Il primo olio Dop d’Italia: la storia millenaria del “Brisighello”

A promuovere il marchio il lavoro della Cab, coop agricola con oltre 300 soci conferitori. Ne parla il presidente Sergio Spada: «Così preserviamo il territorio. Fondamentale l’investimento del nuovo frantoio»

Brisighella Colli E ULIVI

Ulivi sui colli di Brisighella

La Dop di Brisighella ha compiuto nei mesi scorsi 26 anni. Un riconoscimento importante (fu tra le prime cinque Denominazioni d’Origine Protetta assegnate in Italia, la prima per un olio) a coronamento di una storia millenaria, quella dell’olivo nell’area di Brisighella, portata a compimento in particolare da una cooperativa, l’Agricola Brisighellese (Cab), nata nel 1962 dall’idea di alcuni agricoltori allo scopo di valorizzare e promuovere le produzioni vitivinicole ed olearie del territorio.

Il frantoio sociale apre invece nel 1972 e qualche anno dopo – su impulso del ristoratore e sommelier Nerio Raccagni – nasce l’idea di imbottigliare l’olio e, soprattutto, di certificarlo. Ecco quindi il “Brisighello”, marchio che rappresentava un’autocertificazione metodica che seguiva un disciplinare preciso, sorta di Doc ante litteram, che anticipò di vent’anni la certificazione ottenuta negli anni novanta in sede europea. Nel marzo del ‘97, l’Olio Extra Vergine Brisighella è stato il primo a uscire sul mercato con il marchio Dop.

Oggi la Cab produce circa il 95 percento dell’olio Dop “Brisighella”, forte del conferimento di oltre 300 soci che portano la cooperativa a produrre circa 700 quintali di olio all’anno (di cui circa 300 Dop, rispettando quindi il rigoroso disciplinare che indica tra le altre cose modalità e tempi di raccolta, oltre che la circoscrizione geografica, che corrisponde in tutto o in parte ai territori comunali di Brisighella, Faenza, Riolo Terme, Casola Valsenio e Modigliana).

Sergio Spada Cab Brisighella

Sergio Spada, presidente della Cab “Terra di Brisighella”

«Abbiamo sempre puntato all’eccellenza – commenta il presidente di Cab “Terra di Brisighella”, Sergio Spada – allo scopo di valorizzare i prodotti del nostro territorio. Ma la nostra priorità è riuscire a remunerare il più possibile i soci, che è poi solo un altro modo di preservare il territorio. Se la cooperativa non riuscisse più a garantire certe remunerazioni, per esempio, verrebbero abbandonati gli uliveti secolari, che già ora, essendo molto costosi, vengono curati solo da pensionati o da aziende agricole che si occupano soprattutto di altro. Negli ultimi 10-15 anni sono nati nuovi terreni coltivabili, nuovi impianti con irrigazione e possibilità di utilizzare i macchinari, per migliorare la produttività».
Produttività che negli anni è aumentata fino a raggiungere anche il conferimento di 12mila quintali di olive, di cui si utilizza in media il 12-14 percento per l’olio (una parte viene poi lasciata ai soci per l’autoconsumo). Fino a pochi anni fa non erano mai stati superati i 10mila quintali. Oggi, con il nuovo frantoio inaugurato nel 2018, sarebbe possibile lavorarne anche il doppio. «Siamo pronti, ci aspettiamo un nuovo aumento produttivo – continua Spada –. L’investimento che abbiamo fatto sul nuovo frantoio si è rivelato fondamentale anche per contrastare gli imprevisti dei cambiamenti climatici, con le olive che maturano sempre prima ed è quindi ncessario “raffreddarle” in maniera artificiale. Senza questo nuovo impianto, non saremmo riusciti a mantere lo stesso livello qualitativo».

L’olio viene poi commercializzato attraverso punti vendita diretti e soprattutto la grande distribuzione, restando per la maggior parte in Emilia-Romagna, con una percentuale solo residuale di esportazioni all’estero.
L’anno scorso il fatturato ha raggiunto quota 1,5 milioni di euro (di cui 1,1 derivante dall’olio, il resto tra vino e prodotti confezionati), in forte crescita, a fronte di difficoltà comuni a tutto il comparto come quelle del reperimento dei materiali e del caro energia, affrontato forti dell’impianto fotovoltaico costruito ormai quasi dieci anni fa e sulla “circolarità” della propria economia, con la sansa di olive, sottoprodotto del processo di estrazione, che viene utilizzata nei biodigestori.
« E stiamo riciclando e vendendo anche i nocciolini – sottolinea Spada – che una volta trattati possono essere utilizzati come alternativa al pellet, per caldaie predisposte».

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