L’albergatore che vuole diventare sindaco: «La città ha un fuso orario rallentato»

Filippo Donati titolare di un hotel in centro a Ravenna, si candida con una lista civica sostenuta da Lega e Fratelli d’Italia: «Restiamo paralleli e distinti, condividiamo programmi non ideologie»

Filippo DonatiFratelli d’Italia e Lega hanno dato l’annuncio ufficiale: alle elezioni amministrative di ottobre a Ravenna appoggeranno Filippo Donati, albergatore da 40 anni che ha ricoperto diversi incarichi anche a livello nazionale per Confesercenti. Al momento la coalizione conta anche Viva Ravenna, lista civica personale dello stesso Donati. Lo abbiamo intervistato.

Donati, la sua esperienza politica pareva chiusa dopo la candidatura alla Camera negli anni Novanta con la Lega Nord, è titolare di un albergo da gestire in prima persona, insomma… chi glielo fa fare di candidarsi a sindaco?
«Non riesco più ad accettare che a ogni elezione chi gestisce questa città si presenti come la soluzione ai problemi che ha creato. In tutti i settori c’è un approccio all’uso delle risorse pubbliche sempre orientato a coprire spese e non a investire, con l’abitudine di favorire chi è dentro ai vari cerchi magici. Si è visto con Ravenna 2019, si è visto con l’occasione persa per la Battaglia di Ravenna e lo stiamo vedendo con Dante 700».

Lei non avrà il suo cerchio magico?
«No, perché non ho preclusioni per ideologie. Se un’idea è buona non mi preoccupo da che parte viene. Invece ora in Comune non vengo ascoltato perché sono considerato di destra e la destra mi considera di sinistra».

E da che parte sta?
«Ho avuto due nonni su posizioni opposte, sono stato abituato a guardare di qua e di là. Mi considero un liberale di destra ma sono un civico che non appartiene ai partiti».

Basterà per convincere gli elettori?
«C’è una parte di questa città che non ha più voglia di votare a sinistra ma non è disposta a votare a destra e potrebbe essere propensa a votare per qualcuno che di fatto si è sempre sbattuto per Ravenna, che da sempre ha grande considerazione per la sua città e lo dimostra con il suo lavoro».

Perché non si è candidato nel 2016 quando glielo propose il Movimento 5 Stelle poi confluito in Cambierà?
«Il simbolo era un po’ ingombrante. Il Movimento andava bene fino a quando andava avanti a pane e acqua. Appena ha avuto prebende e ruoli invece… Vanno capiti: nei palazzi di Roma non arriva il rumore della strada».

Come è nata ora la sua candidatura? La politica ha cercato lei o viceversa?
«Circa tre mesi fa una persona che non fa parte di alcun partito, ma ha contatti con i partiti, mi ha chiesto se potessi essere disponibile in caso di una confluenza sul mio nome da parte di alcune forze politiche. Ho specificato subito la mia condizione imprescindibile: voglio rimanere distinto da qualunque partito, condividiamo un percorso ma restiamo paralleli e indipendenti. Non mi vedrete con la felpa…».

E allora non era meglio correre da solo con una lista civica?
«Lega e Fratelli d’Italia sono due grandi partiti, valgono il 40 percento circa a livello nazionale secondo i sondaggi. E sono partiti strutturati: questo è fondamentale per affrontare una campagna elettorale e per dialogare poi con le istituzioni regionali e nazionali».

Sulla scheda, al momento, il nome di Donati sarebbe accanto ai simboli di Lega e Fdi. La gente capirà che siete paralleli?
«Dobbiamo condividere un programma civico, non le ideologie. Ho trovato la disponibilità ad ascoltare il mio progetto di città che ho costruito in questi anni confrontandomi con tante persone e competenze diverse. Mettiamo sul tavolo il mio programma e i loro, li sovrapponiamo, vediamo quello che rimane fuori e decidiamo cosa va tagliato o rimboccato, come fosse la pasta del cappelletto».

Ravenna in Comune quasi certamente non ci sarà, una parte dei grillini sarà nel centrosinistra, la sinistra estrema è in briciole. Con queste condizioni De Pascale si può battere?
«Il sindaco uscente sta mettendo insieme una coalizione “aratro” che vuole rastrellare tutto, da Ravenna Coraggiosa ai Repubblicani. Non so come facciano a stare insieme. Anche per questo alla conferenza di presentazione sia io che Morrone abbiamo aperto la porta al Pri: non era una presa in giro, era una battuta ma con un fondo di verità».

Della giunta uscente chi salva?
«Il migliore assessore è Valentina Morigi perché lascia qualcosa del suo lavoro. Degli altri sinceramente non mi sembra di aver visto molto di palpabile».

Vorrebbe Morigi nella sua squadra?
«Non vorrebbe lei».

La delega al Turismo nel primo mandato di De Pascale è stata affidata a Giacomo Costantini, proveniente dalla stessa Confesercenti.
«Lui era un funzionario, io un dirigente. Era una promessa ma si è rivelato troppo debole politicamente. Questa città viaggia a un fuso orario rallentato. La questione dantesca doveva essere pronta nel 2019, doveva essere la rampa di lancio fino al 2021».

Il turismo è il suo mondo. Il programma elettorale per questo settore è già pronto?
«Ho 60 anni, faccio l’albergatore dal 1983, per otto anni sono stato presidente nazionale della categoria per Confesercenti. Ho incontrato, conosciuto e parlato con tante persone: la mia idea di turismo ce l’ho chiara. Per essere sicuro che si regga ho chiesto un confronto con esponenti del mondo accademico con cui avevo contatti proprio tramite i miei incarichi. Un po’ alla volta presenteremo le nostre idee».

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