Dalle alluvioni alla neve, i mille della protezione civile che ci mettono la pezza

In provincia di Ravenna i volontari sono distribuiti tra ventidue associazioni che fanno riferimento a un coordinamento in contatto con istituzioni e forze dell’ordine per i casi di intervento

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Marco Sarasini

Se un corso d’acqua rischia di esondare loro ci sono, se il mare entra nei paesi della costa loro ci sono, se la neve blocca le strade loro ci sono, se il vento abbatte alberi e rami loro ci sono, una frana si stacca e loro ci sono. Le situazioni di emergenza in cui i volontari di protezione civile sono chiamati a intervenire sono svariate e in tempi recenti hanno una frequenza sempre più alta. La grande macchina di soccorso fa capo a un soggetto chiamato coordinamento di protezione civile (Coprociv), una onlus che riunisce 22 associazioni ravennati dotate dei requisiti per prestare servizio, in totale un movimento di circa mille persone.

Il presidente del Coprociv è Marco Sarasini, 64enne di Faenza con un’esperienza di vent’anni in protezione civile dove ha messo a frutto e ulteriormente ampliato le competenze maturate nel mondo scout: «Perché faccio il volontario? Non c’è una spiegazione semplice però è qualcosa che mi sento di fare, nonostante i sacrifici che vanno fatti. E nonostante ogni tanto venga voglia di mollare, ma il pensiero poi passa».

Il Coprociv è il braccio operativo a livello provinciale dell’agenzia regionale di protezione civile: ha attrezzature e mezzi di sua proprietà e altri forniti in comodato d’uso dal dipartimento centrale poi ognuna delle 22 associazioni ha le sue risorse. Tutto il necessario per affrontare qualunque tipo di emergenza: «Abbiamo moduli per allestire mense da campo, abbiamo fuoristrada e altri veicoli, generatori. Quando non bastano le forze delle associazioni del comune dove è avvenuta l’emergenza, viene coinvolto il coordinamento che quindi può dislocare le risorse da altre associazioni»:

Ogni anno viene redatto un piano di previsione della spesa che viene poi approvato o aggiustato dalla Regione in base alle disponibilità e alle esigenze: «A Ravenna il coordinamento movimenta circa 150mila euro all’anno tra rimborsi, manutenzione dei mezzi, gestione delle emergenze, pasti per i volontari e i cittadini. Il prossimo anno dovremmo cambiare un’auto e chiederemo di avere i finanziamenti». Tra le voci di costo più importanti va menzionata la formazione delle persone: «È vero che siamo tutti volontari ma c’è un piano di formazione per tutti ben studiato. Si parte dal livello base e poi ci sono specializzazioni. Ci rivolgiamo a società esterne e solo questa è considerata formazione ufficiale». E capita anche che qualcuno si avvicini con buona volontà ma ci si renda conto reciprocamente che la cosa non faccia al caso suo.

Dall’osservatorio del Coprociv si possono mettere in fila le priorità territoriali in termini di emergenza: «I rischi idrogeologici sono senza dubbia quelli più concreti con cui fare i conti. Gli eventi atmosferici sono cambiati, piogge che una volta duravano diversi giorni oggi si concentrano in poche ore e l’intensità dei fenomeni è enorme. Adesso non succede più che piova normalmente, vengono giù diluvi ogni volta. E il sistema di drenaggio del territorio, progettato sessant’anni fa quando lo scenario era diverso, va in crisi». Sarasini non ha dubbi che la causa dei più recenti problemi stia tutta qui: «Abbiamo una rete idrica pensata per fare fronte ad altri tipi di eventi atmosferici».

E così le occasioni in cui è necessario mettere in campo i volontari aumentano: «Il coordinamento si confronta con la prefettura e tutti gli altri organi operativi coinvolti a seconda del tipo di problema. In ogni situazione, a partire dalla più piccola, ci muoviamo in coppia e c’è sempre un caposquadra addestrato a tenere i raccordi tra i volontari e le autorità».

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