Nei tornanti del Purgatorio l’ascesa purificatrice al paradiso terrestre

Dal 25 giugno a Ravenna la seconda parte della trilogia dedicata alla Divina Commedia del Teatro delle Albe

Ravena Festival - chiamata pubblica per Inferno

Una foto dall’inferno del 2019

C’è un passo del Purgatorio che, più di ogni altro di quella cantica, mi colpisce sempre per la sua verità. Siamo nel XXX canto: dopo la lunga salita sulla “montagna bruna”, Dante è finalmente arrivato in cima, nel Paradiso terrestre. Qui, proprio come nella sua prima apparizione, nella Vita Nuova, lo aspetta Beatrice, “vestita di color di fiamma viva”. Dante sente tremare il suo corpo “de l’antica fiamma”, l’amore lo travolge, cerca il conforto del maestro Virgilio, come già tante volte ha fatto durante il suo viaggio. Ma Virgilio non c’è più.

Il poeta latino, “dolcissimo patre”, è uscito di scena così, silenziosamente, senza farsi vedere da nessuno, come all’inizio dell’Inferno era comparso all’improvviso per salvare il suo discepolo. Dante scoppia a piangere.

È il dolore della purificazione. Anche attraverso questo abbandono, la sua salita verso la “visio” è completa. Ma il prezzo è alto. È quasi come una seconda morte, seguita a un secondo battesimo: dietro di sé il poeta deve lasciare il suo padre intellettuale; formatosi sulla poesia e sulla filosofia, Dante deve ora abbandonarsi alla mistica della Rivelazione.

La scomparsa di Virgilio, rappresentante del mondo antico, spalanca le porte del nuovo mondo cristiano, la cui “seconda bellezza” è adombrata da Beatrice. Forse sta tutto qui il significato profondo della cantica di mezzo, definita da Marco Martinelli, “la cantica del ricominciare”.

Dopo l’Inferno – abbiamo ancora negli occhi le moltitudini urlanti all’ingresso del Rasi, tramutatosi in bocca infernale nell’estate del 2017 – le Albe affrontano quest’anno il passaggio dal tempo all’eternità, tutto racchiuso in quel XXX canto del Purgatorio di cui ho tentato una goffa parafrasi. E s’intuisce subito che questa volta la posta in gioco per Marco Martinelli ed Ermanna Montanari si alza considerevolmente.

L’Inferno, oltre ad essere molto più conosciuto al largo pubblico rispetto alle altre due cantiche, parla al nostro Duemila con un logica antica, dunque contemporanea. Nella “fossa” i peccati rispondono ad una giustizia ferrea, regolata dal contrappasso, che soddisfano la nostra forma mentale. I dannati si ergono scultorei, in una perversa nobiltà che è già modernissima. Il male, insomma, è fotogenico, e attira i nostri occhi post-totalitari come una calamita. Ma il Purgatorio non è così. Questa magnifica invenzione, tutta dantesca, è un luogo chiaroscurale, acquatico, dolce (parola chiave del lessico della cantica), nel quale risuonano canti, e non grida. Un luogo le cui “cornici” sono ordinate non dalla giustizia, ma dall’amore, secondo l’ordine dei sette peccati capitali della teologia cristiana. Un luogo di mutazione e di ordalie, dei passaggi oltre il fuoco e dei battesimi sott’acqua. Qui la ragione capisce che deve abdicare alla sua superbia per giungere al suo superamento.

Per citare un verso caro alle Albe, “dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva”: tanto più difficile si fa la rappresentazione, tanto più cresce il coraggio e l’inventiva del gruppo ravennate. Dopo una primissima presentazione del progetto a Matera (fra fine maggio e i primi di giugno), il Purgatorio debutterà al Rasi di Ravenna dal 25 giugno al 14 luglio (tutti i giorni tranne lunedì).

La poetica è rimasta immutata, e accompagnerà il progetto delle Albe fino al Paradiso del 2021: coniugare la poesia dantesca al teatro medievale delle sacre rappresentazioni, il tutto filtrato dall’esperienza rivoluzionaria dei maestri russi del primo Novecento; trasformare la città in palcoscenico, e ogni cittadino in una parte di un grande processo creativo.

Per mettere in moto questa immensa macchina organizzativa, le Albe si sono avvalse di maestranze interne (accanto agli “storici” Luigi Dadina, Roberto Magnani, Alessandro Argnani, Laura Redaelli, Alessandro Renda, le “nuove” leve Massimiliano Rassu, Matteo Gatta, Marco Montanari, Mirella Mastronardi e naturalmente Gianni Plazzi) e di tecnici esterni, come Luigi Ceccarelli e Simone Marzocchi per le musiche; Edoardo Sanchi e Paola Giorgi per scene e costumi; Fabio Sajiz e Marco Olivieri, rispettivamente per disegno luci e regìa del suono.

Alla squadra, quasi la stessa di quella di due anni fa, si affianca una forma che ricalca quella dell’inizio dell’Inferno: a partire dalla tomba di Dante si snoderà una parata che porterà gli spettatori dentro il giardino del Rasi (gran parte dello spettacolo si svolgerà all’aperto), per una durata totale che si assesta attorno alle tre ore.

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