Riflessione critica sulla governance della sanità pubblica ravennate

«La situazione strutturale dell’Ausl è relativamente buona, anche se  migliorabile, ma non esistono uomini o dirigenti per tutte le stagioni»

Michele Se Pascale Tiziano Carradoriri

Il sindaco di Ravenna De Pascale in un incontro/confromto sul web con il direttore generale dell’Auls Romagna Tiziano Carradori

Riceviamo e pubblichiamo questo commento sul dibattico pubblico dedicato allo stato attuale e alle prospettive della gestione dei servizi sanitari e ospedalieri locali in capo all’Ausl Romagna. L’intervento è firmato con lo pseudonimo Valdo, di cui la redazione garantisce una identità autorevole (Valdo di Lione fu fondatore nel Medioevo del movimento cristiano laico dei Valdesi, costituito dalle classi sociali più povere, che precede di poco quello analogo promosso da Francesco d’Assisi. I Valdesi nel XVI secolo hanno aderito alla Riforma protestante calvinista, ndr).

«È sempre difficile giudicare il lavoro di altri, soprattutto se non si è partecipi diretti dei fatti, se non si vive dal di dentro il cosa e il come porta a quel comportamento e/o a quell’azione: in sostanza la storia dell’esperienza deliberativa.
Gli economisti chiamano questo deficit di conoscenza “asimmetria informativa, i filosofi il “velo d’ignoranza”. E comunque ciò non può essere d’impedimento a valutazioni critiche e al confronto democratico. Dove il pensiero critico è parte costituente e costruttiva dell’agire umano. Fatta questa premessa veniamo al merito.

Recentemente ho letto su alcuni giornali e siti web di informazione locale la sintesi del dibattito, che si è svolto qualche settimana fa in consiglio comunale, sulla situazione della sanità ravennate, che per quanto mi riguarda la ritengo relativamente buona, ma come tutte le cose umane migliorabile. Al di là delle sollecitazioni e domande provenienti dai consiglieri comunali, sia di maggioranza che di opposizione, ciò che ha attirato la mia attenzione è stata la risposta data dal direttore generale dell’ Ausl della Romagna.

Ricordo che l’attuale direttore generale, Tiziano Carradori, già in passato, ha avuto la responsabilità di gestire la sanità ravennate nello stesso ruolo per ben otto anni ( dalla metà del 2004 alla metà del 2012 ), quando questa era ancora solo Ausl di Ravenna. E già allora il sistema sanitario ravennate viveva alcuni problemi, che l’attuale pandemia da Covid 19  ha solo macroscopicamente evidenziato. Scarsità di personale, inadeguatezza delle strutture murarie e, in parte, obsolescenza delle dotazioni strumentali erano temi già allora all’ordine del giorno, comparativamente alla situazione presente in aziende sanitarie a noi contigue.
Ed è ancora opportuno rammentare che la gestione dell’azienda sanitaria ravennate nel periodo 2004/2012  venne percepita e si caratterizzò, attraverso quella direzione aziendale, prevalentemente nella compressione del personale e in una accentuata attenzione ai costi, cioè ai tagli di spesa, con scarsa attenzione, checchè se ne dica, ad azioni di qualificazione e  rilancio.

Certamente il direttore generale non era il principale e maggiore responsabile di scelte e decisioni che, a cascata, ricadevano sul corpo vivo dell’organizzazione aziendale e delle sua capacità prestazionale. È giusto e doveroso non dimenticare che, oggettivamente, in quel periodo si materializzarono pesanti interventi legislativi dello Stato, con conseguenti vincoli finanziari e rigidità organizzative. Ridimensionamenti nei trasferimenti alle regioni e limiti normativi alle assunzioni di personale in presenza dei pensionamenti.
La stessa Regione fece prevalere, non in tutti, ma in molti e troppi casi, un approccio tecnocratico,  fatto cadere dall’alto e poco lungimirante. Anche se è facile dirlo oggi col senno di poi.

Già però in quegli anni, autorevoli e insospettabili centri di analisi e ricerca del sistema sanitario nazionale, fra questi il CERGAS (Centro di ricerca sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) dell’Università Bocconi evidenziavano con preoccupazione la sottostima del bisogno finanziario e del personale sanitario per il mantenimento degli standard di assistenza, in comparazione con paesi europei a noi simili per configurazione socio-economica, come Francia, Germania e Gran Bretagna.
Conseguentemente e a conferma di quanto si diceva, la responsabilità delle azioni deliberative come risposta ai problemi della sanità ravennate vanno addebitate a cascata e con pesi diversi  in relazione alle gerarchie istituzionali, organizzative e gestionali/operative, ma questo non può trasformarsi nel  classico tutti responsabili nessun responsabile. Le responsabilità politiche non possono trasformarsi a salvagente delle responsabilità individuali. Ognuno ha le proprie.

Per concludere: all’attuale direttore generale dell’Ausl Romagna e già direttore generale dell’Ausl di Ravenna piaceva definirsi un “calvinista”, volendo connotare  la sua gestione aziendale non solo sul versante del rigore morale ma anche come un solo uomo al comando, accentratore e sovrano, nella fede della sua visione religiosa, tagliando teste e conti di bilancio.
Oggi la sanità e in particolare la sanità ravennate ha bisogno di altro: di rilancio, modernizzazione e sviluppo, che significa investimenti materiali e immateriali, beni strumentali e valorizzazione di tutto il personale sanitario. Qualificando le strutture ospedaliere e costruire una adeguata rete territoriale e domiciliare.

Nel nostro caso, come in altri, non esistono uomini o dirigenti per tutte le stagioni.

P.S. Riconosco al sindaco De Pascale l’impegno a recuperare il tempo  perduto, apprezzando le sue iniziative per dotare la nostra comunità di un moderno sistema sanitario in grado di offrire appropriate soluzioni corrispondendo alle esigenze del territorio. Augurandogli, senza alcuna ironia, buon lavoro, ma soprattutto buona fortuna».

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