Caos a Ravenna tra 5 Stelle e Cambierà, parla l’ex candidato sindaco Vandini

«Mi assumo anch’io le responsabilità per le divisioni con Francesca Santarella, ma sono comunque rimasto in consiglio cinque anni. Ora nella lista civica credo che siano di chi avrebbe dovuto guidarla…»

Vandini Grillo

Pietro Vandini con Beppe Grillo in piazza del Popolo a Ravenna durante la campagna elettorale del 2011 per le elezioni comunali

Pietro Vandini è stato indiscutibilmente un protagonista della vita politica cittadina, essendo stato candidato sindaco e poi eletto in consiglio comunale per il Movimento 5 Stelle nell’ormai lontano 2011 e sostenitore del progetto civico CambieRà nel 2016. Un progetto come noto nato dopo che la lista del Movimento 5 Stelle presentata da gran parte delle persone che poi sono confluite in CambieRà non aveva ottenuto la certificazione. Infine, pochi mesi fa si è visto negare senza spiegazioni ufficiali la possibilità di partecipare alle Parlamentarie dei 5 Stelle. Da allora, e forse proprio per questo, le tensioni dentro Cambierà sono divenute tali da portare all’addio al gruppo da parte di due consiglieri comunali, mentre non si placano i “fraintendimenti” tra i militanti grillini. Un caos che abbiamo cercato di raccontare a questo link.

Vandini, un disastro su tutti i fronti. Qual è la sua lettura?
«
Credo che quello che è successo nelle ultime settimane sia da addebitare dalla necessità di qualcuno di addossare ad altri responsabilità proprie e di altri di rifarsi una verginità. È in atto inoltre una sorta di “guerra per il potere” che fino a quando ero presente rimaneva sopita. Ora tutti ritengono di poter essere i leader perfetti e sgomitano per guadagnare spazio. Chi ha le caratteristiche per essere leader non ha bisogno di sgomitare».
Ma secondo lei chi ha sbagliato in Cambierà?
«Credo che l’errore sia stato a monte, nel non chiarirsi internamente sulla posizione da prendere rispetto al voto del 4 marzo. Dopodiché nella lista credo potessero convivere due anime anche diverse almeno fino alle prossime amministrative, perché la responsabilità che si erano presi i consiglieri era quella sul programma elettorale, che era e resta ispirato ai contenuti 5 Stelle. Altrimenti, più coerente sarebbe stato dimettersi dal consiglio comunale. In generale ho trovato sui giornali molte dichiarazioni irrispettose in questi giorni».
Alla luce di quello che è successo ora, Cambierà è stato un errore?
«Col senno di poi è facile rispondere sì, visto come è naufragata, ma non sarebbe coretto. Continuo a credere che ci fosse del buono in quel progetto che era pensato per una squadra in cui eventuali lacune e debolezze di qualcuno dovessero essere compensate dalle qualità di altri e continuo a pensare che se avesse vinto, avrebbe potuto fare un buon lavoro. Ma una volta che si è eletti all’opposizione, inevitabilmente emergono molto le qualità del singolo, la capacità di fare squadra, di guidare un gruppo. A questo punto credo che Samantha (Tardi, unica dei tre consiglieri eletti, rimasta in Cambierà, ndr) possa continuare l’esperienza civica degnamente, e perché no, gettare le basi per qualcosa di più ampio respiro».
E però anche quando lei era capogruppo del Movimento 5 Stelle non sono mancati dissapori, anzi proprio da quelle divisioni interne alla fine è arrivato il verdetto dello staff centrale che decise di non concedere il simbolo a nessuno. Qualche responsabilità in questo disastro ce l’avrà anche lei, no?
«Sì, io mi assumo la responsabilità delle divisioni che ci sono state con Francesca Santarella (l’altra consigliera comunale dal 2011 al 2016, ora del meetup “A riveder le stelle”, di fatto benedetto dai responsabili regionali 5 Stelle recentemente, ndr), eravamo in due e non si possono attribuire tutte le colpe a uno solo dei due. Però per cinque anni sono rimasto a lavorare in consiglio, cercando comunque di tenere insieme il gruppo fino a quando ho potuto. Per quanto riguarda Cambierà invece credo che le responsabilità dovrebbe assumersele chi aveva il compito di guidare il gruppo».
Che cosa ha imparato da queste esperienze?
«
Che una forza politica deve avere una struttura, in tutto e per tutto simile a quella di un partito, idee chiare per il programma e l’apertura a chi ci vuole stare. Ma riconosco di essere molto deluso, perché quando si formano dei gruppi, troppi comportamenti umani sono dettati da invidia e sete di potere, purtroppo.
Ha abbandonato il Movimento nel momento in cui questo è diventato primo partito in città…
«Credo che gran parte di quei voti siano di opinione e che possano sparire in fretta. Soprattutto se alleandosi con qualcuno al governo centrale finiranno per rinnegare ciò che hanno detto e ripetuto per anni».
Ma adesso che è fuori dal Movimento 5 Stelle e abbiamo visto naufragare l’esperimento di lista civica “ibrida”, quale futuro immagina per la sua vita politica?
«Sinceramente non lo so, vedo macerie dappertutto. Fare politica però non è obbligatorio».
Si parla di un nuovo possibile movimento dei sindaci, con Pizzarotti in testa, non le interessa?
«Sicuramente continuo a stimare molte persone per cui in passato ho espresso ammirazione, come Federico. So che ci sarà un incontro pubblico a breve, vedremo. Sono convinto che un sindaco debba essere caratterizzato da pragmatismo più che da ideologia perché la gran parte delle decisioni che deve prendere hanno bisogno di scelte concrete, che tengano conto delle necessità che effettivamente riguardano i cittadini».

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