto contenti di averlo fatto, lo stesso si può dire di Bella Alfonsine o dell’Altra Faenza. Tra l’altro in tutte queste esperienze credo abbiamo preso più voti che come Liberi e Uguali. Per quanto riguarda chi oggi è in maggioranza (per esempio Mdp a Ravenna e Faenza, ndr), capisco che chi ha preso un impegno con gli elettori all’interno di una compagine voglia rispettarlo fino in fondo. Il tema è da porre sulle prossime realtà al voto e lì per noi la scelta è tracciata».

E alle Regionali, dove peraltro siete in maggioranza al momento?
«Si tratta di una situazione con luci e ombre, noi siamo in maggioranza ma non in giunta. Abbiamo votato contro a provvedimenti come la legge urbanistica o il riordino ospedaliero, ma dobbiamo riconoscere che sono state fatte cose positive, come il reddito di inclusione e solidarietà sulla base di una nostra proposta di legge. Sarà una discussione da fare, la federazione ravennate è molto scettica anche io lo sono, del resto non avrei fatto quell’accordo nemmeno quattro anni fa».

Nel Pd però è un momento di grandi sommovimenti, potrebbero portare a cambiamenti nel vostro approccio al tema delle alleanze? In altri termini, ora che non c’è più Renzi, guardate con interesse a quello che sta accadendo nei dem?
«Non contano gli uomini, Renzi in un certo senso ha interpretato meglio quella che è la base elettorale del Pd, un voto moderato che si riconosce nel sistema, mentre io credo che tre milioni di voti persi dal Pd e confluiti in gran parte nei 5 Stelle dimostrino che c’è bisogno di una grande radicalità nella proposta».

Ma, appunto, sono andati nei 5 Stelle. Si alleerebbe con loro?
«Io spero che l’ammorbidimento sul tema alleanza da parte dei 5stelle che vediamo a Roma possa riflettersi anche sui territori. Allora, diventerebbe interessante, si aprirebbe una dialettica un po’ più varia. Le alleanze in politica servono, fanno male quando sono obbligate. Un sistema bloccato tra centrodestra e centrosinistra non è utile a nessuno».

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