Le elezioni viste da chi fa la tv: «Vittoria Fdi parte da scelta delle trasmissioni»

L’analisi di Claudio Ossani, giornalista faentino della Rai che ha seguito la campagna elettorale per La7: il successo di Fdi comincia con la scelta delle trasmissione televisive. «Che errore quella dichiarazione di Letta»

OssaniIl giornalista faentino Claudio Ossani – 38 anni, oggi redattore nel nuovo programma di Marco Damilano su Rai Tre – ha seguito la campagna elettorale in prima persona, come autore della parte politica de L’aria che tira – Estate, programma di approfondimento in onda su La7. Gli abbiamo chiesto un commento sulla tornata elettorale, in quanto addetto ai lavori.

Sorpreso dei risultati delle elezioni?
«No, in realtà erano piuttosto annunciati e non hanno fatto altro che confermare la capacità di leadership di Giorgia Meloni, al di là di Fratelli d’Italia. Credo sia stata una sua vittoria personale, costruita e gestita proprio durante la campagna elettorale. Scegliendo per esempio di andare solo in alcune trasmissioni televisive: “Porta a Porta”, una presenza da Lucia Annunziata, partecipazioni mirate in grado di dare sicurezza al proprio elettorato e una giusta dose di visibilità. E poi tante piazze e comizi».

E all’Aria che tira – Estate?
«Non è venuta, dall’ufficio stampa ci comunicavano di volta in volta che era impegnata, che era a quello o a quell’altro comizio. Una gestione delle partecipazioni televisive portata avanti anche in chiave politica. Piazza Pulita, per esempio, l’ha attaccata esplicitamente per queste scelte, lamentandosi della sua mancata partecipazione. Ma lei ha deciso di non andare evidentemente perché non era quello il suo pubblico».

In campagna elettorale dovevate seguire una linea editoriale? Avete mai avuto imposizioni dall’alto?
«No, nella maniera più assoluta. La7 è una televisione commerciale che per funzionare deve lasciare il massimo della libertà e in effetti ci sono tantissime voci diverse. Ma devo dire che in 13 anni che faccio questo mestiere (su La7 ma anche in Rai, ndr) mi è capitato veramente solo un paio di volte di aver subìto un intervento dell’editore, su cose tra l’altro piuttosto marginali».

L’arrivo del centrodestra al Governo potrebbe avere ripercussioni “gravi” sulla gestione della Rai, come si preoccupa qualcuno?
«Penso e spero proprio di no. Potranno esserci nuove conduzioni, certo, nuovi programmi che racconteranno certi temi che magari negli ultimi anni erano stati lasciati più in disparte. Ma la Rai deve stare comunque sul mercato, raccogliere pubblicità. È la televisione di tutti e non la voce solo di qualcuno. Allo stesso tempo è ovvio che essendo una televisione pubblica di stato ci sia una parte di contenuti gestita da chi ha il potere: la Rai è sempre cambiata a seconda dei governi. Io ci sono entrato nel 2011 con Berlusconi e posso confermarlo. Ma è più un problema di costi, appalti, situazioni che vanno oltre i contenuti. Con tre reti televisive c’è sempre la possibilità di dare spazio a tutti».

WhatsApp Image 2022 09 30 At 18.35.53Com’è lo stato dell’informazione televisiva in Italia?
«La realtà è che è molto, molto libera. Anzi, tornando alla campagna elettorale, il paradosso è che le minoranze spesso sono sovrastimate. Pensa a no vax e no green pass: hanno goduto di una visibilità enorme, ma i risultati elettorali hanno dimostrato che non rappresentavano quasi nessuno. È una conseguenza della dinamica di polarizzazione che deve essere rispettata in tv. I programmi dove sono tutti d’accordo non funzionano, per costruire un parterre che interessi, invece, devi creare divergenze e così si finisce per dare spazio a posizioni divergenti, senza preoccuparsi in realtà di quanto peso abbiano in termini di rappresentanza».

Quanto pesa la tv, in una campagna elettorale ai tempi dei social?
«Per una determinata fascia di popolazione, dai 50 anni in su, la tv è ancora determinante. Contribuisce a formare un’opinione. Anche perché non dobbiamo dimenticarci che ci sono intere zone del Paese in cui internet nemmeno arriva. La tendenza, in generale, è quella di cercare leader, creati anche da tv e social: da Renzi passando per il Movimento 5 Stelle di Grillo, fino a Salvini e Meloni».

E tra i vari partiti, quanta attenzione c’è all’aspetto comunicativo? Quanto vogliono essere presenti in tv?
«Ogni decisione, in un partito politico, ha degli obiettivi molto più grandi rispetto alla semplice apparizione televisiva. Fa sempre sorridere, per esempio, dover spiegare a chi ci accusa di “non avere mai un ospite del Movimento 5 Stelle”, che le apparizioni dei 5 Stelle sono gestite da un unico ufficio stampa centralizzato, quello di Rocco Casalino per intenderci, che decide spesso di non mandare il proprio rappresentante in tv. Anche perché conviene ai 5 Stelle poi dire che “non ci invitano mai in televisione”, quando invece sono i primi a essere cercati. Un modo di gestire la comunicazione in effetti efficace, che fa parlare di loro anche quando non ci sono. Allo stesso tempo hai spesso a che fare con uffici stampa che chiamano in redazione per piazzare ospiti, volti nuovi. lanciare candidati di un collegio sperduto. E con partiti che mandano gli ospiti a seconda delle presenze femminili: “Quante donne avete? Nessuna? Allora non veniamo. Una? Allora ve ne mandiamo un’altra”. Ma così è evidente che è difficile costruire un parterre equilibrato. Decisivo, poi, è il rapporto di fiducia tra conduttori e politici, che è forse il primo passo per costruire la puntata di un talk show».

Un episodio della campagna elettorale che ha sorpreso voi addetti ai lavori?
«Beh, devo dire che tutti, ma davvero tutti, ci siamo stupiti del fatto che il segretario del principale partito della coalizione di centrosinistra sia andato al Corriere Tv a dichiarare che “mica ci devo governare” con gli alleati di Sinistra Italiana e Verdi. Una cosa clamorosa, soprattutto per un elettore in quei collegi in cui a guidare la coalizione era proprio uno dei Verdi o della Sinistra…».

Ecco, il Pd è accusato proprio di una scarsa capacità comunicativa. Quanto c’è di vero?
«Si può notare, magari, nei casi in cui hai aspettative verso una puntata, quando finalmente ti aspetti che dica qualcosa di forte e invece neanche quella volta capita. Ma è difficile avere un riscontro immediato dalla tv, dove comunque, come dicevamo prima, i racconti sono volutamente fortemente polarizzati, ci sono forzature giornalistiche. Il messaggio negativo, come quello di Letta di cui parlavamo prima, arriva invece subito…».

Vivi a Faenza, come giudichi il risultato delle elezioni nei nostri territori?
«La tenuta del centrosinistra, a Faenza, credo sia merito soprattutto di una candidata forte come Manuela Rontini (che ha perso la sfida all’uninominale contro il senatore uscente di Fratelli d’Italia Alberto Balboni, ma in un collegio che vedeva quella di Ravenna accorpata alla provincia di Ferrara, ndr), lo si vede anche dalla differenza di voti tra Camera e Senato (dove era candidata, ndr). Le 49 preferenze in provincia di Ravenna che hanno invece permesso alla candidata del centrodestra di vincere su quella del Pd alla Camera mi hanno davvero sorpreso e credo che la colpa in quel caso sia davvero dei Dem: quando si perde di così poco in un territorio come quello di Ravenna c’è qualcuno che ha dato troppo per scontato alcune cose. Poi è ovvio che questa legge elettorale, senza preferenze, con collegi ridisegnati, ha fatto il resto; ma qui il Pd avrebbe potuto fare qualcosa prima, al Governo… L’impressione è che il voto nazionale sia davvero molto diverso da quello delle Amministrative, dove forse il centrosinistra riesce a essere più credibile».

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