Saviano e quel teatro pieno di ravennati

Roberto Saviano è un personaggio notoriamente divisivo e non potrebbe essere altrimenti, del resto. Per piacere a tutti bisogna non prendere troppo spesso posizione, magari misurare le parole. Non piace alla destra, ma non può essere amato nemmeno troppo dal Pd a cui non risparmia critiche senza mezzi termini. Ma non piace nemmeno a tanti intellettuali, troppo facile il suo messaggio, troppo “tuttologo”, troppo sovraesposto, troppo narciso. Ora, Saviano è arrivato per la prima volta a Ravenna grazie a Scrittura Festival (di cui R&D è media partner, peraltro) dopo anni da quella cittadinanza onoraria che aveva voluto per lui Matteucci e che non era mai riuscito a dargli. Ragioni di sicurezza. E l’11 aprile scorso lo si è capito bene: polizia ovunque, Digos, guardie del corpo fin sul palcoscenico, borse controllate all’ingresso. Si tocca così con mano che non si sta scherzando. E che quell’uomo ha davvero trasformato la sua vita in una testimonianza per la legalità, forse un po’ retorica, forse a volte ripetitiva, ma questo ha fatto. E con questa testimonianza tangibile ha “ipnotizzato” 1.500 ragazzi in un palazzetto dello sport, ha ricevuto applausi scrocianti da un

RAVENNA 11/04/17. ROBERTO SAVIANO AL TEATRO ALIGHIERI

Roberto Saviano al teatro Alighieri

Alighieri gremito alle 6 di un martedì pomeriggio. Parlando di camorra, periferie, social, Brexit, morte, denaro, poesia. Un po’ predicatore, un po’ incantatore, un po’ sociologo, storico, economista, abituato a parlare da solo, senza nessuno a controbattere. Un po’ tutto e forse troppo, ma resta che il pubblico, un po’ di tutte le età per una volta, ha applaudito un discorso che ruotava attorno al tema di cui si dovrebbe ogni giorno parlare: la malavita organizzata, lo spaccio di droga come moltiplicatore di denaro che viene poi ripulito altrove.

Da anni ci sono valorosi volontari come il Gruppo dello Zuccherificio che organizza eventi nelle scuole, festival, incontri per dire “attenti, la mafia è anche qui, non ne siamo indenni” e magari si sente pure accusare di produrre “fanghiglia” se citano inchieste che hanno visto interrogato il ministro Delrio (cit. l’ex sindaco Matteucci, lo stesso che dava la cittadinanza a Saviano, ma pazienza), ma è inutile negare che nessuno può produrre l’effetto Saviano. E allora, comunque lo si giudichi in quanto autore o commentatore, la sua presenza a Ravenna non può che essere ritenuta un bene. Se non altro perché ha offerto al sindaco l’occasione di dichiarare, davanti a centinaia di concittadini in attesa che  «siamo una terra di lotta alla mafia, ma siamo sotto attacco e dobbiamo restare vigili». Nessuna minimizzazione, nessuna rassicurazione. Forse, complice il processo Aemilia,  anche la politica sta finalmente capendo  ciò che intellettuali come Saviano, volontari e sindacalisti dicono da tempo: attenzione, nessuno può dirsi escluso.

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