Un “labirinto delle nebbie” dal fascino oscuro

L’ultimo romanzo di Matteo Cavezzali, più tradizionale rispetto ai due precedenti. Tra noir, folklore, storia e fantastico

Cover Copertina Il Labirinto Delle NebbieLuogo suggestivo per eccellenza, non a caso le valli di Sant’Alberto sono state più volte scelte come ambientazione letteraria. Poche settimane fa, in particolare, sono tornate protagoniste in libreria con il romanzo Il labirinto delle nebbie (edito da Mondadori), del ravennate Matteo Cavezzali.

Giunto al quinto libro, lo scrittore – noto anche per essere il direttore di importanti rassegne come ScrittuRa Festival – continua a sperimentare linguaggi e forme e pubblica un libro che scarta completamente dalla precedente produzione. Questo è infatti un romanzo “vero” che, pur prendendo spunto da suggestioni storiche, si addentra nei meandri della narrativa per certi versi più tradizionali rispetto ai due precedenti lavori di fiction, più sperimentali nella forma spuria tra narrazione, cronaca, autobiografia.

Qui il narratore onnisciente ci racconta una storia che vede personaggi principali e di contorno, ma soprattutto un tempo e un luogo che avvolgono la vicenda e sembrano essere i veri protagonisti di questa storia.

Il luogo è Afunde, paese immaginario che nel nome ha un destino (in romagnolo infatti significa affondare) e che si trova nelle valli tra Sant’Alberto e Comacchio, in quel luogo così suggestivo e identitario per chi lo abita. Il tempo è quello che segue la tragedia della Prima guerra mondiale, le cui ferite devono ancora rimarginarsi. Afunde è infatti un villaggio dove ormai sono rimaste a vivere solo le donne dopo che gli uomini sono morti in guerra, mandati nelle prime linee del fronte per punirli per le loro idee anarchiche e socialiste. La settimana rossa del ‘14 è già solo l’amaro ricordo di un’illusione durata un momento. La guerra è dentro il protagonista Fosco, sopravvissuto a quell’orrore che non lo abbandona, e che arriva ad Afunde come “furistir”. E questa è una Romagna ben diversa da quella solatia e accogliente della riviera, qui da sempre i “furistir” sono mal visti. E così, in una sorta di sospensione della progressione temporale e nell’indefinitezza di un luogo sfuggente, arcano in continuo mutamento, dove le acque cambiano gli orizzonti quotidiani, nasce questo romanzo dalla consistenza viscosa, densa e pastosa.

Dentro ci sono elementi presi in prestito dal noir, dal giallo, dal folklore, dallo storico e dal fantastico. Atmosfere cupe e misteriose in cui Cavezzali non resiste però a rinunciare del tutto alla sua ben nota ironia, pur lasciandola in questo caso un po’ sottotraccia. Del resto in quelle valli pare ci sia davvero poco da scherzare, il loro fascino immutato risiede più nel mistero di un orizzonte che scompare nella nebbia, nella terra che diventa acqua e viceversa.

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