Quella vecchia chimera del cinema pubblico d’essai

Fausto PiazzaRavenna è una città unica al mondo per i monumenti Unesco di epoca tardoantica. E qui non ci piove.
Vabbè Ravenna – l’abbiamo capito – è anche la città di Dante e quindi poetica e letteraria, ma è pure una signora città artistica del teatro e della danza e della musica. Sia per l’offerta di eventi spettacolari di alta qualità sia per le produzioni fatte “in casa” che spesso travalicano i confini della provincia.

E il cinema dove lo mettiamo? Soprattutto ora che le sale hanno riaperto con piena capienza e cominciano ad arrivare i nuovi film prodotti o post prodotti dopo la prima fase della pandemia?

Al multiplex Cinemacity, ovviamente, che ha praticamente il monopolio delle sale ravennati. E se proprio uno è interessato esclusivamente ai film di qualità (quelli denominati anche d’essai) – quelli distribuiti comunque poco e male fuori dalle grandi città italiane – deve accontentarsi di quello che proietta il Mariani del circuito “Cinemaincentro” legato alla Fice, oppure del minuscolo parrocchiale Jolly. Magari, in extremis, emigrare in qualche sala della provincia o in Romagna.

La mappa del grande schermo è questa dalle nostre parti e c’è poco da illudersi. Qualche film di un certo interesse riesce a filtrare qua e là nella programmazione della multisala ravennate, che però fa i suoi comodi conti di esercizio e i conti con i diktat della distribuzione nazionale.
Qualcosa viene recuperato da Mariani e Jolly, ma ci sono opere, alcune premiate ai più importanti festival nazionali e internazionali, che se stiamo dentro le mura cittadine non vedremo mai in “prima visione”, o sarebbe meglio dire in “prima uscita”. Per alcuni film bisogna addirittura aspettare la bella stagione coi cartelloni di “seconda visione” delle arene estive, dove si possono trovare (ma per una sola sera) anche vari inediti.

Così si perpetua a Ravenna la chimera invocata fin dalla prima grande crisi di pubblico e dell’industria cinematografica nazionale negli ultimi decenni del ‘900, poi rintuzzata con l’avvento dei multiplex, per fare economia di scala e accontentare la distribuzione marketing oriented e il primato dei blockbuster movie

E dire che il cinema sarebbe la Settima Arte, ma non certo qua da noi. Dove per trent’anni purtroppo è fallito qualsiasi tentativo di aprire e gestire in modo continuativo una sala pubblica dedicata al cinema di qualità. E dire che per lo stesso lasso di tempo in Comune esisteva anche un Ufficio Cinema.

L’ultimo tentativo – di una lunga serie di esperimenti e convenzioni con privati (lo stesso Cinemacity in origine con Sala 12 e poi il Mariani prima della ristrutturazione Bucci) – per tutelare un minimo di programmazione artistica del cinema è stata l’installazione di un moderno sistema di proiezione al Palacongressi di Largo Firenze che però non ha quasi mai funzionato come sala permanente.
Certo abbiamo alcuni pregevoli e interessanti festival cinematografici di genere – “Soundscreen”, “Nightmare”, “Corti da sogni”, “Per non morire di televisione” – ma uno spazio adeguato che proietti all’anno una quarantina di film d’essai (o comunque non “di cassetta” di nuovo conio) e pure qualche retrospettiva, quello ancora non c’è. Resta una chimera…

Ma l’Astoria – che ha spento le luci nel lontano 2017 – vien da chiedersi che fine farà. Non potrebbe essere quella una soluzione percorribile?

Il cinema Astoria alcuni anni fa, prima della chiusura nel 2017

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