Otto Olimpiadi dal 1984, nessuna come lei Rio è la prima da spettatrice per Josefa

Per la canoista 5 medaglie con Germania e Italia (oro a Sydney 2000) Sul doping in Russia: «Si combattono i sintomi e non le cause»

Ha partecipato a otto Olimpiadi, nessun’altra atleta femminile ha fatto altrettanto. La prima a Los Angeles nel 1984 l’ultima a Londra nel 2012, in totale cinque medaglie (un bronzo per la Germania nel 1984 e poi un oro, due argenti e un bronzo per l’Italia tra il 1996 e il 2008). Oggi, dopo essere stata per un breve periodo ministro allo Sport, è in Senato con il Partito Democratico e segue in particolare gli aspetti politici legati allo sport. Josefa Idem è diventata per la sua lunga carriera da canoista un’icona dello sport nazionale.

Come vive i suoi primi Giochi olimpici da spettatrice dopo 32 anni? «Molto bene! Non ho mai avuto rimpianti, mi sono presa molto tempo per smettere con convinzione. Ora guardo le gare come amante dello sport e ovviamente dal punto di vista politico».

Pensa di andare a Rio per seguirle dal vivo? «Non ci penso proprio. Non ho voglia di andare lì ad immergermi in questa edizione che immagino molto caotica. Mi guarderò le gare da casa sperando nelle condizioni migliori per gli atleti italiani. So che in Brasile ci sono condizioni di inquinamento ambientale che possono causare gravi problemi agli atleti…».

Delle otto Olimpiadi a cui ha partecipato a quale è più affezionata? «A tutte. Sono state tutte molto ben organizzate e memorabili. È chiaro che essendo io molto innamorata dell’Australia ed essendo stato il mio miglior risultato per me le Olimpiadi di Sydney 2000 sono state favolose».

Ce n’è una che vorrebbe dimenticare? «No, non si sposerebbe con la mia filosofia. Sono eventi dove uno cerca di fare bene e capirci qualcosa…».

A livello organizzativo come sono cambiate? «Oggi per la legge italiana gli atleti olimpici sono ancora considerati dilettanti, mentre sono di fatto professionisti a tutti gli effetti. Ai tempi in cui ho iniziato gli atleti erano veramente dilettanti, facevano altro e poi si allenavano nel tempo libero. Nel 1984, la mia prima Olimpiade, le sponsorizzazioni erano vietate, pena l’esclusione dai Giochi. Oggi il business regna e c’è un grande peso dato ai mass media».

Nelle prime Olimpiadi a cui ha partecipato gareggiava con la maglia della Germania poi è passata con l’Italia, il cambio di nazionale è stato traumatico o indolore? «Sono le storie della vita. Sono nata in Germania, lì ho imparato l’alfabeto dello sport. Poi mi sono spostata in Italia dove mi sono sposata e il centro della mia vita è diventato l’Italia. Da parte mia era del tutto naturale. Sono stati solo alcuni giornalisti che si chiedevano se ero più una cosa o l’altra. C’è un Paese dove si nasce e si cresce e uno dove si diventa adulti».

Quando è stata a Los Angeles nel 1984 c’era ancora la guerra fredda, che aria tirava? «Perché oggi non c’è più la guerra fredda? Ne abbiamo testimonianza tutti i giorni. Nel 1984 non c’erano tutti gli atleti dell’est Europa e c’era la paura del comunismo. Le questioni politiche entravano a gamba tesa nello sport, come lo fanno ancora oggi. Pensiamo solo alle Olimpiadi di Pechino. Sono state assegnate le Olimpiadi alla Cina senza vincoli e poi hanno detto “dobbiamo boicottarle perché è un Paese non democratico”. Perché, non lo sapevano anche prima? Le Olimpiadi vengono influenzate molto dalla politica».

Come valuta la possibile esclusione degli atleti russi per “doping di Stato”? Ricorda i tempi di cui parlavamo? «All’epoca si sospettava che i Paesi dell’est fossero dopati, ma era impossibile scoprirlo. Il problema è che stiamo lavorando sui sintomi e non sui sistemi che li causano. Se i servizi segreti russi riescono ad entrare nottetempo nei laboratori per alterare i risultati, possono farlo anche altri. Noi non sappiamo cosa sta succedendo sul tema del doping. Occorre un nuovo regolamento e un sistema sovranazionale dotato di sicurezze maggiori. Oggi il sistema anti-doping sta per essere fagocitato da quello del doping».

Per concludere con una nota positiva: che consiglio darebbe ai giovani atleti italiani che vanno alla loro prima Olimpiade? «Di essere gioiosi. Per quanto le Olimpiadi siano minacciate continuamente da sospetti di scorrettezze, l’idea delle Olimpiadi è una idea elettrizzante. È una esperienza bellissima per i giovani, che incontrano ragazzi di tutto il mondo. C’è un grande livello di preparazione. Credo che le Olimpiadi, nonostante tutto, siano una esperienza di pace. Consiglio loro di vivere questa esperienza con consapevolezza, perché si è giovani solo una volta e le occasioni come questa non capitano molto spesso».

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