Cambio di guardia alla cultura, con quale discontinuità?

Fausto PiazzaAdesso che l’ingombrante impegno delle celebrazioni dantesche sta per essere archiviato e gli spazi artistici – dai teatri ai musei – sono tornati alla piena attività e capienza si può tornare a parlare di politiche e progetti culturali, senza i “se”, “ma”, “forse”, generati dalle costrizioni e incertezze della pandemia. Un viatico “aperto” per il governo cittadino del De Pascale bis e per il nuovo assessore alla cultura Fabio Sbaraglia, dopo la scelta autonoma di Elsa Signorino di lasciare l’incarico per ragioni personali e, secondo alcune sue dichiarazioni, per l’impegno troppo defatigante del suo ruolo. Come dire “ho già dato”…

Così per il “giovane” Sbaraglia – 37 anni, laureato il lettere – si prospetta un’iniziativa di discontinuità rispetto alla gestione degli affari culturali della scorsa consiliatura, non fosse altro per lo scarto generazionale di trent’anni che lo separano dalla sua predecessora.
Ma anche perla sua esperienza politica, con 10 anni sui banchi del consiglio comunale come capogruppo Pd e presidente delle commissioni cultura, scuola, politiche giovanili, e infine per la temperie che ha vissuto nella lunga fase di candidatura di Ravenna Capitale Europea della Cultura 2019. Uno straordinario laboratorio di idee e relazioni extra provinciali (nazionali e internazionali) che per certi versi potrebbe tornare utile recuperare e rivalutare. E si tratta peraltro di suggestioni, temi e metodi di partecipazione che non sono stati più toccati negli ultimi cinque anni.

Fatte queste premesse, l’eredità dello scorso mandato sul campo culturale da sbrogliare e rilanciare non sono poche.
Prima di tutto il destino del Mar, che ha espresso risultati non certo brillanti e che meriterebbe la nomina di un direttore artistico capace di una strategia espositiva originale e di lungo respiro capace di ridare visibilità e smalto al museo ravennate sul piano nazionale.
E, sul medesimo versante, la “gatta da pelare” del mosaico, costretto fra i dissidi e l’indifferenza fra vecchi maestri (mai stati capaci di fare squadra…) e la difficoltà di raccordare, valorizzare, promuovere questo patrimonio fra i filoni storico-museale, quello propriamente artistico e di alto artigianato, la didattica e il restauro.
D’altra parte, il neo assessore dovrà portare – finalmente – a compimento e sviluppare il progetto di sinergia e statizzazione dei due istituti di alta formazione artistica della città: Accademia e Conservatorio.
E Dante, concluso il Settecentenario, dove lo mettiamo? Si spera non nella retorica un po’ mortifera dell’ultimo esilio o negli studi accademici. La declinazione contemporanea e popolare della sua figura e il valore ancora attuale e internazionale della sua poesia hanno avuto esiti interessanti ed apprezzati, e si dovrebbe proseguire su questa valorizzazione anche in termini turistici.
Poi il fatto che Sbaraglia sia responsabile sia delle deleghe alla cultura che alle politiche giovanili stempera una vecchia “schizofrenia” ma nuovi equilibri, sia di indirizzo che di finanziamento, sono tutti definire…

Sullo sfondo resta sempre – vista la pluralità tutta ravennate di fondazioni, istituzioni, enti e operatori della cultura – il rischio di “cannibalismo” finanziario, di funzione e di progettazione fra i vari soggetti in campo, a scapito dei più deboli. Per questo Sbaraglia dovrà agire con ponderazione e spingere sulla cooperazione.

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