Processo Cagnoni, l’assessora: «Comune parte civile come atto simbolico e culturale»

In corte d’assise alla sbarra il dermatologo accusato di aver ucciso la moglie Giulia che voleva separarsi. Bakkali: «Chiedere un risarcimento? Non so, ma se mai dovesse esserci sarebbe comunque utilizzato per altri progetti su questo tema»

Ravenna 10/10/2017. FEMMINICIDIO GIULIA BALLESTRI. Iniziato Il Processo Che Vede Imputato Matteo Cagnoni Accusato DellÕ Omicidio Della Moflie Giuglia Ballestri.

Iniziato il processo che vede imputato Matteo Cagnoni accusato dell’omicidio della moglie Giulia Ballestri

Per la prima volta il Comune di Ravenna si è costituto parte civile in un processo per un presunto femminicidio, quello di Giulia Ballestri per cui è accusato il marito Matteo Cagnoni. Un atto previsto da una modifica dello Statuto. Una posizione forte che non ha convinto tutti in città e di cui abbiamo chiesto conto all’assessora alle Pari opportunità, Ouidad Bakkali, proprio nei giorni in cui il processo si è aperto e a ridosso del mese di iniziative per contrastare il fenomeno della violenza sulle donne.

Assessora, innanzitutto, esiste la possibilità che il Comune si costituisca parte civile anche nell’eventuale processo per  l’ultimo episodio di stupro?
«Non lo so, analizzeremo e valuteremo la vicenda e per ora ritengo siano prematuri i tmpi. La costituzione di parte civile è una possibilità, ma lo statuto parla anche di tutela delle vittime, quindi le forme possono essere diverse».

Ma che cosa spera di ottenere il Comune da questa costituzione di parte civile nel processo per l’uccisione di Ballestri?
«Si tratta di una presa di posizione che afferma l’identità di un’intera comunità che contro la violenza sulle donne investe e ha investito moltissimo. Questo è un passo avanti, che peraltro non nasce isolato, ma si inserisce in un percorso fatto dalle istituzioni di questo paese, che segue il trattato di Istanbul e la sua ratifica da parte dell’Italia ed è una scelta che molti altri Comuni stanno facendo».

Chiederete un risarcimento?
«Non lo so, ma non è certo questo il punto. E se mai dovesse esserci sarebbe comunque utilizzato per altri progetti su questo tema. Da vent’anni lavoriamo su questo fronte, non da ieri, entrare in tribunale ha soprattutto un valore di messaggio simbolico e ci permetterà di seguire e monitorare da vicino ciò che accade».

Ma il fatto che dopo vent’anni di progetti, lavoro di prevenzione e sensibilizzazione, il fatto che anche qui sul nostro territorio la violenza sulle donne resti un’emergenza, non significa un fallimento?
«No, come ho detto, ci motiva a fare di più, soprattutto ora che finalmente stanno arrivando, da Stato e Regione, anche più risorse per agire concretamente».

Nel costituirvi parte civile contro un imputato accusato di femminicidio, che è cittadino ravennate e che è comunque da ritenersi non colpevole fino a una sentenza definitiva, non c’è anche una sorta di condanna preventiva e una sorta di “invasione di campo” rispetto al lavoro del Tribunale? In fin dei conti, le leggi per tutelare le vittime esistono, non ci sono vuoti normativi…
«No, noi intendiamo seguire il processo e rispettiamo naturalmente il lavoro della magistratura. Ma c’è un processo con un imputato ed era questo il momento di agire non contro una persona, ma contro quella cultura che riteniamo sia alla base di ogni femminicidio  e che spesso si rivela anche nel linguaggio, anche nei tribunali, un linguaggio che schernisce la cultura di genere, che deride il tema del femminismo e dei diritti delle donne».

Il tema delle donne è uno di quelli su cui lavora il Comune, ce ne sono molti altri, penso al tema della tolleranza e dell’antirazzismo, la sicurezza sul lavoro, la sicurezza stradale. Potremmo in futuro vedere il Comune in tribunale anche per altri processi correlati a questi temi?
«Non lo escludo, lo statuto tiene aperta la porta su tante altre tipologie di situazione che volta per volta verranno valutate e per le quali si utilizzeranno gli strumenti a disposizione dell’Ente locale, compresa la costituzione parte civile. La modifica dello statuto operata nello scorso mandato ci ha permesso oggi, e aggiungo purtroppo, di avere un riferimento specifico sulla violenza alle donne, che per noi è un tema fondamentale e sul quale si è scelto di intervenire anche con questo strumento».

Non si rischia di fare una triste graduatoria della vittime? Quelle per cui la comunità si costituisce parte civile e quelle per cui invece non accade?
«No, non credo, non è questa la prospettiva in cui inquadrare questa scelta, ma quella di un percorso condiviso dalle nostre Istituzioni per affrontare quella che al momento riteniamo un tema di cruciale importanza e una priorità da affrontare».

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