Togliete Whatsapp ai genitori

Andrea Alberizia«State attenti voi giornalisti a riportare certe voci, che poi create allarmismo inutile». È il consiglio bonario che ci ha lasciato il carabiniere poco prima di andarsene dalla scuola. Buon suggerimento, valido per tutte le stagioni. Ma fino a quel momento, tarda mattinata del 19 ottobre, la stampa non aveva ancora scritto un rigo eppure c’era già mezza Ravenna che temeva ci fosse un pedofilo a caccia di prede attorno alle scuole della città. E la presenza stessa della pattuglia davanti ai cancelli delle medie Don Minzoni testimoniava che l’allarme si era propagato, a prescindere da noi giornalisti.

Perché oggi esistono le chat di quartiere o dei genitori della stessa classe, su Whatsapp, e la segnalazione di un tentativo fallito di adescamento di una teenager all’uscita di scuola da parte di uno sconosciuto che le offriva un passaggio in auto ci ha messo giusto un paio di ore per rimbalzare da uno smartphone all’altro, per lo più nelle mani di genitori ansiosi di farsi trovare pronti di fronte all’eventuale ritorno del mostro. Ma quanti, prima di rilanciare l’allarme con un colpetto sul touchscreen, si sono chiesti cosa ci fosse di vero in quella segnalazione o quanto invece avrebbero contribuito a scatenare una ingiustificata psicosi collettiva?

Nella maggior parte dei casi se la sono cavata con poco: “Ve la giro come mi è arrivata, massima allerta”, era la premessa che accompagnava il rimbalzo. Ma il panico dilaga. Perché il genitore è un animale strano, deve proteggere la prole e se legge un messaggio del genere va in tilt con il cervello, perde lucidità. Non si mette a ragionare, non si rende conto che far circolare una voce incontrollata come questa è, nella migliore delle ipotesi, inutile. Perché non penseremo davvero che una chat possa impedire a un pedofilo di agire. Anzi: nel caso sia un falso, come pare stavolta, si fanno smuovere le forze dell’ordine sottraendole ad altri compiti.

Questa vicenda però racconta anche la distanza abissale fra la scuola e chi la dirige da una parte e i suoi studenti e il mondo esterno dall’altra. È vero che il presunto adescamento sarebbe avvenuto a lezioni finite, fuori da scuola. Ma mentre una mezza città era già in allarme, nei corridoi dei dirigenti era arrivata giusto una lontana eco. E nessuno sapeva cosa rispondere ai giornalisti, che stavano lavorando per dare una notizia o smentire una voce infondata. Magari una scuola moderna, dopo aver ragionato con i carabinieri, poteva farsi portavoce con le redazioni dando le poche informazioni divulgabili per fare chiarezza?

Certo che i tempi sono ben strani: una volta erano i giornali a scatenare il panico, oggi tocca fare i pompieri delle chat.

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