Stamboulis: «Schlein è l’unica in grado di battere le destre al governo»

La dirigente scolastica (con un trascorso da assessora per Sel) ha preso per la prima volta la tessera del partito a sostegno della parlamentare fondatrice di Coraggiosa: «Su giustizia ambientale e sociale può mettere insieme giovani elettori ed elettrici»

Elettra Stamboulis

Elettra Stamboulis

Tra le promotrici della lista Coraggiosa in Emilia-Romagna, già vicepresidente di Stefano Bonaccini, oggi parlamentare eletta nelle file della coalizione Pd, Elly Schlein è data dai sondaggi come l’unica candidata in grado di insidiare il favorito Bonaccini.
Donna, giovane, ambientalista, extraPd, sul territorio di Ravenna è sostenuta da più comitati. In particolare si sono espressi per lei e si stanno attivando per la campagna elettorale tre nomi noti alle cronache politiche locali: l’avvocato Andrea Maestri, fuoriuscito dal partito in passato per aderire al progetto Possibile; Marisa Iannucci, già candidata nelle liste di Ravenna in Comune per Palazzo Merlato; ed Elettra Stamboulis, curatrice di mostre, scrittrice, dirigente scolastica e con un passato da assessora all’Istruzione in quota Sel nella prima giunta Matteucci. A lei, che si è iscritta al Pd per la prima volta lo scorso 27 dicembre, abbiamo chiesto il perché del suo appoggio a Schlein.

«Perché è l’unica che può vincere contro le destre. Elly Schlein riprende il tema della cittadinanza attiva. Condivido la posizione di Norma Rangeri: solo il Pd oggi può fare da coagulo e mettere insieme il meglio della società italiana per contrastare la deriva sociale, economica e culturale in atto con questo governo».

L’intenzione è forse anche quella di tentare la scalata da sinistra al Pd in un momento di forte difficoltà del partito?
«Le difficoltà non ci devono spaventare: al Pd riconosco identità plurime e credo che il suo Dna non ne verrà comunque intaccato. Si tratta di un partito nel bene e nel male riformista che si richiama ai grandi valori della democrazia e al suo interno ha avuto esponenti importanti, essendo plurimo. Bisogna accettare la casa che ci accoglie, magari migliorando se si può l’illuminazione, ma non si ricostruisce da capo».

Tra queste identità plurime c’è anche Dario Franceschini, più volte ministro, da sempre tra i gli attori protagonisti del partito e di molte sue faide interne. Oggi è sostenitore di Schlein, come è possibile una vostra convivenza?
«In politica si convive con chi c’è e con chi c’è si fanno alleanze e accordi. Si tesse una tela composita insieme, con pazienza, in modo democratico e partecipativo. Sento molte critiche al Pd rispetto a questo congresso, ma è un partito che riapre una pratica di consultazione ampia per la sua dirigenza. Il fatto che Renzi e il renzismo non ci siano più apre nuove prospettive, più interessanti e moderne incarnate proprio da Elly. Mi ricorda un po’ quello che successe negli anni Settanta quando Berlinguer disse ai giovani “entrate e cambiateci”. Poi Elly ha fatto parte del movimento OccupyPd…».

Perché non può essere Bonaccini l’uomo giusto per guidare il Pd in questa fase?
«Perché non affronta le grandi istanze a livello europeo e globale, ha un atteggiamento molto pragmatico, è intento ad amministrare il presente. Il suo carisma è limitato agli aderenti al partito e a questa parte d’Italia. La nostra percezione qui è
falsata dal fatto che è presidente della Regione. Elly Schlein può parlare a un’Italia lunga e stretta, ma anche dialogare con l’Europa e i giovani europei. Incarna qualcosa di nuovo e necessario».

Elly Schlein è stata però la vice di Bonaccini e, va detto, la sua presenza nella giunta regionale non sembra aver avuto un reale peso.
«Intanto come rappresentante dei socialisti in Ue ha cambiato la carta di Dublino stabilendo maggiori garanzie per chi chiede asilo. Ha tenuto testa a Salvini sulla questione migranti. Ha difeso il reddito di cittadinanza, si è opposta alle trivelle nel mare, al consumo di suolo, ai condoni, ha parlato di cura del territorio, di congedo paritario per i padri, di «beni comuni da sottrarre alla logica del mercato», di sostegno alle piccole e medie imprese nella transizione ecologica… Chi fa politica amministrativa non fa le rivoluzioni, i cambiamenti sono carsici, chi amministra deve tenere il punto su alcune questioni, mediare, cercare di portare avanti alcune parole e concetti, tradurre in regolamenti indicazioni nazionali. Penso alla questione di genere e all’accoglienza, per esempio, nella nostra Regione sono stati fatti molti passi avanti, e non è scontato. Comunque è stata vice per neanche due anni, nei quali c’è stato il Covid. Credo che pur essendo giovane, vada osservata con un binocolo ampio, guardando a tutte le sue esperienze per capire che cosa ci possiamo aspettare. E a me piace».

Si può però senz’altro dire che, in Emilia-Romagna e forse in particolare a Ravenna, sul fronte ambientale Schlein ha deluso più di un elettore.
«Capisco l’obiezione, ecco perché è importante ora mettere al centro questa istanza fondamentale, in modo solido e senza tentennamenti. La grande sfida di cui Schlein parla continuamente è l’uguaglianza sociale e ambientale, un enorme cambiamento che non si fa in un giorno ed è anche l’unica questione che può mettere insieme i giovani elettori e elettrici perché riguarda il loro futuro prossimo. Proprio loro sono i grandi assenti del dibattito politico perché nessuno li rappresenta».

Non potrebbe essere il Movimento 5 Stelle un’opzione altrettanto interessante?
«Sicuramente. Personalmente però lo sento più lontano, mi assomiglia di meno. Il Pd non è il mio specchio, ma mi sembra che ancora metta al centro la questione dell’uguaglianza sociale che per me è una delle questioni cruciali».

Quindi, anche qualora dovesse vincere Bonaccini le primarie, resterà nel Pd?
«Non si entra in un partito solo per vincere, quindi la risposta è sì. Chiaro che deve continuare questo sguardo plurimo e che accoglie molteplici istanze. Il cambiamento richiede pazienza anche se è necessario e urgente per contrastare questo governo di destra che agisce sul piano culturale in una prospettiva di lungo periodo. Questa destra estrema non agisce tanto con i provvedimenti, ma con la demagogia, usa un linguaggio che vuole irreggimentare il dibattito pubblico. Porteranno l’Italia indietro di 30 anni. L’hanno già fatto».

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