Dalle prossime amministrative alla festa nazionale: dentro la crisi del Pd

Il segretario provinciale: «Spero in un congresso vero sulle idee e che qui abbia luogo un laboratorio nazionale e non una semplice passerella. Chi è stato in prima fila nel partito faccia un passo indietro»

Barattonielezione

Alessandro Barattoni nel giorno dell’elezione a segretario provinciale del Pd, ottobre 2017

Alessandro Barattoni, laurea in scienze politiche e un impiego presso un consorzio di trasportatori, è segretario provinciale del Partito democratico da meno di un anno e si trova a guidare il partito in questa fase a dir poco complicata, dopo la più clamorosa sconfitta elettorale della sua storia (ha perso perfino nella vicina Imola) e si trova ad affrontare nell’ordine la festa nazionale dell’Unità proprio a Ravenna e le amministrative che riguarderanno 14 comuni su 18 in provincia di Ravenna nel 2019, di cui 13 targati Pd. Gli facciamo la prima domanda senza girare troppo attorno al tema di cui si parla in questi giorni.
Segretario, ma il Pd è finito? Va superato come titolano in questi giorni tanti opinionisti?
«Secondo me bisogna chiedersi quale società c’è in questo momento e quali partiti e quali politiche possono interpretarne i bisogni e le attese. Io sono convinto che ci sia una una parte di Italia che tiene ad alcuni valori, come la persona, i beni comuni, la riduzione delle disuguaglianze che aspetta di essere rappresentata. C’è bisogno di un Pd diverso, ma non è superata l’idea di un Partito democratico».
Ma chi può portare avanti questo cambiamento? E chi deve fare un passo indietro?
«Io parto da quello che vogliamo fare e solo in un secondo momento da chi lo può rappresentare. Credo che il Pd debba provare a darsi una linea chiara: deve essere altro sia da quello del 4 marzo su cui siamo già stati giudicati, ma anche da quel non detto che è seguito al 4 marzo a oggi e che non ha aiutato. E penso che debba fare un passo indietro chi è stato maggioranza ma anche opposizione in questi mesi».
Martina, Orlando, Orfini, Renzi?
«Tutti».
I nomi più quotati sembrano Richetti e Zingaretti, ma sembrano anche rappresentare la vecchia dicotomia destra e sinistra, per non dire Ds e Margherita…
«La cosa fondamentale sarà caratterizzarci su temi cruciali e parole chiave come la qualità del lavoro, la lotta alla precarietà e più in generale lo stato sociale. E poi servirà comunque una gestione collegiale del partito. Il congresso non deve ridursi a una conta di chi sta con l’uno o con l’altro. Sullo “schema classico” che si ripete, capisco l’obiezione. Ma in questo momento le vecchie ricette non servono più, bisogna fare una rielaborazione nuova che né i Ds né la Margherita potrebbero fare. Ma con un punto di partenza chiaro: destra e sinistra esistono ancora».
E però molte istanze della sinistra sono state portate avanti dai grillini che negano questo schema…
«Mi pare che loro in realtà di sinistra abbiano ben poco e infatti sono finiti in balia di un governo di destra. La crisi della sinistra è profonda, di visione, nasce con la globalizzazione, la crisi economica e l’aumento dei flussi migratori ed è globale, non la risolvi con un congresso di partito, dove invece puoi chiederti come presentarti senza farti percepire, come è successo il 4 marzo, come garante dell’esistente alle prossime elezioni Europee, regionali, amministrative ma anche alle politiche, perché secondo me non tarderanno ad arrivare».
Nel 2019 andranno al voto 14 comuni. Come ci si avvicina a questa scadenza elettorale? Quanto fa paura Imola?
«Innanzitutto credo che tra un anno la situazione nazionale potrà essere molto diversa. E comunque con le singole unioni comunali, senza una ricetta preconfenzionata. Tutti i nostri amministratori hanno fatto un ottimo lavoro soprattutto nel non lasciare indietro nessuno, con investimenti importanti nel sociale. Dovrà esserci quindi un momento di bilancio e di visione per il futuro che potrà coinvolgere anche maggioranze diverse da quelle di cinque anni fa, non solo sul piano delle forze politiche come partiti o liste, anche per quanto riguarda associazioni, realtà civiche e di volontariato».
Sant’Agata è stata a lungo l’unica “mosca bianca” in una provincia rossa…
«Sant’Agata è esperienza di governo civico che il Pd credo debba guardare con interesse».
Come si sceglieranno i candidati per Alfonsine, Russi, Casola e Solarolo, dove cioè i sindaci sono al termine del secondo mandato? Si faranno le primarie?
«Ogni territorio deciderà, senza scadenza o percorsi predeterminati anche perché soprattutto nei comuni piccoli molta rilevanza hanno i rapporti personali. Non escludo le primarie di coalizione se qualche alleato le chiederà e nemmeno, se fosse necessario, primarie interne al Pd. Le primarie non sono né il male, né la risoluzione di tutti i mali, dipende da come sono vissute e gestite dai candidati».
Se a Lugo Ranalli ha già confermato l’intenzione di ricandidarsi, a Cervia Coffari ha espresso dubbi…
«Sì, l’auspicio è che, dato il giudizio positivo sul lavoro svolto da questi giovani sindaci in questi cinque anni, si ricandidino. A Lugo, per esempio, Ranalli ha dato sicuramente un impulso importante al centro storico e realizzato lavori attesi da anni nelle frazioni. Coffari ha chiesto un po’ di tempo e ha espresso dubbi di natura personale e non politica, ovviamente tutto il Pd come credo la maggior parte dei cittadini cervesi spera che Luca decida di dire di sì».
Intanto, ad agosto apre la festa nazionale dell’Unità. Sarà un’occasione di dibattito precongressuale? Un segnale di attenzione al nostro territorio?
«Il 7 luglio l’assemblea nazionale deciderà se si andrà effettivamente a congresso. Credo che Ravenna sia stata scelta grazie ai volontari che organizzano una festa di quelle dimensioni e in generale un programma fittissimo di feste sul territorio, forse senza eguali. Per quanto riguarda i dibattiti, abbiamo chiesto che sia un laboratorio vero e non una passerella studiata in base a chi appoggia chi… speriamo anche in un confronto che coinvolga il Pse e magari leader della sinistra europea. E non mancheranno confronti con i ministri in carica su alcuni temi».
Anche Salvini sull’immigrazione? E ci saranno esponenti di Leu, possibili alleati per regionali e amministrative?
«Salvini non credo, non lo so. Il piano dei dibattiti lo organizza il nazionale, noi abbiamo quattro o cinque temi locali e io credo che in generale non ci saranno intenzioni di escludere ma solo di includere. Penso anche a realtà come Anpi, sindacato, piccolo artigianato, cooperazione».
C’è chi dice che tra i primi a lasciarvi, da queste parti, siano stati tanti lavoratori delle coop, che il precariato lo vivono da tempo, magari grazie anche ai sistemi di appalti di servizi pubblici di comuni gestiti dal Pd…
«Il tema della rappresentanza va reinterpretato. E anche quello della tutela del lavoratore, che deve essere al centro e deve essere accompagnato nei periodi tra un lavoro e l’altro, ma non possiamo più pensare a modelli del passato in cui si entra in un posto di lavoro a vent’anni e non ne se ne esce più. noi abbiamo messo al centro il lavoratore e non il posto di lavoro e questa strada va perseguita, correggendo alcune cose».
Si parla di un programma tv per Renzi, pensa di guardarlo?
«Ho sentito un accenno oggi. Bah… spero che faccia il senatore dando una mano a chi sarà in prima fila».

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