Strage di uccelli in valle, al via l’inchiesta: sopralluogo del procuratore capo

Mancini con gli investigatori sui luoghi dove continua il recupero delle carcasse di anatre e oche: si stimano duemila decessi. Indagine al momento contro ignoti: ipotesi di reato tra inquinamento e disastro ambientale

Al centro Alessandro Mancini, procuratore capo di Ravenna, con gli operatori in azione nella Valle della Canna

Il procuratore capo di Ravenna, Alessandro Mancini, nella mattinata dell’8 ottobre ha svolto un sopralluogo nella Valle della Canna, nota anche come Valle Mandriole, dove da alcuni giorni stanno morendo centinaia di volatili di varie specie per una probabile intossicazione da botulino. È la conferma dell’avvio di un’inchiesta sulla vicenda. Al momento, anche da quanto si apprende dalla lettura dei quotidiani locali, non ci sono indagati e l’ipotesi di reato è ancora da inquadrare nel dettaglio. Potrebbe trattarsi di inquinamento ambientale o del più grave disastro ambientale: a fare la differenza sarà la misurazione degli effetti nell’ecosistema e quanto questo risulterà compromesso dal proliferare delle tossine di tipo C.

Esigenza primaria degli investigatori – Mancini è stato accompagnato dai carabinieri forestali e dalla polizia provinciale – è ricostruire la sequenza di eventi che hanno portato alle morti dell’avifauna. Il botulino sarebbe proliferato a causa della siccità nella valle e del mancato ricambio di acqua che è diventata così povera di ossigeno. Perché è accaduto questo? Ma soprattutto, a chi spettava evitarlo? Gli enti pubblici coinvolti a vario titolo nella gestione di quelle aree – zone umide protette con una biodiversità unica riconosciuta da più parti e certificata – sono diversi: in primis l’ente Parco del Delta ma anche il Comune, la Provincia e la Regione.

È bene precisare, per evitare ingiustificato allarmismo sanitario, che il ceppo di botulino letale per gli uccelli è specifico solo per quelli e non per l’uomo. Inevitabile però riconoscere che centinaia di carcasse di animali morti in valle – si stima che possano essere quasi duemila gli esemplari deceduti ed è in corso l’attività di recupero – comporterebbero conseguenze anche per la salute del territorio. Al momento il Parco del Delta ha sospeso la caccia per un raggio di tre km dall’area più interessata dell’intossicazione.

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