domenica
15 Giugno 2025
Rubrica L'opinione

Quella memoria delle fabbriche, che non può essere dissipata

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Sequenze Di Fabbrica
Foto di Adriano Zanni da “Sequenze di fabbrica”

Almeno tre circostanze mi hanno riportato a riflettere sul dibattito pubblico che nell’aprile scorso ha accompagnato il repentino abbattimento delle torri Hamon dell’ex Sarom e la definitiva cancellazione / riconversione di quell’abbandonato spazio produttivo. I temi sollevati riguardano vicende recenti della città, nei suoi addentellati economici, sociali, ambientali, e lo scopo dell’archeologia industriale.

La prima è un progetto dell’associazione di promozione sociale Tiratura, nata un anno fa a Ravenna, che si occupa di immagine e narrazione, editoria e stampa ecosostenibile, con una forte impronta partecipativa e di aggregazione culturale. Da alcuni mesi sta ricercando e raccogliendo materiali documentari e testimonianze sulle torri di raffreddamento Hamon e la raffineria Sarom su cui svettavano. Foto d’epoca e testi, compresi alcuni articoli e saggi brevi di studiosi e autori ravennati, saranno pubblicati in un libro nella primavera del 2025, in contemporanea con una mostra a tema. L’iniziativa non ha intenti storiografici ma potrebbe contribuire a colmare gli studi storici su quella grande fabbrica e restituire alla cittadinanza pezzi di memoria del recente passato, spesso “sfocati” o rimossi.

Lo stesso vale per la pubblicazione Sequenza di Fabbrica di Adriano Zanni (info e ordini a questo link) ma con un approccio spiccatamente artistico e visionario indirizzato al petrolchimico Anic, l’altro gigante della concitata fase di industrializzazione della città. È un nuovo racconto (in uscita a novembre) fatto di immagini, illustrazioni, suoni e scrittura che scruta simbolicamente l’evoluzione e la dissoluzione del paesaggio, l’antropizzazione, lo spaesamento. E come dice l’autore, «chiude il cerchio» del suo percorso immaginario intrapreso da oltre 20 anni con le “Cronache dal Deserto Rosso”, in omaggio a Michelangelo Antonioni. Terza annotazione, a questo proposito, l’affascinate stanza – ricca di memorabilia, retroscena e curiosità – dedicata nello Spazio Antonioni di Ferrara a questo film capolavoro girato nell’indecifrabile Ravenna dei primi anni ’60 dal maestro ferrarese.

Queste occasioni ci suggeriscono che il valore della storia e della memoria, anche con uno sguardo estetico e sentimentale, non può essere dimenticato o trascurato, perché ci racconta, come comunità, chi eravamo, chi siamo oggi e forse cosa vorremmo diventare. Visto l’attuale “spirito del tempo”, in cui tutto il senso del prima e del dopo sembrano volatilizzarsi, esclusi da un ossessivo presente.

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