Quasi seicento persone hanno chiesto il Reddito di solidarietà in due mesi a Ravenna

In regione i beneficiari sono al 70 percento italiani e famiglie spesso prive di minori. Ecco tutti i dati elaborati dall’Università

Foto Conferenza Stampa Res

La presentazione alla stampa dei dati sul Reddito di Solidarietà

Sono 1.700 le richieste già accolte per ottenere il cosiddetto Reddito di solidarietà sulle 6mila complessive registrate in Emilia-Romagna, di cui 573 pervenute ai Servizi Sociali in provincia di Ravenna. Le richieste restanti sono in corso di valutazione ma – scrivono dalla Regione – con buone possibilità di risultare idonee, visto che le respinte finora non sono andate oltre il 15 percento. E si prosegue – a livello regionale – con una media di 800 domande alla settimana. Una misura al momento diretta soprattutto ai cittadini italiani – il 70 percento dei beneficiari, rispetto al 30 distribuito fra residenti comunitari e extracomunitari – ma anche uno strumento in grado di far emergere aree di povertà ancora poco conosciute, come quella delle famiglie spesso prive di minori e composte da uno o due adulti, con almeno uno che lavora in maniera precaria o mal pagata.

É quanto emerge dall’elaborazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha esaminato il periodo d’avvio del Res, 18 settembre-28 novembre, prendendo in considerazione le domande ricevute dai servizi sociali dei Comuni e l’esito dei controlli effettuati dall’Inps, a cui spetta l’ultima parola per l’assegnazione del sussidio. Da qui i dati e il profilo di chi ha richiesto il Res, la misura voluta dalla Regione e varata con l’approvazione della legge regionale sulle “Misure di contrasto alla povertà e sostegno al reddito” (da un minimo di 80 euro fino a un massimo di 400 euro al mese per i nuclei familiari composti da 5 o più membri e con un Isee inferiore ai 3 mila euro).

I numeri. Chi richiede il Res
In Emilia-Romagna, nei primi due mesi si sono registrate 6.059 domande per ottenere il Reddito di solidarietà. Partito a metà settembre, quasi 2.000 richieste hanno già ottenuto il via libera dall’Inps, che ne ha giudicate 1.692 idonee al finanziamento del Res e 225 al Sia (Sostegno all’inclusione attiva), la misura nazionale riservata a nuclei familiari con minori. Sulle restanti 4.000 domande sono tuttora in corso i controlli. In sostanza, senza il Reddito di solidarietà voluto dalla Regione sarebbero state poco più di un decimo le persone ad aver avuto un sostegno contro la povertà.
I richiedenti si dividono pressoché alla pari fra uomini (50,6%) e donne (49,4%), persone con più di 45 anni (65,7%) e nella gran parte dei casi (69%) senza minori a carico. E’ la fotografia di chi è stato ammesso al Res, persone che vivono in situazione di grave povertà, che faticano ad arrivare a fine mese, spesso con in comune il dramma della disoccupazione.
A livello territoriale, le richieste arrivate ai Servizi sociali sono state: 1.556 per la provincia di Bologna, 912 a Modena, 591 a Rimini, 573 a Ravenna, 571 a Reggio Emilia, 514 a Ferrara, 497 a Parma, 477 a Forlì-Cesena e 368 a Piacenza.

Le caratteristiche dei nuclei familiari ammessi
Circa la metà dei nuclei familiari finora ammessi al Reddito di solidarietà è composta da una sola persona e oltre i due terzi (69%) non ha minori a carico. Il 14,2% ha un minore, l’11,9% due, e solo l’1,1% ha più di quattro figli. Per quanto riguarda l’età, un terzo delle famiglie ha un richiedente con almeno 56 anni e circa il 60% con più di 45 anni. Sono le donne a chiedere più frequentemente (68,4%) i contributi previsti dalla misura nazionale (Sia) riservata a nuclei con minori, mentre per il Res le domande vengono presentate da uomini (50,6%) e donne (49,4%) in percentuali simili. Infine, a beneficiare di entrambi i contributi sono famiglie in cui almeno un componente lavora (61,5%), anche se in modo precario o poco pagato. Il Res sembra quindi in grado di raggiungere anche molti ‘working poor’, cioè persone povere malgrado vivano in famiglie in cui sono presenti redditi da lavoro.

La povertà in Emilia-Romagna
Al di sotto della media nazionale, anche per la tenuta complessiva e la ripresa produttiva e occupazionale degli ultimi anni, in Emilia-Romagna il tasso di povertà relativa è comunque passato negli anni della crisi economica dal 2,2% del 2009 al 4,5% del 2016. Secondo i calcoli del Servizio statistico della Regione, si tratta di circa 200mila persone che hanno difficoltà a procurarsi beni e servizi. Sono invece 65mila le famiglie (3,3% in Emilia-Romagna, 6% in Italia) al di sotto della soglia di povertà assoluta, ovvero che non hanno reddito sufficiente a soddisfare i bisogni essenziali: per lo più persone sotto i 35 anni o tra i 35 e i 49 anni con minori a carico.
A questo si somma il dato dell’emarginazione adulta che, secondo le stime dell’Istat rielaborate dall’Università di Modena e Reggio Emilia, riguarda oltre 4.000 senza fissa dimora.

A chi si rivolge il Reddito di solidarietà e come funziona
Destinatari della misura sono i nuclei familiari con Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) inferiore a 3 mila euro e la residenza in regione da almeno 24 mesi.
Oltre alla componente economica mensile, che oscilla tra gli 80 euro per le persone sole e i 400 per le famiglie, il Reddito di solidarietà si concentra sull’inserimento sociale e lavorativo delle persone che lo chiedono; prevede infatti progetti personalizzati di attivazione e inclusione sociale e lavorativa, predisposti con la regia dei Servizi sociali e finalizzati all’affrancamento dalla condizione di povertà. Il Reddito di solidarietà dura al massimo un anno; per poterne fare nuovamente richiesta, devono passare almeno 6 mesi.

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