2019: l’anno del sogno infranto e quello che verrà

Fausto PiazzaAnno nuovo, si ricomincia. Già, il 2019, che non è proprio un anno qualsiasi, visto che ce lo siamo “giocato” – in tutti i sensi – per sei, sette anni, a partire dal 2009, quando Ravenna decise di competere a livello nazionale per diventare Capitale Europea della Cultura.
Oggi, che un po’ di tempo è passato, possiamo giudicare quella sfida ai limiti del possibile, e voltarci indietro senza pregiudizi e anche rimpianti, nonostante la causa sia stata persa.
Ma non in malo modo, credo.

A ben pensarci è stata una scommessa che valeva la pena di “giocare” e che ha lasciato ben più dell’amarezza dell’esclusione.
In primo luogo perché quella rincorsa è riuscita a far discutere, aggregare e mettere in moto innumerevoli persone, risorse, energie sociali e culturali, anche ben oltre le mura cittadine. Ha allacciato relazioni e innescato entusiasmi e aspettative, non provinciali, che in quegli anni – in piena crisi anche degli enti pubblici – non sarebbero mai decollate. Sono arrivati soldi, nuove idee e inedite forme di partecipazione che altrimenti non si sarebbero proprio manifestate.
Perché c’era un obiettivo condiviso da mirare, un’identità collettiva da  ripensare e rinnovare e un traguardo da raggiungere. Non mi sembra poco.

Peraltro, chi ha ha seguito da vicino la partita (leggendo documenti, interrogando i protagonisti – non solo ravennati ovviamente –, ficcando il naso nei retroscena della vicenda) sa che fin dalla fase finalista che vedeva in competizione un pugno di città, ce n’era una che era “favorita”, quasi predestinata: Matera che poi si è aggiudicata il titolo che sfoggerà quest’anno. Innanzitutto ha vinto perché aveva un ottimo progetto ma anche perché aveva tutte le caratteristiche di luogo meraviglioso ma “sfigato”, di città generosa ma reietta e isolata in quella Bassa Italia sempre in cerca di riscatto. Un ritratto perfetto per rientrare nei parametri fissati dalla gara, che ha convinto i giudici internazionali e soddisfatto i “sensi di colpa” di certa politica italiana sempre in debito col Sud del Paese.

Piuttosto, la dice lunga sull’impegno e una certa cura e intelligenza messa nell’impresa dallo staff di Ravenna 2019, quel secondo posto (ex aequo con Siena) conquistato nella sfida finale.
Quindi, anche il progetto di Ravenna, per Ravenna Capitale Europea della Cultura, non era poi così male, compresi gli obiettivi della Darsena e di Lido Adriano (e va ribadito una volta per tutte che i mosaici e i monumeti Unesco non centravano proprio una cippa col bando di gara).
Forse, per quelli che sono “subentrati” dopo la sconfitta, sarebbe stato opportuno ringraziare ben oltre la cortesia lo staff (invece di lasciarlo mestamente andare in esilio) e magari dare un’occhiata al dossier dell’esperienza lasciato in eredità, invece che nasconderlo in un cassetto.
Ma così va il mondo, soprattutto nella città bizantina.

Già il 2019 e la Darsena, coi suoi 70 ettari di aree abbandonate ancora tutti da fecondare. Quel poco che ora c’è di vitale o che si farà nel prossimo futuro è in gran parte frutto della sfida per la capitale europea. Questo è l’unico rammarico: l’occasione – perduta – che avrebbe portato tante risorse, energie creative, attenzione alla possibilità di rigenerare una zona decadente ma bellissima. Lo hanno fatto Liverpool e Marsiglia, Milano con e dopo l’Expo, adesso tocca a Matera. Noi dovremo aspettare l’anno che verrà e chissà quanti altri anni a venire, sperando che dell’opportunità non restino solo macerie.

Ravvena&Dintorni: l'editoriale
EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24