Quei giganti abbandonati al porto

Dalle tre caravelle russe al mercantile della morte: cinque navi lasciate da anni al loro destino per troppi debiti o questioni giudiziarie

Battono bandiera maltese ma sono registrate al porto di San Pietroburgo con nomi russi impronunciabili e negli uffici della capitaneria di porto di Ravenna, per comodità, le hanno ribattezzate amichevolmente le tre caravelle. Ufficialmente si chiamano V-Nicolaev, Vomvgaz, Orenburg Gazprom: tre navi fluviali di fine anni Ottanta, lunghe circa 110 metri, di proprietà di una società riconducibile al colosso russo Gazprom, ferme nelle acque del Candiano dal 2006, ridotte a relitti (una ha già una falla nello scafo). La loro non è l’unica storia di navi abbandonate a Ravenna, spesso per via di debiti dell’armatore o questioni giudiziarie. Poi il tempo passa e non solo non c’è più resa economica sufficiente per rimetterle in mare ma addirittura non sono buone nemmeno come ferro da rottamare.

Le tre caravelle arrivarono ormai undici anni fa da Sebenico con un carico di pietrame calcareo diretto al terminal della Fassa Bortolo. Vennero fermate per una questione di sicurezza: mancava un’abilitazione. Non si sono più mosse perché nel tempo si sono accumulati debiti e sequestri conservativi fino al punto da non essere più appetibili per l’armatore. Per un periodo sono state ormeggiate in darsena di città e dal 2009 sono a ridosso della scarpata della cassa di colmata della penisola Trattaroli. Sono in stallo in un limbo. Il codice della navigazione consente l’intervento dell’autorità per ragioni di sicurezza se c’è intralcio alla navigazione o rischi ambientali: il punto di ormeggio è fuori da ogni transito e prima di essere sistemate lì erano state bonificate. Ormai non sono più appetibili nemmeno da rottamare: i costi delle operazioni sarebbero più alti di quanto ricavabile vendendo il ferro per la fusione.

Il destino che invece toccherà alla Berkan B, general cargo di 108 metri abbandonata nel 2009 da un armatore turco travolto dai debiti. Al terzo esperimento è andata venduta all’asta per meno di 100mila euro: comprata da una società di Pesaro e subito venduta a Spezia. Verrà smantellata a Ravenna esattamente dove si trova, ormeggiata in banchina nella pialassa Piomboni.

Ma può anche capitare che la nave sia un investimento interessante, per stazza o qualità dell’imbarcazione. In quel caso la sorte è diversa. Come accaduto per la Marina K, messa all’asta dalla banca greca che se l’era presa dall’armatore che non pagava il mutuo. Lunga 160 metri, è rimasta a Ravenna un paio di anni (quattro mesi dei quali trascorsi ancorata in rada con l’equipaggio a bordo) e poi è ripartita trovando un nuovo acquirente. Destino simile in precedenza per Delphinus e Volgodon, navi fluviali russe rimaste nello scalo bizantino un annetto e poi ripartite.

E infine l’ultima arrivata, la Lady Aziza attraccata in darsena di città. Nave del 1991, armatore libanese, batte bandiera del Belize: il 28 dicembre del 2014 al largo si scontrò con il Gokbel causando il naufragio di quest’ultimo e la morte di sei membri dell’equipaggio. È sotto sequestro amministrativo, richiesto dai parenti delle vittime: andrà all’asta il prossimo 19 maggio, come si apprende da Il Resto del Carlino, e il ricavato spetterà in parte a loro. Importo minimo di partenza 516mila euro. Nel 2013 venne comprata per 900mila euro. È ferma e abbandonata: il comandante ha lasciato la nave per ultimo a maggio 2015.

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