Vecchi e nuovi tesori al Museo Nazionale in un allestimento impeccabile

Quattro sale rinnovate attraversano la pittura romagnola, «un vero regalo alla città». In mostra permanente opere rientrate a Ravenna grazie al progetto del Ministero della Cultura

Longhi, Resurrezione Museo Nazionale Ravenna

Luca Longhi, “Resurrezione di Cristo”, Museo Nazionale di Ravenna

Un bel dono alla città: così può essere considerato il nuovo allestimento di alcune sale presso il Museo Nazionale di Ravenna curato dalla direttrice Emanuela Fiori che ha creato, con molto garbo e stile, un contesto impeccabile per accogliere tesori vecchi e nuovi nelle sale dedicate alla pittura, alla ceramica e agli arredi sacri. Pensando al vecchio allestimento, molto spartano e quasi privo di informazioni, risultano del tutto sorprendenti le quattro sale che attraversano la pittura romagnola dal periodo altomedievale fino al ‘700 con l’aggiunta di numerose opere che sono ritornate a casa – alcune dopo secoli – in deposito permanente.
Non era infatti scontato prendere al volo l’occasione offerta dal progetto “100 opere tornano a casa” del Ministero della Cultura, fortemente sostenuto dal Ministro Franceschini, che prevedeva lo spostamento di opere conservate nei depositi di alcuni musei nazionali in sedi visibili al pubblico.

Per chi ha frequentato i depositi dei musei e conosce le difficoltà dello studio diretto delle opere sa di cosa stiamo parlando: occorre figurarsi spazi molto ampi, spesso organizzati con impalcature a scorrimento, che permettono di vedere i lavori con luci inadatte e per un brevissimo tempo. In pratica, sono tesori nascosti, del tutto invisibili.

Il ritorno a casa di opere pittoriche e ceramiche dai depositi di Brera a Milano, della Pinacoteca di Bologna e dal Museo internazionale di Faenza ricuce gli strappi avvenuti a causa delle requisizioni di epoca napoleonica e degli spostamenti protettivi operati durante la seconda guerra mondiale, oltre a restituire dignità e integrità a un breve e interessante percorso sulla pittura, sulla ceramica e gli oggetti liturgici del territorio. Si rivedono volentieri le opere che già facevano parte della collezione del Museo – focus di nuovi studi e restauri e ora poste in un contesto che le valorizza pienamente – e si vedono con interesse per la prima volta le altre sottratte all’oblio.

Partendo dall’ultima sala, dedicata agli arredi e composta per la totalità di opere già presenti nel museo, ci si rende conto dell’importanza dell’allestimento. La difficoltà di comprendere questo tipo di produzione è facilitata dalla suddivisione delle opere e da un pannello introduttivo che spiega le scelte dell’allestimento e le particolarità della raccolta, proveniente in gran parte dall’abbazia camaldolese di Ravenna.
Si deve sicuramente all’allestimento impeccabile la possibilità di cogliere la preziosità di alcuni oggetti come i fermagli di piviale rinascimentali realizzati da Peregrino da Cesena e dal bolognese Francesco Francia o la mitra tardomedievale di fattura francese. La stessa cura valorizzante è stata impiegata nelle due sale delle ceramiche: anche qui pochi depositi da Faenza e a ricontestualizzazione in nuove vetrine espositive dei pezzi già del Museo nazionale valorizzano le splendide maioliche del ‘500 realizzate a Forlì, Urbino, Deruta sulle quali spiccano – giustamente esposti in solitaria – i due bellissimi piatti moreschi in maiolica dipinta a lustro.

Le pareti color carta da zucchero esaltano anche le sale in cui sono esposti i dipinti e gli affreschi prodotti da artisti romagnoli attraverso i secoli, seguendo i medesimi principi di chiarezza espositiva e informativa. Se la prima sala – che ospita affreschi fra il IX e il XVII secolo e un trittico del ‘300 da San Vitale, da San Giovanni evangelista o di provenienza ignota – non riserva particolari sorprese per chi conosce il Museo, è dalla seconda sala che cominciano le novità, a partire dalla pala del Rondinelli portata via da Ravenna nel 1809.

Al pittore romagnolo – allievo di Giovanni Bellini a Venezia – appartiene la grande pala raffigurante la visione di Galla Placidia, un olio su tavola in orgine nella basilica di San Giovanni evangelista. Il soggetto dell’apparizione del santo all’imperatrice e del miracolo della reliquia ha profonde radici nella tradizione ravennate: ricompare infatti sul portale di ingresso medievale della stessa basilica ravennate e negli affreschi eseguiti nel ‘500 da Francesco Longhi, visibili nella stessa sala del museo a pochi metri di distanza. Vale la pena sottolineare la grande perizia tecnica del Rondinelli, quella pittura morbida e atmosferica che caratterizza il suo stile e che presenta in questa tavola forse una delle più belle opere del maestro presenti attualmente nelle collezioni ravennati.

Un’altra opera proveniente da Bologna è la Sacra Famiglia con Santa Caterina di Girolamo Marchesi detto il Cotignola, un artista rinascimentale di rilievo fra Emilia e Romagna. L’opera entra in dialogo con un’altra pala dell’artista qui esposta e appartenente al Museo e permette un secondo confronto con una piccola tavola devozionale, anch’essa giunta da Bologna e attribuita in occasione del riallestimento a Bernardino Zaganelli.

Sempre da Bologna proviene un altro olio su tavola di piccole dimensioni – una Sacra Famiglia con San Giovannino – di Innocenzo Francucci da Imola, un classicista che più volte nelle ricerche recenti si è riscontrato essere un forte riferimento per gli artisti ravennati del ‘500, in particolare Luca Longhi.
A quest’ultimo appartiene la grande pala d’altare della Resurrezione, anch’essa proveniente dai depositi bolognesi, firmata e datata al 1566. L’opera – che le fonti antiche dicono forse proveniente da Cervia – presenta chiari riferimenti alle stanze vaticane di Raffaello, probabilmente mediate da incisioni ma anche da riferimenti ripensati sul lavoro dei già citati Francucci e Francia. L’arrivo al Museo nazionale di questa opera – che fu il modello per l’affresco di scuola longhiana eseguito nella Cappella di S. Andrea a Ravenna – rimette in circolo la storia, l’arte e la memoria della città, arricchendole in modo permanente.

Museo Nazionale di Ravenna, orari di apertura: Mar-Gio-Ven 8.30-19.30; Mer 14-19.30; Sab 8.30-14; Dom 8.30-14 (nella 3° domenica del mese orario prolungato alle 19.30). Ingresso: 6 euro, ridotto 2 euro, gratuito fino 18 anni.

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